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Vittorino Curci – Drawing badly in the right way
Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano quadretti dai colori vivaci di Vittorino Curci , in cui sfondi monocromi o con tessiture astratte si integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale
Comunicato stampa
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Domani domenica 17 dicembre 2017 alle ore 19,30, presso la sede della Momart Gallery di Matera in piazza Madonna dell’Idris, s’ inaugura la mostra di Vittorino Curci “Drawing badly in the right way”, a cura di Antonella Marino.
“Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano quadretti dai colori vivaci di Vittorino Curci , in cui sfondi monocromi o con tessiture astratte si integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale. Il tutto sottolineato dall’inserzione di scritte che spaziano dallo slang dell’inglese globale all’ idioma dialettale, dall’onomatopea alla battuta salace, da riferimenti di cronaca a più profonde annotazioni di carattere esistenziale…
L’ aspetto ingenuo ed elementare dei suoi lavori è però il risultato di una precisa strategia: che trasforma il disegnare male, “drawing badly”, in modalità di agire “in the right way”, come indica il titolo della mostra. Nell’opportunità, cioè, di sovvertire regole e schemi precostituiti: evidente anche dal dispositivo di esposizione, l’allestimento a parete di un puzzle di frammenti dipinti, ricomponibili a piacimento con variazioni ritmiche che riprendono li metodo di improvvisazione jazzistica a lui caro.”(A.Marino)
Nel corso del vernissage si terrà un reading poetico di Vittorino Curci insieme con Silvana Kuhtz (voce recitante), Gianni Console (sassofoni contralto e baritono) e Francesco Massaro (clarinetto basso e sassofono baritono) e Walter Forestiere (percussioni).
Testo critico
“L’umanità si prende troppo sul serio. E’ il peccato originale del mondo. Se l’uomo delle caverne fosse stato capace di ridere, la storia avrebbe avuto un altro corso”, scriveva Oscar Wilde. E Palazzeschi puntualizzava: “gli uomini che prendono sul serio gli altri mi fanno compassione. Quelli che prendono sul serio se stessi, mi fanno sganasciare dalle risa”.
Di certo Vittorino Curci ha l’intelligenza di non prendere troppo sul serio se stesso e il mondo, quello dell’arte compreso. Il registro su cui opera è infatti connotato da una “leggerezza pensosa”, da un’autoironia cosciente che “l’umorismo è un modo per dire qualcosa di serio” (Thomas Eliot). I suoi dipinti e disegni tratteggiati su piccole superfici di tela o di carta anche d’imballaggio, con cornicette di varie fogge e stili, hanno una cifra popular, vignettistica, infantile, che attinge con disinvoltura al repertorio del fumetto d’autore come alla street art, a certa arte naif e ad una tradizione colta di immediatezza espressiva che attraversa la storia dell’arte contemporanea da Picasso a Klee, Kandinsky, Mirò. Passando per l’Art Brut di Dubuffet o il primitivismo grottesco del gruppo Cobra, fino alle più recenti esperienze della californiana Mission School.
Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano i suoi quadretti dai colori vivaci, in cui sfondi monocromi o con tessiture astratte si integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale. Il tutto sottolineato dall’inserzione di scritte che spaziano dallo slang dell’inglese globale all’ idioma dialettale, dall’onomatopea alla battuta salace, da riferimenti di cronaca a più profonde annotazioni di carattere esistenziale…
Difficile inquadrare il lavoro di Vittorino Curci in uno schema o in una tendenza. Come il “perfetto dilettante” di cui parla Cesare Pietroiusti quale prototipo di artista che si sottrae agli specialismi della società tecnologica, Vittorino mescola riferimenti e ambiti linguistici, contamina l’immaginario visivo con la poesia e la musica. Conseguenza del suo sfrangiato talento eclettico, che l’ha fatto emergere e affermare come poeta e sassofonista prima ancora che artista. Ma esito anche della scelta voluta di un versante comunicativo antintellettualistico, che lo ha spinto a “dimenticare a memoria” (come usa dire Achille Bonito Oliva citando Vincenzo Agnetti) le tecniche e le abilità acquisite nel periodo di formazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, negli anni Settanta. Per abbracciare un personalissimo mix stilistico capace di rivolgersi a tanti, di far riflettere divertendo.
