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W.W.W. – What Walls Want
In occasione della Biennale di Venezia di Architettura, Marignana Arte apre una nuova mostra a cura di Ilaria Bignotti. In questo caso specifico, il tema si allinea fortemente sia all’identità della Galleria sia alla direzione curatoriale di Ilaria Bignotti.
Comunicato stampa
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In occasione della Biennale di Venezia di Architettura, Marignana Arte apre una nuova mostra a cura di Ilaria Bignotti.
In questo caso specifico, il tema si allinea fortemente sia all’identità della Galleria sia alla direzione curatoriale di Ilaria Bignotti, studiosa nell’ambito dei linguaggi spazialisti e ambientali tra anni ‘60 e ‘70 e parimenti nelle indagini contemporanee, con riferimento ai temi della processualità, della resilienza e del site-specific.
Il progetto risente di queste direzioni sin dal titolo che gioca su un doppio binario: da un lato, se letto nelle sue iniziali, www, rimanda immediatamente proprio alla rete, al web, al mondo digitale che esalta le potenzialità dell’opera quale medium di coinvolgimento collettivo e di esperienza immersiva.
Dall’altro, leggendolo nella sua estensione, il titolo della mostra ci chiede, e chiede in primo luogo all’artista, “cosa vogliano i muri”: ovvero, come le opere si relazionino con lo spazio, inteso sia come superficie accogliente l’immagine, sia come parete osmotica di una visione meta-fisica, sia infine come membrana osmotica, attivante lo scambio tra opera, artista e spettatore.
Gli artisti coinvolti nel progetto, molti dei quali proposti per la prima volta dalla galleria, rispondono con autonomia di ricerca e al contempo dialogano tra di loro, attraverso le opere selezionate.
Tra i primi, spiccano i nomi di Antonio Scaccabarozzi, esponente della stagione concettuale e analitica europea, mancato nel 2008, rigoroso rappresentante di una ricerca pittorica purissima e contemporanea, ancora da scoprire nella sua profonda eredità; gli risponde Roy Thurston, nome di punta dell’indagine analitica USA, con la sua pittura totemica, ammaliante, concettuale e metafisica, fatta di lente ripetizioni su anime metalliche che con la parete giocano un dialogo inquieto e ipnotico.
Ancora dagli States è Nancy Genn, curata da Francesca Valente, storica artista californiana le cui opere sono osmotici lavori di organica potenza, alla quale è dedicata una mostra personale concomitante curata da Francesca Valente a Palazzo Ferro Fini fino al 7 agosto.
Torna ad esporre in galleria Alessandro Diaz de Santillana con i suoi lavori di assorbente mistero, in relazione tra la superficie e la profondità, che puntualmente dialogano e si confrontano con quelli di Riccardo De Marchi, artista di raffinata poesia la cui ricerca analizza la relazione tra la persistenza della superficie e la potenzialità del gesto artistico quale superamento dell’ordinata visione. Con Mats Bergquist, svedese, il progetto si arricchisce di una ricerca preziosissima e raffinata, che si esprime in forme plastiche, concave e convesse, eredi di antichi rituali tra l’uomo e lo spazio.
In attivo dialogo con Bergquist, le opere di Silvia Infranco, giovane artista bolognese, grazie all’uso dei materiali organici quali legno, acqua, carte e cera, emergono dalla parete come antiche presenze, malleabili testimoni del nostro sguardo teso tra passato e presente.
Alberto Gianfreda e Serena Fineschi diversamente “frantumano” le certezze dell’opera come oggetto bidimensionale, infrangendo il primo le leggi scultoree e iconiche, stuzzicando la seconda, in direzione concettuale, le severità dell’immagine.
La smaterializzazione del rapporto definito tra superficie e fondo, tra campo e visione è in Emil Lukas, artista americano, fautore di una operosa tessitura che si fa luce, tra addensamenti ed emergenze, in opere di altissimo livello; mentre per Artur Lescher, brasiliano, la misura del rapporto tra uomo e spazio si solidifica in oggetti iconici, esatti, di straordinaria politezza.
