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Wal a Stresa
Bambini paffuti, spesso su cuscini rigonfi, impegnati in giochi solitari e di gruppo, o in esercitazioni ginniche di destrezza, e animali, talora associati a un putto o autonomamente occupanti la scena esplodono in forme e toni lussureggianti, talvolta con rimandi alla sapienza decorativa.
Comunicato stampa
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Mostra Wal a Stresa
C’è stata, negli ultimi anni, un particolare attenzione, in Italia e all’estero, sull’opera di Wal (Walter Guidobaldi, Roncolo di Quattro Castella, 1949), un artista che può vantare un ormai lungo percorso di coerenza e autenticità. Dopo gli anni Settanta, vissuti a Milano – all’Accademia di Brera ha come docenti, tra gli altri, Alik Cavaliere e Luciano Minguzzi –, caratterizzati da ricerche di carattere concettuale, pur senza mai recidere il legame con la pittura, l’artista imbocca una strada peculiare che lo porta, attraverso esperienze pittoriche e poi scultoree, e negli ultimi anni con un felice coesistenza e intreccio tra pittura e scultura, a essere una delle figure di più solida tenuta del gruppo, i “Nuovi-nuovi”, promosso da Renato Barilli, Francesca Alinovi e Roberto Daolio nella mostra a Bologna del marzo 1980 – gruppo che annoverava, tra gli altri, Bartolini, Levini, Mainolfi, Ontani, Salvo. Protagonisti di molte delle opere di Wal sono diventati, da più di vent’anni, bambini paffuti, spesso su cuscini rigonfi, impegnati in giochi solitari e di gruppo, o in esercitazioni ginniche di destrezza, e animali, talora associati a un putto o autonomamente occupanti la scena: trofei di una memoria all’insegna dell’ironia e della fantasia, rivestiti di colori sfarzosi e squillanti che adornano anche le ardite strutture, talvolta in precario equilibrio, su cui sono installate. L’universo degli esseri viventi di Wal si è progressivamente arricchito di animali (il maiale, il gatto, il cavallo, la mucca, il cane, il coniglio, il pinguino, il rinoceronte), talvolta ancora associati al putto – ad evocare le immagini della tenerezza che sempre si dà nel rapporto tra bambini e animali – o spesso occupanti da soli la scena, e con un deciso passaggio dal monocromo bianco ai colori sfarzosi e squillanti (giallo, rosso, blu, rosa, verde) che rivestono il loro corpo e le strutture su cui, abbandonati i cuscini, si sono issati e installati. Wal esalta i motivi decorativi, che nei supporti e nelle basi esplodono in forme e toni lussureggianti, talvolta con rimandi alla sapienza decorativa di tante culture antiche, europee e orientali. Il mondo di Wal si srotola così davanti ai nostri occhi all’insegna di una ironia giocosa, di una spensierata tenerezza, di una leggerezza che non è solo propria delle immagini e dei materiali, ma del sentimento della visione, come se le sue creature fossero sul punto di levitare, facendoci inoltrare in un mondo dominato dall’immaginazione libera, dal sogno a occhi aperti, dalla capacità di stupire e di stupirsi – una dimensione di un’infanzia perduta, della quale proviamo nostalgia, di quel sentimento di cui parlava Elemire Zolla nel suo Lo stupore infantile: quello stato di primordiale stupore per il mondo, che ciascuno di noi ha conosciuto in una fase della prima infanzia, “premessa gloriosa e tradita dell’esistenza”.
Wal continua a lavorare nella vecchia casa di famiglia, con alcune stanze dedicate alla scultura ed altre alla pittura, in un fervore testimoniato dal numero delle opere in lavorazione, selva brulicante che assedia da ogni parte lo sguardo di chi vi si inoltra. Tra queste opere in fase di ultimazione, ce n’è una di particolare fascino che l’artista ha riservato alla mostra di Stresa, assieme ad altre opere già pronte: una nave con prora e poppa appuntite, che fende le onde, su cui Wal ha collocato alcuni suoi bambini paffuti e qualche gatto pacioso, con altri putti che emergono, con metà del busto, dall’acqua. Ecco allora che questa nave assume un duplice, ambivalente significato: quello di una sorta di “arca di Noè”, che naviga tranquilla come una nave da crociera, in un tempo che scorre con ritmi diversi da quelli che conosciamo, oppure quello di una nave impegnata a raccogliere naufraghi, alcuni dei quali sono ancora in acqua, se la mente va alle tragiche vicende mediterranee degli ultimi anni. E le sue figure paffute sono altrettanto ambigue: specchio di un mondo ipernutrito e sazio, e allo stesso tempo, di una opulenza che contrasta con la situazione di indigenza di chi vive nella parte del mondo segnata dalla privazione e dalla sofferenza. Un messaggio, questo di Wal, che s’inquadra nei temi che saranno sollevati dall’ormai prossima Expo di Milano.
