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Wael Shawky – Telematch Sadat
L’arte di Wael Shawky si manifesta come costruzione di nuclei figurali in cui antiche culture, quali quella dei nomadi e quella agricola, entrano in frizione con quella attualmente vincente a livello planetario, la cultura urbana
Comunicato stampa
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Claudio Poleschi Arte Contemporanea presenta in via Santa Giustina 21 e nella chiesa sconsacrata di San Matteo a Lucca la prima mostra personale in Italia di Wael Shawky.
L’artista egiziano, nato nel 1971 e residente ad Alessandria, si è formato alla Facoltà di Belle Arti dell’Università della sua città e alla Graduate School of Fine Arts dell’University of Pennsylvania a Philadelphia. Espone dal 1994 in Egitto e internazionalmente dal 1997 (Kunsthistorisches Museum a Vienna), partecipando a grandi rassegne quali, fra le altre, la Sesta Biennale Internazionale del Cairo del 1996 (dove riceve il Grand Nile Prize), la Cinquantesima Biennale di Venezia nel 2003 (nella sezione Smottamenti all’Arsenale a cura di Gilane Tawadros) e alla 9th International Istanbul Biennial nel 2005 (a cura di Charles Esche e Vasif Kortun), nonché a mostre tematiche in importanti istituti di arte contemporanea quali Artists Space, New York, 2003, MACRO, Roma, 2004 e 2005, Platform Garanti of Contemporary Art, Istanbul, 2005, Martin Gropius Bau, Berlino, 2005, Frieze Art Fair The Artists Cinema, Londra, Kunsthalle Fridericianum, Kassel, 2006.
La sua arte, perlopiù video e video-istallazioni, ma anche, dal 2006 (Boundary Lines, No Man’s Land, Action Field Kodra, Kalamaria, Salonicco, a cura di Pier Luigi Tazzi), disegni, si manifesta come costruzione di nuclei figurali in cui antiche culture, quali quella dei nomadi e quella agricola, entrano in frizione con quella attualmente vincente a livello planetario, la cultura urbana. Nello stesso modo vengono in collisione non solo una grande tradizione spirituale e religiosa quale quella dell’Islam con quella altrettanto vincente della modernità, nei suoi aspetti ludici, materialistici e consumistici, ma anche parola e linguaggi. Risultano allora forme ibride, che non si decantano in se stesse, e quindi finiscono con l’assolversi, quanto piuttosto affermano la compresenza di componenti divergenti e la persistenza di valori nello stato molteplice della cultura del mondo attuale. L’opera di Shawky non è tanto “per non dimenticare”, quanto per affermare presenze ineludibili, che viceversa la cultura dominante tende, in nome di una omogeneizzazione universale, ad obliterare, a emarginare, declassare, giungendo non di rado a giudizi più o meno espliciti di criminalizzazione.
Il lavoro presentato a Lucca è la seconda parte di una serie dal titolo Telematch, dal nome dello spettacolo televisivo creato in Germania negli anni Settanta e di là diffusosi per vent’anni in tutto il mondo, oltre che in Europa, dal Sud-Est asiatico ai Carabi, dall’Africa subsahariana all’America Latina, in Italia noto come Giochi senza frontiere.
Il primo episodio, Telematch (Upper Egypt), è quello che riprende più da vicino la struttura dello spettacolo televisivo originale.
Il secondo, presentato a Lucca, Telematch (Sadat), consiste nella ricostruzione di un evento cruciale della recente storia egiziana. Il 6 ottobre del 1981 si teneva al Cairo la parata militare che celebrava annualmente l’unica vittoria egiziana del 1973 nel conflitto che vedeva contrapposti i paesi arabi, guidati dall’Egitto, e lo Stato di Israele fin dalla sua fondazione nel 1948. Un gruppo armato, presumibilmente appartenente alla Jihad Islamica egiziana, infiltratosi nell’esercito, diede l’assalto alla tribuna presidenziale e uccise fra altri il presidente Muhammad Anwar Al Sadat, succeduto a Gamal Abdel Nasser nel 1970, e che aveva determinato quella vittoria, premio Nobel per la pace nel 1978 per gli accordi di Camp David che avrebbero portato l’anno successivo alla pace fra Egitto e Israele, fautore di uno stato liberale e laico nonostante la sua profonda religiosità. Gli succederà immediatamente il suo vice-presidente, il generale Hosni Mubarak, tuttora presidente dell’Egitto. Il film, realizzato in Egitto nei mesi scorsi e co-prodotto da Claudio Poleschi Arte Contemporanea, ricostruisce la parata militare, l’assassinio e i funerali di Sadat, è componente essenziale di una installazione appositamente costruita per lo spazio ex-liturgico della chiesa sconsacrata di San Matteo. Gli interpreti sono bambini di entrambi i sessi per la parata e l’assassinio, mentre in Telematch (Upper Egypt) si trattava di maschi adulti, e compaiono figure femminili adulte solo nei funerali.
“Telematch (Sadat)” di Wael Shawky è la prima di una serie di mostre ideate e curate da Pier Luigi Tazzi per la chiesa sconsacrata di San Matteo a Lucca che si propone un’apertura dell’arte contemporanea al mondo attraverso la presentazione di artisti europei e non europei e una riflessione sulla crisi della coscienza europea e della sua cultura.
(P. L.T.)
