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War to indifference. Omaggio a Jean-Sélim Kanaan
La galleria ospita installazioni, altamente significative, di tre artiste internazionali, selezionate appositamente per questa iniziativa
Comunicato stampa
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La mostra sarà inaugurata il 20 novembre per ricordare la Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989.
Un invito rivolto al pubblico, ed in particolar modo ai giovani, a ripensare criticamente al mondo dell’infanzia e ai diritti violati nella realtà globale contemporanea.
Un omaggio a Jean-Sélim Kanaan, autore del libro “La mia guerra all’Indifferenza” (Edizioni il Saggiatore, 2004) giovane funzionario dell’ONU, testimone di un impegno umanitario vissuto con generosità e determinazione (Somalia, Bosnia, Burundi, Kosovo, Iraq), caduto nel 2003, a 33 anni, nell’attentato terroristico al quartier generale dell’ONU a Baghdad (in cui mori’ anche Sergio Vieira de Mello, Rappresentante Speciale di Kofi Annan in Iraq e Alto Commissario ONU per i diritti umani).
La galleria ospita installazioni, altamente significative, di tre artiste internazionali, selezionate appositamente per questa iniziativa.
Silvia Levenson, nata a Buenos Aires, artista che non cessa di sottoscrivere un’estetica della sparizione in un’opera dove gli oggetti hanno sostituito i soggetti, è impegnata in un percorso da sempre indirizzato al mondo dell’infanzia e della condizione umana in generale. Nelle sue emblematiche installazioni in vetro-resina estremamente provocatoria è la sfera della sensorialità, messa in scena non direttamente sul corpo, ma su superfici costellate di borchie, chiodi, spine, prevalentemente rivolti all’esterno, in assetto di autodifesa, ma anche di offesa; non meno agguerriti e chiodati sono gli accessori, da dove traspaiono coltelli e lamette. Per una strategia della fuga o della sparizione volontaria/involontaria, Levenson ricorre alla materia che meglio esprime la condizione del trasparire/sparire: il vetro nella sua cristallina purezza, oppure opacizzato nella pasta, fragile, tagliente e affilato come la sua implacabile ironia, duro come il suo umorismo amaro, un umorismo nato – come annota Freud nel Motto di spirito – dalla scarica in effetto comico di un eccesso di emozione, con innegabile funzione liberatoria e di sollievo da contenuti socialmente repressi, da rimozioni di ferite infantili, di adulte violenze. Nonostante l’artista proponga a se stessa di essere buona e sorridere per non rovinare in modo irreparabile l’album di famiglia, i suoi inquietanti scenari di lettini, abitini e biancheria intima vetrificati non fanno che scrivere, una dopo l’altra, le pagine di una storia politicamente scorretta.
L’opera presentata, LOOK AFTER YOURSELF, appartiene alla serie Be happy e rappresenta una riflessione sul ripetersi degli errori di generazione in generazione, quando si assume il ruolo di genitore.
Federica Marangoni veneziana, sensibile maestra di metafore in video-vetro-neon e rappresentante storica, nel contesto internazionale, dell’arte elettronica, presenta un panorama delle contraddizioni, dei conflitti e del malessere della cosiddetta società del benessere, esponendo una significativa video-installazione intitolata TOLERANCE-IN-TOLERANCE. Una connotazione personale e originale, che la identifica nel vasto panorama contemporaneo, è quella di aver scelto, dall’inizio, il materiale del vetro, appartenente alla realtà della natura e alla sua storia veneziana, del neon, appartenente alla realtà mediata dell’energia elettrica, del video, appartenente alla realtà virtuale e massmediatica della rappresentazione elettronica. A livello simbolico-metaforico l’artista è identificabile per l’utilizzazione dell’icona dell’arcobaleno, del cuore, del corpo, quest’ultimo nella sua integrità e nella sua frammentazione. L’installazione TOLERANCE-IN-TOLERANCE, presentata nel 2005 al CACT Centro d’Arte Contemporanea Ticino a Bellinzona, al Circulo de Bellas Artes di Madrid e alla Remy Toledo Gallery di New York, tocca un problema cruciale della realtà d’oggi: quello del rispetto dato o negato, nei confronti dell’altro e dell’altrove, di una professione ideologica, religiosa, socio-politica, culturale, civile, etnica, differente dalla nostra. La videoinstallazione è articolata nella megaproiezione a parete, fronteggiata da un percorso di filo spinato, emblematicamente riverberato da un filo di neon rosso. Come in un documentario di guerra, qui scandito dal ritmo del battito del cuore, lo spettatore assiste allo scorrimento di cento fotogrammi, riferibili alla realtà conflittuale d’oggi, ma ripresi negli anni addietro, a partire dalla fame, dalle malattie, dall’inquinamento, dallo sfruttamento minorile in Africa e in Asia fino ai deliri e alle inconcepibili violenze antifemministe del fondamentalismo islamico, ai conflitti del Medioriente e dei Balcani, ai dissesti e turbolenze dell’America Latina. La scritta al neon (In)tolerance, comunica al visitatore una topografia del malessere e della paura.
