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Vu d’Italie 1841-1941
I grandi Maestri della fotografia italiana nelle collezioni Alinari
Comunicato stampa
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La mostra inaugura l’area delle esposizioni temporanee del nuovo MNAF – Museo Nazionale Alinari della Fotografia. Dedicata Ai primi cento anni di storia della fotografia italiana (1841 – 1941), è la prima iniziativa che la Fratelli Alinari - Fondazione per la Storia della Fotografia di Firenze realizza in collaborazione con l’Atelier de Restauration et de Conservation des Photographies de la Ville de Paris e il Pavillon des Arts di Parigi.
Le opere provengono dalle collezioni del Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari (stampe fotografiche d’epoca, dagherrotipi, calotipi, autochrome) e sono presentate come un inedito viaggio storico estetico d’autore attraverso un secolo di fotografia italiana: dai primi nomi della dagherrotipia (Giovan Battista Amici e Alessandro Duroni), alle immagini metafisiche tradotte con la tecnica del negativo su carta da calotipisti come il fiorentino Vero Veraci, fino al momento d’oro della fotografia prodotta dai più importanti atelier della penisola.
Questi atelier avevano sede per lo più nelle città del Grand Tour: Venezia, dove eccelsero Domenico Bresolin, Carlo Ponti e Antonio Perini; Firenze con la Fratelli Alinari e Giacomo Brogi; Roma con i vari Giacomo Caneva, James Anderson, Robert Macpherson. Infine, la produzione ottocentesca del Sud Italia, in particolare di Napoli, dove lavorarono per decenni maestri come Giorgio Sommer e Robert Rive.
Come momento simbolico e altamente significativo del passaggio dell’Italia dall’Ottocento al Novecento la mostra ha scelto il terremoto che nel 1908 devastò Messina e Reggio. Documentata da tutti i più importanti fotografi dell’epoca, la tragedia è raffigurata attraverso le immagini di Luca Comerio e da Wilhelm von Gloeden. Il quale si inscrive nella storia della fotografia come autore di particolare rilievo.
Quanto al primo Novecento, l’esposizione ricorda alcune tra le più note personalità della ricerca (per il Pittorialismo Guido Rey e Domenico Riccardo Peretti Griva) e delle avanguardie artistiche: dal Futurismo (con Vinicio Paladini, Wanda Wulz, Mario Castagneri, Giulio Parisio) alle estetiche surrealiste di Carlo Mollino, ai primi sguardi neorealisti di Alberto Lattuada.
Dal 31 ottobre al 30 novembre, nell'atrio della biglietteria della Stazione di Santa Maria Novella sarà esposta una selezione di immagini tratte dalla mostra. Attraverso un allestimento di grande impatto scenografico introdurranno il viaggiatore all’esposizione presentata al MNAF.
Vu d’Italie 1841-1941
I grandi Maestri della fotografia italiana nelle collezioni Alinari
Il percorso della mostra si articola cronologicamente in tre sezioni:
1841 – 1881 Comparsa e sviluppo dei grandi stabilimenti fotografici
Annunciata da François Arago all’Accademia delle Scienze nel gennaio 1939, l’invenzione di Nicéphore Niepce e Louis Daguerre si diffonde in Italia a partire dalla fine dello stesso anno attraverso accademie, laboratori di fisica e numerosi praticanti amatoriali. Dalla collezione di dagherrotipi conservati dal Museo Alinari provengono le prime vedute di paesaggi urbani. Tra questi, la Veduta di Firenze sotto la neve, attribuita a Vincenzo Amici (figlio di Giovan Battista), è uno dei più antichi dagherrotipi (1841) realizzati nel granducato di Toscana.
L’altra parte importante di questo insieme è costituita dai ritratti. Numerosi fotografi professionisti si dedicano al nuovo mezzo di espressione restando fedeli ai canoni classici dell’arte del ritratto dipinto. Mostrano estrema cura dei dettagli arrivando a colorare la lastra in modo da far risaltare dell’incarnato dei soggetti o la ricchezza dei loro gioielli. La novità rappresentata dal mezzo fotografico provoca entusiasmo soprattutto per la capacità di cogliere, registrare e diffondere le immagini. Così Stefano Lecchi fotografa nel 1849 Roma occupata dall’armata francese. Il suo lavoro è il primo reportage fotografico di eventi politici del Risorgimento.
