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Wanda Richter-Forgách – Ignudi Illuminati
Wanda Richter-Forgách ritorna a Varese con eroine del terzo millennio che respirano nella luce del Mediterraneo tanto amato dall’artista
Comunicato stampa
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Dopo due anni dalla mostra “Temptation”, Wanda Richter-Forgách ritorna alla duetart gallery di Varese, proponendo al pubblico grandi figure eredi di un’arte che attraversa i secoli e accompagna la storia e il tempo, eroine del terzo millennio che respirano nella luce del Mediterraneo tanto amato dall’artista.
Sfuggita insieme alla madre ai bombardamenti di Berlino, Wanda passò gli anni della guerra in Boemia. Dopo il ritorno in Germania studiò arti grafiche a Münster e poi pittura all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. In venticinque anni di attività come disegnatrice di costumi per il teatro, ha esercitato il suo sguardo sull’uomo e, studiando la figura nelle sue relazioni con lo spazio circostante, ha affinato una sottile abilità nell’indagare lo spazio interiore.
Il titolo della mostra parla di ‘ignudi’, scelta raffinata, ricercata allusione dell’artista che conferma la sua abilità di narratrice di storie e di atmosfere: ‘ignudi’ sereni e ‘illuminati’ nella pace e nel silenzio dei luoghi termali, i nuovi santuari dello spirito del nostro tempo, che cerca nelle acque il nutrimento di una terra madre benigna.
Le opere sono nate dall’esperienza diretta dell’artista, che ha osservato i volti, anche quando gli occhi erano chiusi, ha ascoltato le voci, anche quando parlavano lingue diverse dalla sua, ha fissato con rapidi schizzi momenti di intimità e di amicizia silenziosa tra donne e uomini che vivono insieme un’ora di bellezza e di conoscenza delle regioni più intime dell’animo, condotti nei luoghi termali da dolori che non possono essere raccontati o tensioni che vengono da lontano e trovano nella solidale condivisione di un momento di cura il conforto tanto atteso.
Qui viene chi crede nel cambiamento, nella guarigione: ognuno porta con sé il suo essere ‘ignudo’ di fronte alla malattia, alla malinconia o alla fatica di una vita difficile o troppo convulsa: e nonostante il panno bianco indossato sia uguale per tutti, ognuno mostra chi è, stringendo le braccia nella stoffa con riserbo o sedendo come in trono con panneggi da regina, chiudendo le gambe in posa ritrosa o disegnando orgogliosa coi polpacci abbronzati leggeri passi di danza; tenendo gli occhi bassi, nel silenzio di un momento privato o cercando col sorriso altri volti, per condividere la ricerca di una armonia dell’esistenza pur nell’assenza di salute, di bellezza e di serenità. I gesti del corpo svelano i caratteri.
Gesti timidi e sfrontati, prepotenti e modesti, discreti e impudenti nel nero del fango e nel candore dei teli che ammantano i corpi. È il dialogo dei contrasti, sempre presente nei temi dell’artista che indaga nel chiaroscuro dell’anima scegliendo, nell’infinita varietà dei grigi che descrivono le sfumature, la certezza inderogabile del bianco e del nero, categorie etiche che rinviano alla dialettica degli opposti. Nelle opere di Wanda Richter-Forgách si riconosce la mano che cerca di fondere i suoni, non di valorizzare la discordanza. La mano che vuole salvare l’amore pur nella diversità. La prospettiva che esalta la capacità di attrazione e non consente che vinca la separazione, che nel gioco dei rapporti condurrebbe solo ad una condizione di solitudine e isolamento.