L’artista egiziano, nato nel 1971 e residente ad Alessandria, si è formato alla Facoltà di Belle Arti dell’Università della sua città e alla Graduate School of Fine Arts dell’University of Pennsylvania a Philadelphia. Espone dal 1994 in Egitto e internazionalmente dal 1997 (Kunsthistorisches Museum a Vienna), partecipando a grandi rassegne quali, fra le altre, la Sesta Biennale Internazionale del Cairo del 1996 (dove riceve il Grand Nile Prize), la Cinquantesima Biennale di Venezia nel 2003 (nella sezione Smottamenti all’Arsenale a cura di Gilane Tawadros) e alla 9th International Istanbul Biennial nel 2005 (a cura di Charles Esche e Vasif Kortun), nonché a mostre tematiche in importanti istituti di arte contemporanea quali Artists Space, New York, 2003, MACRO, Roma, 2004 e 2005, Platform Garanti of Contemporary Art, Istanbul, 2005, Martin Gropius Bau, Berlino, 2005, Frieze Art Fair The Artists Cinema, Londra, Kunsthalle Fridericianum, Kassel, 2006.
La sua arte, perlopiù video e video-istallazioni, ma anche, dal 2006 (Boundary Lines, No Man’s Land, Action Field Kodra, Kalamaria, Salonicco, a cura di Pier Luigi Tazzi), disegni, si manifesta come costruzione di nuclei figurali in cui antiche culture, quali quella dei nomadi e quella agricola, entrano in frizione con quella attualmente vincente a livello planetario, la cultura urbana. Nello stesso modo vengono in collisione non solo una grande tradizione spirituale e religiosa quale quella dell’Islam con quella altrettanto vincente della modernità, nei suoi aspetti ludici, materialistici e consumistici, ma anche parola e linguaggi. Risultano allora forme ibride, che non si decantano in se stesse, e quindi finiscono con l’assolversi, quanto piuttosto affermano la compresenza di componenti divergenti e la persistenza di valori nello stato molteplice della cultura del mondo attuale. L’opera di Shawky non è tanto “per non dimenticare”, quanto per affermare presenze ineludibili, che viceversa la cultura dominante tende, in nome di una omogeneizzazione universale, ad obliterare, a emarginare, declassare, giungendo non di rado a giudizi più o meno espliciti di criminalizzazione.
Il lavoro presentato a Lucca è la seconda parte di una serie dal titolo Telematch, dal nome dello spettacolo televisivo creato in Germania negli anni Settanta e di là diffusosi per vent’anni in tutto il mondo, oltre che in Europa, dal Sud-Est asiatico ai Carabi, dall’Africa subsahariana all’America Latina, in Italia noto come Giochi senza frontiere.
Il primo episodio, Telematch (Upper Egypt), è quello che riprende più da vicino la struttura dello spettacolo televisivo originale.
Il secondo, presentato a Lucca, Telematch (Sadat), consiste nella ricostruzione di un evento cruciale della recente storia egiziana. Il 6 ottobre del 1981 si teneva al Cairo la parata militare che celebrava annualmente l’unica vittoria egiziana del 1973 nel conflitto che vedeva contrapposti i paesi arabi, guidati dall’Egitto, e lo Stato di Israele fin dalla sua fondazione nel 1948. Un gruppo armato, presumibilmente appartenente alla Jihad Islamica egiziana, infiltratosi nell’esercito, diede l’assalto alla tribuna presidenziale e uccise fra altri il presidente Muhammad Anwar Al Sadat, succeduto a Gamal Abdel Nasser nel 1970, e che aveva determinato quella vittoria, premio Nobel per la pace nel 1978 per gli accordi di Camp David che avrebbero portato l’anno successivo alla pace fra Egitto e Israele, fautore di uno stato liberale e laico nonostante la sua profonda religiosità. Gli succederà immediatamente il suo vice-presidente, il generale Hosni Mubarak, tuttora presidente dell’Egitto. Il film, realizzato in Egitto nei mesi scorsi e co-prodotto da Claudio Poleschi Arte Contemporanea, ricostruisce la parata militare, l’assassinio e i funerali di Sadat, è componente essenziale di una installazione appositamente costruita per lo spazio ex-liturgico della chiesa sconsacrata di San Matteo. Gli interpreti sono bambini di entrambi i sessi per la parata e l’assassinio, mentre in Telematch (Upper Egypt) si trattava di maschi adulti, e compaiono figure femminili adulte solo nei funerali.
“Telematch (Sadat)” di Wael Shawky è la prima di una serie di mostre ideate e curate da Pier Luigi Tazzi per la chiesa sconsacrata di San Matteo a Lucca che si propone un’apertura dell’arte contemporanea al mondo attraverso la presentazione di artisti europei e non europei e una riflessione sulla crisi della coscienza europea e della sua cultura.
(P. L.T.)
01
dicembre 2007
Wael Shawky – Telematch Sadat
Dal primo dicembre 2007 al primo febbraio 2008
giovane arte
Location
CLAUDIO POLESCHI ARTECONTEMPORANEA
Lucca, Via Santa Giustina, 21, (Lucca)
Lucca, Via Santa Giustina, 21, (Lucca)
Orario di apertura
Lun. - Ven. 11-13, 15.30-19.30.
Sab. 11-13.
Giorno di chiusura: domenica
Vernissage
1 Dicembre 2007, ore 18
Autore
Curatore