L’evoluzione delle tecniche di ripresa permette presto una più larga diffusione della fotografia in tutti i paesi. Dal 1849, il negativo su carta (stampato all’epoca su carta salata) si diffonde rapidamente grazie all’interesse della Scuola Romana di Fotografia, animata, tra gli altri da Frédéric Flacheron e Giacomo Caneva. Le loro immagini sono caratterizzate da una grande varietà di soggetti: paesaggi, ritratti, scene di popolo.
Ai pionieri degli anni 1850 seguono nuove generazioni d’ispirazione più romantica. Si devono in particolare a Gioacchino Altobelli, a A. de Bonis e Pompeo Molins vedute di Roma di altissima qualità, piene di idealismo e di mistero. Ancora a Roma, Tommaso Cuccioni produce celebri vedute del Foro. Dal 1860 importanti fotografi operano anche nel Sud dell’Italia, in particolare a Napoli e in Sicilia: Giorgio Sommer e Robert Rive ricreano, attraverso la rappresentazione di scene popolari, gli stereotipi propri di una visione pittoresca di queste regioni.
In risposta alla crescente domanda di immagini da parte di appassionati, numerosi artisti intuiscono l’interesse commerciale della fotografia. E’ con questa consapevolezza che Domenico Bresolin fotografa i monumenti di Venezia e delle città dell’Italia settentrionale che visita nel corso dei suoi viaggi.
Tra le destinazioni turistiche privilegiate, la Toscana ha un ruolo di primo piano. Saranno i Fratelli Alinari a farne conoscere al mondo le ricchezze a partire dagli anni 1850. A Firenze lavorano anche i fotografi Vero Veraci, Pietro Semplicioni, Alphonse Bernoud; a Pisa Enrico Van Lint. I fotografi di origine inglese James Anderson e Robert Macpherson producono, operando nelle stesse aree, immagini di alto livello sia per le qualità tecniche che per gli effetti scenografici.
1880 – 1920 Ricerche di una nuova estetica
All’inizio la fotografia è sfruttata da personaggi formatisi come pittori e obbedisce perciò ai canoni artistici della pittura. Poco a poco inizia però a emanciparsi e ad acquisire propri codici estetici. Negli anni 1880 il pittore Vincenzo Giacomelli mette in scena veri e propri tableau vivants che poi fotografa. Poi riutilizza le immagini nella composizione dei propri dipinti. La denuncia segreta è una di queste allegorie fotografiche.
Francesco Paolo Michetti privilegia invece la vita popolare, ma come Giacomelli utilizza le fotografie come schizzi per i suoi quadri. Vegetazione, paesaggi o bambini sono per lui frammenti di
future composizioni. Ma è forse Wilhelm von Gloeden che segna, nel modo più evidente, il passaggio da un’opera ispirata dalla pittura a una pratica fotografica più autonoma. Attraverso ritratti
e scene di genere, presenta la vita quotidiana restando talvolta legato alle espressioni del neoclassicismo che rimandano a un ideale purista di bellezza.
Luca Comerio fotografa il terremoto di Messina del 1908 al seguito della regina Elena. Queste immagini sono uno dei primi reportage e colpiscono per le inquadrature che sottolineano i dettagli del dramma (cadaveri su pagliericci, ritratti di superstiti, abitazioni distrutte, etc.).
L’evoluzione tecnica all’inizio del ventesimo secolo facilita la pratica della fotografia e la rende accessibile ad un vastissimo pubblico di utenti. Il primo procedimento per ottenere fotografie a colori viene commercializzato nel 1907. L’autochrome inventato dai fratelli Lumière è adottato molto rapidamente in Italia. I fotografi Eugenio Integuglielmi e Giorgio Roster utilizzano il colore come elemento base delle loro composizioni.
Il movimento Pittorialista si organizza intorno alla Società Fotografica Italiana, creata nel 1889, e in connessione con la rivista torinese La Fotografia Artistica. La scelta dei procedimenti di stampa artigianali che permette di produrre effetti di flou e toni delicati è caratteristica dell’estetica pittorialista. La quale conoscerà una larga diffusione fino agli anni 1920, grazie, tra gli altri, all’opera di Mario Nunes Vais, Vittorio Sella, Gian Carlo Dall’Armi. Deve inoltre essere citato il piemontese Guido Rey, considerato come “il più completo degli artisti fotografi italiani” dalla famosa rivista newyorkese Camera Work diretta da Alfred Stieglitz.
1920 – 1941 Le avanguardie in Italia fino alla premesse del neorealismo
Tra i fotografi che contribuiscono alla nascita di correnti artistiche innovatrici devono essere segnalati a Trieste Carlo Wulz e le sue figlie Wanda e Marion. Wanda aderirà più tardi al programma futurista di Marinetti, applicandolo alla fotografia con la celebre composizione Io + gatto. Quest’opera, presentata nel 1932 all’esposizione futurista di Trieste, occupa un posto importante nella fotografia italiana.