“Mi sembra chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti, e questo è il fine su cui voglio lavorare”. Di sicuro Vittorino Curci sottoscriverebbe queste parole di Keith Haring. Nonché il concept di una “art for all” professato dal provocatorio duo Gilbert & George. L’ aspetto ingenuo ed elementare dei suoi lavori è infatti, come accennato, il risultato di una precisa strategia: che trasforma il disegnare male, “drawing badly”, in modalità di agire “in the right way”, come indica il titolo della mostra. Nell’opportunità, cioè, di sovvertire regole e schemi precostituiti: evidente anche dal dispositivo di esposizione, l’allestimento a parete di un puzzle di frammenti dipinti, ricomponibili a piacimento con variazioni ritmiche che riprendono il metodo di improvvisazione jazzistica a lui caro.
Dietro l’allure dilettantesca, dietro il gusto per il paradosso e il grottesco, dietro l’apparenza di un caos sia pur ordinato, si cela dunque da un lato una implicita critica alle convenzioni del sistema artistico. Dall’altro un’allegra e scanzonata, ma in realtà serissima, allegoria della condizione umana. La chiave ce la offre in tal senso una considerazione di Picasso: se “il mondo non ha senso, perché dipingere immagini che ne hanno”?
Antonella Marino
Vittorino Curci vive a Noci dove è nato nel 1952. È poeta, musicista e pittore. La sua formazione artistica si sviluppa negli anni Settanta all’Accademia di Belle Arti di Roma, città in cui espone i suoi primi lavori di arte concettuale alla Galleria Jartrokor diretta da Sergio Lombardo. Nel ‘79 viene inserito nell’8ª Antologia Ipersperimentale Geiger, a cura di Adriano Spatola, e successivamente inizia a collaborare con la rivista TamTam e partecipa a diverse iniziative promosse dallo stesso Spatola in Italia e all’estero.
A cominciare dalla seconda metà degli anni Ottanta dà corso a una lunga serie di collaborazioni con musicisti jazz d’avanguardia. In questo periodo realizza numerose performance di forte impatto teatrale in cui utilizza oggetti scenici, attori, musiche originali e scenografie d’avanspettacolo (con forti reminiscenze delle serate futuriste). Nel ’94 è tra i fondatori a Reggio Emilia del Gruppo di poesia sonora Baobab.
Attualmente, pur dedicandosi molto a una scrittura di ricerca con forti ascendenze surrealiste, a livello performativo ama esibirsi in più discreti reading poetici - nei quali esegue anche partiture sonore - insieme con piccole formazioni musicali oppure, in completa solitudine, accompagnandosi con un sassofono.
Nel 1999 ha vinto il Premio Montale per la sezione “Inediti”. Sue poesie sono apparse su Nuovi Argomenti.
In campo musicale è presente in circa 50 album, ha fondato e diretto l'Europa Jazz Festival di Noci (1989-2000), ha promosso gli incontri e le sedute di improvvisazione del collettivo A Bao A Qu (1996-1999), ha collaborato con numerosi musicisti italiani e stranieri tra cui Carlo Actis Dato, Conny Bauer, Peter Brotzmann, Eugenio Colombo, Charles Gayle, Peter Kowald, Sergej Kuryokhin, Steve Lacy, Joelle Leandre, Gianni Lenoci, Marcello Magliocchi, Sabir Mateen, Pino Minafra, Louis Moholo, Maggie Nicols, Maresuke Okamoto, Roberto Ottaviano, Sakis Papadimitriou, Evan Parker, William Parker, Ernst Petrowsky, Ernst Reijseger, Antonello Salis, Mario Schiano, Gunther Sommer, Keith Tippett e Bruno Tommaso.