C’è stata, negli ultimi anni, un particolare attenzione, in Italia e all’estero, sull’opera di Wal (Walter Guidobaldi, Roncolo di Quattro Castella, 1949), un artista che può vantare un ormai lungo percorso di coerenza e autenticità. Dopo gli anni Settanta, vissuti a Milano – all’Accademia di Brera ha come docenti, tra gli altri, Alik Cavaliere e Luciano Minguzzi –, caratterizzati da ricerche di carattere concettuale, pur senza mai recidere il legame con la pittura, l’artista imbocca una strada peculiare che lo porta, attraverso esperienze pittoriche e poi scultoree, e negli ultimi anni con un felice coesistenza e intreccio tra pittura e scultura, a essere una delle figure di più solida tenuta del gruppo, i “Nuovi-nuovi”, promosso da Renato Barilli, Francesca Alinovi e Roberto Daolio nella mostra a Bologna del marzo 1980 – gruppo che annoverava, tra gli altri, Bartolini, Levini, Mainolfi, Ontani, Salvo. Protagonisti di molte delle opere di Wal sono diventati, da più di vent’anni, bambini paffuti, spesso su cuscini rigonfi, impegnati in giochi solitari e di gruppo, o in esercitazioni ginniche di destrezza, e animali, talora associati a un putto o autonomamente occupanti la scena: trofei di una memoria all’insegna dell’ironia e della fantasia, rivestiti di colori sfarzosi e squillanti che adornano anche le ardite strutture, talvolta in precario equilibrio, su cui sono installate. L’universo degli esseri viventi di Wal si è progressivamente arricchito di animali (il maiale, il gatto, il cavallo, la mucca, il cane, il coniglio, il pinguino, il rinoceronte), talvolta ancora associati al putto – ad evocare le immagini della tenerezza che sempre si dà nel rapporto tra bambini e animali – o spesso occupanti da soli la scena, e con un deciso passaggio dal monocromo bianco ai colori sfarzosi e squillanti (giallo, rosso, blu, rosa, verde) che rivestono il loro corpo e le strutture su cui, abbandonati i cuscini, si sono issati e installati. Wal esalta i motivi decorativi, che nei supporti e nelle basi esplodono in forme e toni lussureggianti, talvolta con rimandi alla sapienza decorativa di tante culture antiche, europee e orientali. Il mondo di Wal si srotola così davanti ai nostri occhi all’insegna di una ironia giocosa, di una spensierata tenerezza, di una leggerezza che non è solo propria delle immagini e dei materiali, ma del sentimento della visione, come se le sue creature fossero sul punto di levitare, facendoci inoltrare in un mondo dominato dall’immaginazione libera, dal sogno a occhi aperti, dalla capacità di stupire e di stupirsi – una dimensione di un’infanzia perduta, della quale proviamo nostalgia, di quel sentimento di cui parlava Elemire Zolla nel suo Lo stupore infantile: quello stato di primordiale stupore per il mondo, che ciascuno di noi ha conosciuto in una fase della prima infanzia, “premessa gloriosa e tradita dell’esistenza”.
Wal continua a lavorare nella vecchia casa di famiglia, con alcune stanze dedicate alla scultura ed altre alla pittura, in un fervore testimoniato dal numero delle opere in lavorazione, selva brulicante che assedia da ogni parte lo sguardo di chi vi si inoltra. Tra queste opere in fase di ultimazione, ce n’è una di particolare fascino che l’artista ha riservato alla mostra di Stresa, assieme ad altre opere già pronte: una nave con prora e poppa appuntite, che fende le onde, su cui Wal ha collocato alcuni suoi bambini paffuti e qualche gatto pacioso, con altri putti che emergono, con metà del busto, dall’acqua. Ecco allora che questa nave assume un duplice, ambivalente significato: quello di una sorta di “arca di Noè”, che naviga tranquilla come una nave da crociera, in un tempo che scorre con ritmi diversi da quelli che conosciamo, oppure quello di una nave impegnata a raccogliere naufraghi, alcuni dei quali sono ancora in acqua, se la mente va alle tragiche vicende mediterranee degli ultimi anni. E le sue figure paffute sono altrettanto ambigue: specchio di un mondo ipernutrito e sazio, e allo stesso tempo, di una opulenza che contrasta con la situazione di indigenza di chi vive nella parte del mondo segnata dalla privazione e dalla sofferenza. Un messaggio, questo di Wal, che s’inquadra nei temi che saranno sollevati dall’ormai prossima Expo di Milano.
23
maggio 2015
Wal a Stresa
Dal 23 maggio al 15 settembre 2015
arte contemporanea
Location
SCATOLA NERA
Torino, Via San Francesco D'assisi, 14, (Torino)
Torino, Via San Francesco D'assisi, 14, (Torino)
Orario di apertura
da martedì a domenica 15,30-19,30
Vernissage
23 Maggio 2015, ore 11,30
Autore
Curatore