L’artista ha compiuto numerosi viaggi, cercando nelle opere d’arte dei grandi le risposte alla ricerca inquieta del suo cuore, e la sua collezione di cartoline è la testimonianza di un amore totale e di un rispetto incondizionato: diecimila cartoline di affreschi e tele, dalle opere dei primitivi ai maestri del Rinascimento, dalle inquietudini barocche alle istanze innovative dei moderni e dei contemporanei. Diecimila immagini divise in ordine cronologico, per accompagnare il cammino di chi con l’arte ha narrato il mondo di dio e dell’uomo, di chi ha imitato o infranto le leggi della natura, di chi ha cercato la verità osservandola o trascendendola, ricorrendo a simboli per alludere all’ineffabile. Nature morte e ritratti, scene sacre e profane, mitologia e realtà, Crocifissioni e Madonne col Bambino, forse l’iconografia più amata dall’artista incantata da Piero della Francesca, Tiziano, Van Dyck fino ad arrivare a Mark Rothko. Diecimila opere negli occhi di chi fin dall’infanzia sapeva che differenza corre tra ‘fare’ l’artista ed ‘essere’ un’artista, negli occhi di chi, anche attraverso la lunga collaborazione negli allestimenti per l’opera e il teatro, ha studiato le forme e i volumi, le proporzioni e i rapporti, ha studiato le stoffe e i materiali, i colori e gli effetti di ogni scelta sullo spettatore.
Estro e rigore, immaginazione e disciplina. Intuizione e un acuto senso critico che spinge Wanda Richter-Forgách a non fermarsi mai, a continuare la ricerca anche tecnica e formale, come dimostrano la soluzione di dipingere coi pigmenti e la particolare abilità nel disegno a carboncino: accanto alle tele, sono esposte cinque opere che appartengono ad un’ampia ‘galleria’ di ritratti nati da sedute di posa in compagnia di Konrad Klapheck in tante città d’Europa e d’oltreoceano, in cui artisti e galleristi, musicisti jazz e direttori di musei sfilano coi loro volti e i loro tratti caratteristici: dopo dieci anni di lavoro ‘à deux’, è nata un’intrigante serie presentata in mostra nel 2002 nel museum kunstpalast düsseldorf, nella città dove gli artisti vivono e lavorano (l’editore Schirmer/Mosel ha curato la pubblicazione di un magnifico volume.) Come è possibile vedere dalle opere in mostra alla duet, il soggetto ritratto è rappresentato da una duplice sensibilità, quella maschile, di Klapheck, che ha soprattutto fissato il personaggio nello spazio e nel tempo, valorizzando con energia il suo impatto sociale, e quella femminile, di Wanda Richter-Forgách, che ha lasciato che il personaggio prendesse vita sul foglio di carta, svelando con discrezione e sottile capacità psicologica il suo mistero più intimo.
Sfuggita insieme alla madre ai bombardamenti di Berlino, Wanda passò gli anni della guerra in Boemia. Dopo il ritorno in Germania studiò arti grafiche a Münster e poi pittura all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. In venticinque anni di attività come disegnatrice di costumi per il teatro, ha esercitato il suo sguardo sull’uomo e, studiando la figura nelle sue relazioni con lo spazio circostante, ha affinato una sottile abilità nell’indagare lo spazio interiore.
Il titolo della mostra parla di ‘ignudi’, scelta raffinata, ricercata allusione dell’artista che conferma la sua abilità di narratrice di storie e di atmosfere: ‘ignudi’ sereni e ‘illuminati’ nella pace e nel silenzio dei luoghi termali, i nuovi santuari dello spirito del nostro tempo, che cerca nelle acque il nutrimento di una terra madre benigna.
Le opere sono nate dall’esperienza diretta dell’artista, che ha osservato i volti, anche quando gli occhi erano chiusi, ha ascoltato le voci, anche quando parlavano lingue diverse dalla sua, ha fissato con rapidi schizzi momenti di intimità e di amicizia silenziosa tra donne e uomini che vivono insieme un’ora di bellezza e di conoscenza delle regioni più intime dell’animo, condotti nei luoghi termali da dolori che non possono essere raccontati o tensioni che vengono da lontano e trovano nella solidale condivisione di un momento di cura il conforto tanto atteso.
Qui viene chi crede nel cambiamento, nella guarigione: ognuno porta con sé il suo essere ‘ignudo’ di fronte alla malattia, alla malinconia o alla fatica di una vita difficile o troppo convulsa: e nonostante il panno bianco indossato sia uguale per tutti, ognuno mostra chi è, stringendo le braccia nella stoffa con riserbo o sedendo come in trono con panneggi da regina, chiudendo le gambe in posa ritrosa o disegnando orgogliosa coi polpacci abbronzati leggeri passi di danza; tenendo gli occhi bassi, nel silenzio di un momento privato o cercando col sorriso altri volti, per condividere la ricerca di una armonia dell’esistenza pur nell’assenza di salute, di bellezza e di serenità. I gesti del corpo svelano i caratteri.