A Napoli, Vinicio Paladini, artista vicino ai costruttivisti russi, ritagliate foto e carte colorate per creare collages in cui frammenti di scultura greca sembrano compiere evoluzioni fuori dal tempo. Un lavoro lontana dall’esaltazione lirica del corpo incoraggiata all’epoca dal regime fascista.
Nell’Italia di Mussolini la comunicazione di massa è veicolata da fotografia e cinema. Dal 1924 il Duce ha fondato l’Istituto LUCE che controlla le immagini della propaganda destinate a esaltare il regime. L’Istituto LUCE documenta la vita quotidiana e politica della penisola e ne diffonde all’estero una versione edificante. Alcuni fotografi professionisti come Ferdinando Pasta, Giulio Parisio, Attilio Badodi e grandi studi come quello di Achille Villani, mettono in pratica le direttive del partito. Inquadrano personaggi carismatici o atmosfere cariche di esaltazione, con ritocchi ed effetti grafici creano immagini prive di sentimenti negativi e angosce.
L’Italia fascista, tuttavia, non è completamente ripiegata su sé stessa. Idee e opere circolano grazie alle esposizioni internazionali e alle numerose riviste d’arte che diffondono informazioni sulle sperimentazioni compiute all’estero. Carlo Mollino da prova di grande indipendenza con fotografie che sono testimoni delle sue diverse attività di architetto, fotografo, designer, romanziere, pilota e sciatore. Mollino auspica libertà assoluta del fotografo nell’interpretazione della realtà, avvicinandosi così all’estetica surrealista.
Nel 1941, Alberto Lattuada, giovane assistente di cinema, pubblica un libro intitolato Occhio Quadrato. Percorre le periferie di Milano e Venezia mettendo in evidenza il vuoto e la tristezza degli spazi urbani, rivelando la solitudine dei loro abitanti. Lattuada è stato il primo a rivolgere lo sguardo alla realtà sociale e politica di questi luoghi e può quindi essere considerato come precursore dell’estetica neorealista del dopoguerra.
Le opere provengono dalle collezioni del Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari (stampe fotografiche d’epoca, dagherrotipi, calotipi, autochrome) e sono presentate come un inedito viaggio storico estetico d’autore attraverso un secolo di fotografia italiana: dai primi nomi della dagherrotipia (Giovan Battista Amici e Alessandro Duroni), alle immagini metafisiche tradotte con la tecnica del negativo su carta da calotipisti come il fiorentino Vero Veraci, fino al momento d’oro della fotografia prodotta dai più importanti atelier della penisola.
Questi atelier avevano sede per lo più nelle città del Grand Tour: Venezia, dove eccelsero Domenico Bresolin, Carlo Ponti e Antonio Perini; Firenze con la Fratelli Alinari e Giacomo Brogi; Roma con i vari Giacomo Caneva, James Anderson, Robert Macpherson. Infine, la produzione ottocentesca del Sud Italia, in particolare di Napoli, dove lavorarono per decenni maestri come Giorgio Sommer e Robert Rive.
Come momento simbolico e altamente significativo del passaggio dell’Italia dall’Ottocento al Novecento la mostra ha scelto il terremoto che nel 1908 devastò Messina e Reggio. Documentata da tutti i più importanti fotografi dell’epoca, la tragedia è raffigurata attraverso le immagini di Luca Comerio e da Wilhelm von Gloeden. Il quale si inscrive nella storia della fotografia come autore di particolare rilievo.
Quanto al primo Novecento, l’esposizione ricorda alcune tra le più note personalità della ricerca (per il Pittorialismo Guido Rey e Domenico Riccardo Peretti Griva) e delle avanguardie artistiche: dal Futurismo (con Vinicio Paladini, Wanda Wulz, Mario Castagneri, Giulio Parisio) alle estetiche surrealiste di Carlo Mollino, ai primi sguardi neorealisti di Alberto Lattuada.
Dal 31 ottobre al 30 novembre, nell'atrio della biglietteria della Stazione di Santa Maria Novella sarà esposta una selezione di immagini tratte dalla mostra. Attraverso un allestimento di grande impatto scenografico introdurranno il viaggiatore all’esposizione presentata al MNAF.