Blog:
vittorinocurci.tumblr.com
“Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano quadretti dai colori vivaci di Vittorino Curci , in cui sfondi monocromi o con tessiture astratte si integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale. Il tutto sottolineato dall’inserzione di scritte che spaziano dallo slang dell’inglese globale all’ idioma dialettale, dall’onomatopea alla battuta salace, da riferimenti di cronaca a più profonde annotazioni di carattere esistenziale…
L’ aspetto ingenuo ed elementare dei suoi lavori è però il risultato di una precisa strategia: che trasforma il disegnare male, “drawing badly”, in modalità di agire “in the right way”, come indica il titolo della mostra. Nell’opportunità, cioè, di sovvertire regole e schemi precostituiti: evidente anche dal dispositivo di esposizione, l’allestimento a parete di un puzzle di frammenti dipinti, ricomponibili a piacimento con variazioni ritmiche che riprendono li metodo di improvvisazione jazzistica a lui caro.”(A.Marino)
Nel corso del vernissage si terrà un reading poetico di Vittorino Curci insieme con Silvana Kuhtz (voce recitante), Gianni Console (sassofoni contralto e baritono) e Francesco Massaro (clarinetto basso e sassofono baritono) e Walter Forestiere (percussioni).
Testo critico
“L’umanità si prende troppo sul serio. E’ il peccato originale del mondo. Se l’uomo delle caverne fosse stato capace di ridere, la storia avrebbe avuto un altro corso”, scriveva Oscar Wilde. E Palazzeschi puntualizzava: “gli uomini che prendono sul serio gli altri mi fanno compassione. Quelli che prendono sul serio se stessi, mi fanno sganasciare dalle risa”.
Di certo Vittorino Curci ha l’intelligenza di non prendere troppo sul serio se stesso e il mondo, quello dell’arte compreso. Il registro su cui opera è infatti connotato da una “leggerezza pensosa”, da un’autoironia cosciente che “l’umorismo è un modo per dire qualcosa di serio” (Thomas Eliot). I suoi dipinti e disegni tratteggiati su piccole superfici di tela o di carta anche d’imballaggio, con cornicette di varie fogge e stili, hanno una cifra popular, vignettistica, infantile, che attinge con disinvoltura al repertorio del fumetto d’autore come alla street art, a certa arte naif e ad una tradizione colta di immediatezza espressiva che attraversa la storia dell’arte contemporanea da Picasso a Klee, Kandinsky, Mirò. Passando per l’Art Brut di Dubuffet o il primitivismo grottesco del gruppo Cobra, fino alle più recenti esperienze della californiana Mission School.
Curiosi personaggi stilizzati e pedomorfici popolano i suoi quadretti dai colori vivaci, in cui sfondi monocromi o con tessiture astratte si integrano a sintetiche silhouettes di omini, cose, animali che fissano situazioni ordinarie dal risvolto comico, enigmatico o surreale. Il tutto sottolineato dall’inserzione di scritte che spaziano dallo slang dell’inglese globale all’ idioma dialettale, dall’onomatopea alla battuta salace, da riferimenti di cronaca a più profonde annotazioni di carattere esistenziale…
Difficile inquadrare il lavoro di Vittorino Curci in uno schema o in una tendenza. Come il “perfetto dilettante” di cui parla Cesare Pietroiusti quale prototipo di artista che si sottrae agli specialismi della società tecnologica, Vittorino mescola riferimenti e ambiti linguistici, contamina l’immaginario visivo con la poesia e la musica. Conseguenza del suo sfrangiato talento eclettico, che l’ha fatto emergere e affermare come poeta e sassofonista prima ancora che artista. Ma esito anche della scelta voluta di un versante comunicativo antintellettualistico, che lo ha spinto a “dimenticare a memoria” (come usa dire Achille Bonito Oliva citando Vincenzo Agnetti) le tecniche e le abilità acquisite nel periodo di formazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, negli anni Settanta. Per abbracciare un personalissimo mix stilistico capace di rivolgersi a tanti, di far riflettere divertendo.