Gesti timidi e sfrontati, prepotenti e modesti, discreti e impudenti nel nero del fango e nel candore dei teli che ammantano i corpi. È il dialogo dei contrasti, sempre presente nei temi dell’artista che indaga nel chiaroscuro dell’anima scegliendo, nell’infinita varietà dei grigi che descrivono le sfumature, la certezza inderogabile del bianco e del nero, categorie etiche che rinviano alla dialettica degli opposti. Nelle opere di Wanda Richter-Forgách si riconosce la mano che cerca di fondere i suoni, non di valorizzare la discordanza. La mano che vuole salvare l’amore pur nella diversità. La prospettiva che esalta la capacità di attrazione e non consente che vinca la separazione, che nel gioco dei rapporti condurrebbe solo ad una condizione di solitudine e isolamento.
L’artista ha compiuto numerosi viaggi, cercando nelle opere d’arte dei grandi le risposte alla ricerca inquieta del suo cuore, e la sua collezione di cartoline è la testimonianza di un amore totale e di un rispetto incondizionato: diecimila cartoline di affreschi e tele, dalle opere dei primitivi ai maestri del Rinascimento, dalle inquietudini barocche alle istanze innovative dei moderni e dei contemporanei. Diecimila immagini divise in ordine cronologico, per accompagnare il cammino di chi con l’arte ha narrato il mondo di dio e dell’uomo, di chi ha imitato o infranto le leggi della natura, di chi ha cercato la verità osservandola o trascendendola, ricorrendo a simboli per alludere all’ineffabile. Nature morte e ritratti, scene sacre e profane, mitologia e realtà, Crocifissioni e Madonne col Bambino, forse l’iconografia più amata dall’artista incantata da Piero della Francesca, Tiziano, Van Dyck fino ad arrivare a Mark Rothko. Diecimila opere negli occhi di chi fin dall’infanzia sapeva che differenza corre tra ‘fare’ l’artista ed ‘essere’ un’artista, negli occhi di chi, anche attraverso la lunga collaborazione negli allestimenti per l’opera e il teatro, ha studiato le forme e i volumi, le proporzioni e i rapporti, ha studiato le stoffe e i materiali, i colori e gli effetti di ogni scelta sullo spettatore.
Estro e rigore, immaginazione e disciplina. Intuizione e un acuto senso critico che spinge Wanda Richter-Forgách a non fermarsi mai, a continuare la ricerca anche tecnica e formale, come dimostrano la soluzione di dipingere coi pigmenti e la particolare abilità nel disegno a carboncino: accanto alle tele, sono esposte cinque opere che appartengono ad un’ampia ‘galleria’ di ritratti nati da sedute di posa in compagnia di Konrad Klapheck in tante città d’Europa e d’oltreoceano, in cui artisti e galleristi, musicisti jazz e direttori di musei sfilano coi loro volti e i loro tratti caratteristici: dopo dieci anni di lavoro ‘à deux’, è nata un’intrigante serie presentata in mostra nel 2002 nel museum kunstpalast düsseldorf, nella città dove gli artisti vivono e lavorano (l’editore Schirmer/Mosel ha curato la pubblicazione di un magnifico volume.) Come è possibile vedere dalle opere in mostra alla duet, il soggetto ritratto è rappresentato da una duplice sensibilità, quella maschile, di Klapheck, che ha soprattutto fissato il personaggio nello spazio e nel tempo, valorizzando con energia il suo impatto sociale, e quella femminile, di Wanda Richter-Forgách, che ha lasciato che il personaggio prendesse vita sul foglio di carta, svelando con discrezione e sottile capacità psicologica il suo mistero più intimo.
29
settembre 2007
Wanda Richter-Forgách – Ignudi Illuminati
Dal 29 settembre al 20 ottobre 2007
arte contemporanea
Location
DUETART GALLERY
Varese, Via Albuzzi, 27, (Varese)
Varese, Via Albuzzi, 27, (Varese)
Orario di apertura
mar-sab 15.30-19.30
Vernissage
29 Settembre 2007, ore 18.00
Autore