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Walter Swennen
In occasione della sua prima personale in un’istituzione italiana, Walter Swennen (n. 1946, Bruxelles) presenta alla Triennale di Milano la sua indagine sulle basi ideologiche della pittura: un percorso che si svolge attraverso una serie di lavori che ripercorrono i quasi trentacinque anni della sua carriera
Comunicato stampa
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Prima di concentrarsi sulla pittura negli anni Ottanta, Swennen si è dedicato alla poesia e alla filosofia. Gran parte della sua produzione manifesta un interesse per le qualità associative del linguaggio: sperimentazioni evocative e collage stratificati popolano le tele e influenzano i titoli delle opere. Questo uso della lingua è intimamente legato al vissuto dell’artista. Da bambino, a causa della Seconda Guerra Mondiale, la famiglia smise da un giorno all’altro di usare il fiammingo per adottare il francese e dopo qualche anno, Swennen non fu più in grado di parlare la lingua madre, condizione che complicò la sua visione del linguaggio come forma di comunicazione e di espressione.
L’artista si forma studiando il pensiero di Sigmund Freud, Søren Kierkegaard, e Jacques Lacan a cui segue un crescente interesse per il lavoro di artisti legati a ricerche attorno alla parola come Bob Cobbing o Marcel Broodthaers. Lettere, frasi e frammenti in inglese, fiammingo e francese iniziano a insinuarsi nelle tele, fornendo – o eliminando – tracce di narrazioni a favore dell’incoerente, il nonsenso e il mistero. La sua produzione segna un’insanabile frattura con la pittura intesa come linguaggio, mentre le immagini si liberano da ogni tentativo di rappresentazione del reale. La riconoscibilità di lettere, parole, figure è un’illusione, un inganno strumentale per spingere lo spettatore in una dimensione la cui ricchezza semantica non può essere chiarita né ridotta ai suoi minimi termini. Forse riconosciamo un disegno in una forma geometrica, una lettera ci seduce per le aggraziate forme della composizione, una parola per il suono, pensiamo di leggerle ma in realtà quello che vediamo sono superfici, forme, enigmi che significano sempre qualcos’altro, che ci portano inevitabilmente altrove. L’artista gioca quotidianamente con gli elementi della pittura, li isola e deforma in un infinito lavoro di composizione e scomposizione senza che un’idea o un piano all’origine lo guidi verso la produzione di un’immagine. Libero da necessità rappresentative, critiche o ideologiche, Swennen sperimenta con materiali, colori e tecniche, dispiegando ogni possibilità generativa dell’immagine attraverso un processo creativo di regole e parametri intenzionalmente traditi o disattesi. Idealmente, quando inizia a lavorare a un tela, Swennen potrebbe creare qualsiasi cosa.
L’artista si forma studiando il pensiero di Sigmund Freud, Søren Kierkegaard, e Jacques Lacan a cui segue un crescente interesse per il lavoro di artisti legati a ricerche attorno alla parola come Bob Cobbing o Marcel Broodthaers. Lettere, frasi e frammenti in inglese, fiammingo e francese iniziano a insinuarsi nelle tele, fornendo – o eliminando – tracce di narrazioni a favore dell’incoerente, il nonsenso e il mistero. La sua produzione segna un’insanabile frattura con la pittura intesa come linguaggio, mentre le immagini si liberano da ogni tentativo di rappresentazione del reale. La riconoscibilità di lettere, parole, figure è un’illusione, un inganno strumentale per spingere lo spettatore in una dimensione la cui ricchezza semantica non può essere chiarita né ridotta ai suoi minimi termini. Forse riconosciamo un disegno in una forma geometrica, una lettera ci seduce per le aggraziate forme della composizione, una parola per il suono, pensiamo di leggerle ma in realtà quello che vediamo sono superfici, forme, enigmi che significano sempre qualcos’altro, che ci portano inevitabilmente altrove. L’artista gioca quotidianamente con gli elementi della pittura, li isola e deforma in un infinito lavoro di composizione e scomposizione senza che un’idea o un piano all’origine lo guidi verso la produzione di un’immagine. Libero da necessità rappresentative, critiche o ideologiche, Swennen sperimenta con materiali, colori e tecniche, dispiegando ogni possibilità generativa dell’immagine attraverso un processo creativo di regole e parametri intenzionalmente traditi o disattesi. Idealmente, quando inizia a lavorare a un tela, Swennen potrebbe creare qualsiasi cosa.
20
giugno 2018
Walter Swennen
Dal 20 giugno al 26 agosto 2018
arte contemporanea
Location
TRIENNALE – PALAZZO DELL’ARTE
Milano, Viale Emilio Alemagna, 6, (Milano)
Milano, Viale Emilio Alemagna, 6, (Milano)
Biglietti
Intero 5 Euro
Ridotto 4 / 3 Euro
Biglietto unico per tutte le mostre 12 Euro
Orario di apertura
Martedì - Domenica
10.30 - 20.30
Vernissage
20 Giugno 2018, ore 19 su invito
Autore
Curatore