Vu d’Italie 1841-1941
I grandi Maestri della fotografia italiana nelle collezioni Alinari
Il percorso della mostra si articola cronologicamente in tre sezioni:
1841 – 1881 Comparsa e sviluppo dei grandi stabilimenti fotografici
Annunciata da François Arago all’Accademia delle Scienze nel gennaio 1939, l’invenzione di Nicéphore Niepce e Louis Daguerre si diffonde in Italia a partire dalla fine dello stesso anno attraverso accademie, laboratori di fisica e numerosi praticanti amatoriali. Dalla collezione di dagherrotipi conservati dal Museo Alinari provengono le prime vedute di paesaggi urbani. Tra questi, la Veduta di Firenze sotto la neve, attribuita a Vincenzo Amici (figlio di Giovan Battista), è uno dei più antichi dagherrotipi (1841) realizzati nel granducato di Toscana.
L’altra parte importante di questo insieme è costituita dai ritratti. Numerosi fotografi professionisti si dedicano al nuovo mezzo di espressione restando fedeli ai canoni classici dell’arte del ritratto dipinto. Mostrano estrema cura dei dettagli arrivando a colorare la lastra in modo da far risaltare dell’incarnato dei soggetti o la ricchezza dei loro gioielli. La novità rappresentata dal mezzo fotografico provoca entusiasmo soprattutto per la capacità di cogliere, registrare e diffondere le immagini. Così Stefano Lecchi fotografa nel 1849 Roma occupata dall’armata francese. Il suo lavoro è il primo reportage fotografico di eventi politici del Risorgimento.
L’evoluzione delle tecniche di ripresa permette presto una più larga diffusione della fotografia in tutti i paesi. Dal 1849, il negativo su carta (stampato all’epoca su carta salata) si diffonde rapidamente grazie all’interesse della Scuola Romana di Fotografia, animata, tra gli altri da Frédéric Flacheron e Giacomo Caneva. Le loro immagini sono caratterizzate da una grande varietà di soggetti: paesaggi, ritratti, scene di popolo.
Ai pionieri degli anni 1850 seguono nuove generazioni d’ispirazione più romantica. Si devono in particolare a Gioacchino Altobelli, a A. de Bonis e Pompeo Molins vedute di Roma di altissima qualità, piene di idealismo e di mistero. Ancora a Roma, Tommaso Cuccioni produce celebri vedute del Foro. Dal 1860 importanti fotografi operano anche nel Sud dell’Italia, in particolare a Napoli e in Sicilia: Giorgio Sommer e Robert Rive ricreano, attraverso la rappresentazione di scene popolari, gli stereotipi propri di una visione pittoresca di queste regioni.
In risposta alla crescente domanda di immagini da parte di appassionati, numerosi artisti intuiscono l’interesse commerciale della fotografia. E’ con questa consapevolezza che Domenico Bresolin fotografa i monumenti di Venezia e delle città dell’Italia settentrionale che visita nel corso dei suoi viaggi.
Tra le destinazioni turistiche privilegiate, la Toscana ha un ruolo di primo piano. Saranno i Fratelli Alinari a farne conoscere al mondo le ricchezze a partire dagli anni 1850. A Firenze lavorano anche i fotografi Vero Veraci, Pietro Semplicioni, Alphonse Bernoud; a Pisa Enrico Van Lint. I fotografi di origine inglese James Anderson e Robert Macpherson producono, operando nelle stesse aree, immagini di alto livello sia per le qualità tecniche che per gli effetti scenografici.
1880 – 1920 Ricerche di una nuova estetica
All’inizio la fotografia è sfruttata da personaggi formatisi come pittori e obbedisce perciò ai canoni artistici della pittura. Poco a poco inizia però a emanciparsi e ad acquisire propri codici estetici. Negli anni 1880 il pittore Vincenzo Giacomelli mette in scena veri e propri tableau vivants che poi fotografa. Poi riutilizza le immagini nella composizione dei propri dipinti. La denuncia segreta è una di queste allegorie fotografiche.
Francesco Paolo Michetti privilegia invece la vita popolare, ma come Giacomelli utilizza le fotografie come schizzi per i suoi quadri. Vegetazione, paesaggi o bambini sono per lui frammenti di
future composizioni. Ma è forse Wilhelm von Gloeden che segna, nel modo più evidente, il passaggio da un’opera ispirata dalla pittura a una pratica fotografica più autonoma. Attraverso ritratti
e scene di genere, presenta la vita quotidiana restando talvolta legato alle espressioni del neoclassicismo che rimandano a un ideale purista di bellezza.