In questo caso specifico, il tema si allinea fortemente sia all’identità della Galleria sia alla direzione curatoriale di Ilaria Bignotti, studiosa nell’ambito dei linguaggi spazialisti e ambientali tra anni ‘60 e ‘70 e parimenti nelle indagini contemporanee, con riferimento ai temi della processualità, della resilienza e del site-specific.
Il progetto risente di queste direzioni sin dal titolo che gioca su un doppio binario: da un lato, se letto nelle sue iniziali, www, rimanda immediatamente proprio alla rete, al web, al mondo digitale che esalta le potenzialità dell’opera quale medium di coinvolgimento collettivo e di esperienza immersiva.
Dall’altro, leggendolo nella sua estensione, il titolo della mostra ci chiede, e chiede in primo luogo all’artista, “cosa vogliano i muri”: ovvero, come le opere si relazionino con lo spazio, inteso sia come superficie accogliente l’immagine, sia come parete osmotica di una visione meta-fisica, sia infine come membrana osmotica, attivante lo scambio tra opera, artista e spettatore.
Gli artisti coinvolti nel progetto, molti dei quali proposti per la prima volta dalla galleria, rispondono con autonomia di ricerca e al contempo dialogano tra di loro, attraverso le opere selezionate.
Tra i primi, spiccano i nomi di Antonio Scaccabarozzi, esponente della stagione concettuale e analitica europea, mancato nel 2008, rigoroso rappresentante di una ricerca pittorica purissima e contemporanea, ancora da scoprire nella sua profonda eredità; gli risponde Roy Thurston, nome di punta dell’indagine analitica USA, con la sua pittura totemica, ammaliante, concettuale e metafisica, fatta di lente ripetizioni su anime metalliche che con la parete giocano un dialogo inquieto e ipnotico.
Ancora dagli States è Nancy Genn, curata da Francesca Valente, storica artista californiana le cui opere sono osmotici lavori di organica potenza, alla quale è dedicata una mostra personale concomitante curata da Francesca Valente a Palazzo Ferro Fini fino al 7 agosto.
Torna ad esporre in galleria Alessandro Diaz de Santillana con i suoi lavori di assorbente mistero, in relazione tra la superficie e la profondità, che puntualmente dialogano e si confrontano con quelli di Riccardo De Marchi, artista di raffinata poesia la cui ricerca analizza la relazione tra la persistenza della superficie e la potenzialità del gesto artistico quale superamento dell’ordinata visione. Con Mats Bergquist, svedese, il progetto si arricchisce di una ricerca preziosissima e raffinata, che si esprime in forme plastiche, concave e convesse, eredi di antichi rituali tra l’uomo e lo spazio.
In attivo dialogo con Bergquist, le opere di Silvia Infranco, giovane artista bolognese, grazie all’uso dei materiali organici quali legno, acqua, carte e cera, emergono dalla parete come antiche presenze, malleabili testimoni del nostro sguardo teso tra passato e presente.
Alberto Gianfreda e Serena Fineschi diversamente “frantumano” le certezze dell’opera come oggetto bidimensionale, infrangendo il primo le leggi scultoree e iconiche, stuzzicando la seconda, in direzione concettuale, le severità dell’immagine.
La smaterializzazione del rapporto definito tra superficie e fondo, tra campo e visione è in Emil Lukas, artista americano, fautore di una operosa tessitura che si fa luce, tra addensamenti ed emergenze, in opere di altissimo livello; mentre per Artur Lescher, brasiliano, la misura del rapporto tra uomo e spazio si solidifica in oggetti iconici, esatti, di straordinaria politezza.
23
maggio 2018
W.W.W. – What Walls Want
Dal 23 maggio al 15 settembre 2018
arte contemporanea
Location
MARIGNANA ARTE
Venezia, Dorsoduro, 141, (Venezia)
Venezia, Dorsoduro, 141, (Venezia)
Orario di apertura
martedì-mercoledì: 14.00-18.30
giovedì-sabato:11.00-18.30
Vernissage
23 Maggio 2018, h 15.00-21.00
Autore
Curatore