“Mi sembra chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti, e questo è il fine su cui voglio lavorare”. Di sicuro Vittorino Curci sottoscriverebbe queste parole di Keith Haring. Nonché il concept di una “art for all” professato dal provocatorio duo Gilbert & George. L’ aspetto ingenuo ed elementare dei suoi lavori è infatti, come accennato, il risultato di una precisa strategia: che trasforma il disegnare male, “drawing badly”, in modalità di agire “in the right way”, come indica il titolo della mostra. Nell’opportunità, cioè, di sovvertire regole e schemi precostituiti: evidente anche dal dispositivo di esposizione, l’allestimento a parete di un puzzle di frammenti dipinti, ricomponibili a piacimento con variazioni ritmiche che riprendono il metodo di improvvisazione jazzistica a lui caro.
Dietro l’allure dilettantesca, dietro il gusto per il paradosso e il grottesco, dietro l’apparenza di un caos sia pur ordinato, si cela dunque da un lato una implicita critica alle convenzioni del sistema artistico. Dall’altro un’allegra e scanzonata, ma in realtà serissima, allegoria della condizione umana. La chiave ce la offre in tal senso una considerazione di Picasso: se “il mondo non ha senso, perché dipingere immagini che ne hanno”?
Antonella Marino
Vittorino Curci vive a Noci dove è nato nel 1952. È poeta, musicista e pittore. La sua formazione artistica si sviluppa negli anni Settanta all’Accademia di Belle Arti di Roma, città in cui espone i suoi primi lavori di arte concettuale alla Galleria Jartrokor diretta da Sergio Lombardo. Nel ‘79 viene inserito nell’8ª Antologia Ipersperimentale Geiger, a cura di Adriano Spatola, e successivamente inizia a collaborare con la rivista TamTam e partecipa a diverse iniziative promosse dallo stesso Spatola in Italia e all’estero.
A cominciare dalla seconda metà degli anni Ottanta dà corso a una lunga serie di collaborazioni con musicisti jazz d’avanguardia. In questo periodo realizza numerose performance di forte impatto teatrale in cui utilizza oggetti scenici, attori, musiche originali e scenografie d’avanspettacolo (con forti reminiscenze delle serate futuriste). Nel ’94 è tra i fondatori a Reggio Emilia del Gruppo di poesia sonora Baobab.
Attualmente, pur dedicandosi molto a una scrittura di ricerca con forti ascendenze surrealiste, a livello performativo ama esibirsi in più discreti reading poetici - nei quali esegue anche partiture sonore - insieme con piccole formazioni musicali oppure, in completa solitudine, accompagnandosi con un sassofono.
Nel 1999 ha vinto il Premio Montale per la sezione “Inediti”. Sue poesie sono apparse su Nuovi Argomenti.
In campo musicale è presente in circa 50 album, ha fondato e diretto l'Europa Jazz Festival di Noci (1989-2000), ha promosso gli incontri e le sedute di improvvisazione del collettivo A Bao A Qu (1996-1999), ha collaborato con numerosi musicisti italiani e stranieri tra cui Carlo Actis Dato, Conny Bauer, Peter Brotzmann, Eugenio Colombo, Charles Gayle, Peter Kowald, Sergej Kuryokhin, Steve Lacy, Joelle Leandre, Gianni Lenoci, Marcello Magliocchi, Sabir Mateen, Pino Minafra, Louis Moholo, Maggie Nicols, Maresuke Okamoto, Roberto Ottaviano, Sakis Papadimitriou, Evan Parker, William Parker, Ernst Petrowsky, Ernst Reijseger, Antonello Salis, Mario Schiano, Gunther Sommer, Keith Tippett e Bruno Tommaso.
Blog:
vittorinocurci.tumblr.com
17
dicembre 2017
Vittorino Curci – Drawing badly in the right way
Dal 17 dicembre 2017 al 07 gennaio 2018
arte contemporanea
Location
MOMART LOUNGE CONTEMPORARY ART POINT
Matera, Via Fiorentini, 16, (Matera)
Matera, Via Fiorentini, 16, (Matera)
Orario di apertura
Dalle ore 10.30 alle 13,00 e dalle 15,30 alle 18.30
Lunedì chiuso, domenica pomeriggio aperto
Vernissage
17 Dicembre 2017, h 19.30
Autore
Curatore