Luca Comerio fotografa il terremoto di Messina del 1908 al seguito della regina Elena. Queste immagini sono uno dei primi reportage e colpiscono per le inquadrature che sottolineano i dettagli del dramma (cadaveri su pagliericci, ritratti di superstiti, abitazioni distrutte, etc.).
L’evoluzione tecnica all’inizio del ventesimo secolo facilita la pratica della fotografia e la rende accessibile ad un vastissimo pubblico di utenti. Il primo procedimento per ottenere fotografie a colori viene commercializzato nel 1907. L’autochrome inventato dai fratelli Lumière è adottato molto rapidamente in Italia. I fotografi Eugenio Integuglielmi e Giorgio Roster utilizzano il colore come elemento base delle loro composizioni.
Il movimento Pittorialista si organizza intorno alla Società Fotografica Italiana, creata nel 1889, e in connessione con la rivista torinese La Fotografia Artistica. La scelta dei procedimenti di stampa artigianali che permette di produrre effetti di flou e toni delicati è caratteristica dell’estetica pittorialista. La quale conoscerà una larga diffusione fino agli anni 1920, grazie, tra gli altri, all’opera di Mario Nunes Vais, Vittorio Sella, Gian Carlo Dall’Armi. Deve inoltre essere citato il piemontese Guido Rey, considerato come “il più completo degli artisti fotografi italiani” dalla famosa rivista newyorkese Camera Work diretta da Alfred Stieglitz.
1920 – 1941 Le avanguardie in Italia fino alla premesse del neorealismo
Tra i fotografi che contribuiscono alla nascita di correnti artistiche innovatrici devono essere segnalati a Trieste Carlo Wulz e le sue figlie Wanda e Marion. Wanda aderirà più tardi al programma futurista di Marinetti, applicandolo alla fotografia con la celebre composizione Io + gatto. Quest’opera, presentata nel 1932 all’esposizione futurista di Trieste, occupa un posto importante nella fotografia italiana.
A Napoli, Vinicio Paladini, artista vicino ai costruttivisti russi, ritagliate foto e carte colorate per creare collages in cui frammenti di scultura greca sembrano compiere evoluzioni fuori dal tempo. Un lavoro lontana dall’esaltazione lirica del corpo incoraggiata all’epoca dal regime fascista.
Nell’Italia di Mussolini la comunicazione di massa è veicolata da fotografia e cinema. Dal 1924 il Duce ha fondato l’Istituto LUCE che controlla le immagini della propaganda destinate a esaltare il regime. L’Istituto LUCE documenta la vita quotidiana e politica della penisola e ne diffonde all’estero una versione edificante. Alcuni fotografi professionisti come Ferdinando Pasta, Giulio Parisio, Attilio Badodi e grandi studi come quello di Achille Villani, mettono in pratica le direttive del partito. Inquadrano personaggi carismatici o atmosfere cariche di esaltazione, con ritocchi ed effetti grafici creano immagini prive di sentimenti negativi e angosce.
L’Italia fascista, tuttavia, non è completamente ripiegata su sé stessa. Idee e opere circolano grazie alle esposizioni internazionali e alle numerose riviste d’arte che diffondono informazioni sulle sperimentazioni compiute all’estero. Carlo Mollino da prova di grande indipendenza con fotografie che sono testimoni delle sue diverse attività di architetto, fotografo, designer, romanziere, pilota e sciatore. Mollino auspica libertà assoluta del fotografo nell’interpretazione della realtà, avvicinandosi così all’estetica surrealista.
Nel 1941, Alberto Lattuada, giovane assistente di cinema, pubblica un libro intitolato Occhio Quadrato. Percorre le periferie di Milano e Venezia mettendo in evidenza il vuoto e la tristezza degli spazi urbani, rivelando la solitudine dei loro abitanti. Lattuada è stato il primo a rivolgere lo sguardo alla realtà sociale e politica di questi luoghi e può quindi essere considerato come precursore dell’estetica neorealista del dopoguerra.
28
ottobre 2006
Vu d’Italie 1841-1941
Dal 28 ottobre al 10 dicembre 2006
fotografia
Location
MNAF – MUSEO NAZIONALE ALINARI DELLA FOTOGRAFIA
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 14ar, (Firenze)
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 14ar, (Firenze)
Biglietti
Intero € 9; Ridotto € 7,50; Convenzioni € 6; Scuole € 4
Orario di apertura
9,30-19,30, sabato 9,30 – 23,30. Chiuso il mercoledì
Editore
ALINARI
Ufficio stampa
CATOLA & PARTNERS
Autore
Curatore