Maby Navone, artista genovese che vive e opera nel Tigullio, nota per utilizzare da anni materiali di riciclaggio, oggetti kitsch del mondo cosmetico e della bigiotteria, inventari trash di micro-contenitori di plastica, partecipa con una installazione di forte impatto emozionale intitolata BABIES. Un grande armadio nero, dalle ante chiudibili occupa lo spazio espositivo come presenza muta ed inquietante: un cartello invita lo spettatore a richiuderne le ante una volta aperte. Lo scenario che si presenta al pubblico è tanto più toccante quanto più riferito agli oggetti del mondo dell’infanzia. L’interno dell’inconsueto contenitore – un tempo usato come Wunderkammer – trabocca dei resti di bambole di plastica, accumulate come in una drammatica fossa comune. Volti dolcissimi, occhi azzurri aperti sul vuoto, labbra rosse come quelle delle più seducenti protagoniste delle favole, corpicini rosa tenero, portano metaforicamente i segni di un vissuto tragico e violento, della guerra, dell’abbandono, della perdita della casa, raccontano la condizione del relitto, dello scarto sociale, del rifiuto affettivo.
La sua raccolta di ricordi e testimonianze altrui, attraverso gli oggetti restituiti sulla spiaggia dalle mareggiate, comincia anni fa quando pensava di farne una campionatura da esibire come protesta e denuncia all’azienda autonoma di soggiorno del Golfo del Tigullio, noto un tempo per la sua bellezza incontaminata e per la trasparenza delle sue acque. Il collage che ne era risultato era denso di storie e tracce, parlava di una bellezza nascosta che emanava dai colori dilavati e stinti dei rifiuti. Era il 1982. Da allora i miei tempi sono quelli del ricercare – annota Maby Navone – dell’accumulare, del ridistribuire, riannodando fili rossi, rintracciando percorsi segreti, riattualizzando memorie di visioni, soggetti e oggetti perduti.
Viana Conti
Un invito rivolto al pubblico, ed in particolar modo ai giovani, a ripensare criticamente al mondo dell’infanzia e ai diritti violati nella realtà globale contemporanea.
Un omaggio a Jean-Sélim Kanaan, autore del libro “La mia guerra all’Indifferenza” (Edizioni il Saggiatore, 2004) giovane funzionario dell’ONU, testimone di un impegno umanitario vissuto con generosità e determinazione (Somalia, Bosnia, Burundi, Kosovo, Iraq), caduto nel 2003, a 33 anni, nell’attentato terroristico al quartier generale dell’ONU a Baghdad (in cui mori’ anche Sergio Vieira de Mello, Rappresentante Speciale di Kofi Annan in Iraq e Alto Commissario ONU per i diritti umani).
La galleria ospita installazioni, altamente significative, di tre artiste internazionali, selezionate appositamente per questa iniziativa.
Silvia Levenson, nata a Buenos Aires, artista che non cessa di sottoscrivere un’estetica della sparizione in un’opera dove gli oggetti hanno sostituito i soggetti, è impegnata in un percorso da sempre indirizzato al mondo dell’infanzia e della condizione umana in generale. Nelle sue emblematiche installazioni in vetro-resina estremamente provocatoria è la sfera della sensorialità, messa in scena non direttamente sul corpo, ma su superfici costellate di borchie, chiodi, spine, prevalentemente rivolti all’esterno, in assetto di autodifesa, ma anche di offesa; non meno agguerriti e chiodati sono gli accessori, da dove traspaiono coltelli e lamette. Per una strategia della fuga o della sparizione volontaria/involontaria, Levenson ricorre alla materia che meglio esprime la condizione del trasparire/sparire: il vetro nella sua cristallina purezza, oppure opacizzato nella pasta, fragile, tagliente e affilato come la sua implacabile ironia, duro come il suo umorismo amaro, un umorismo nato – come annota Freud nel Motto di spirito – dalla scarica in effetto comico di un eccesso di emozione, con innegabile funzione liberatoria e di sollievo da contenuti socialmente repressi, da rimozioni di ferite infantili, di adulte violenze. Nonostante l’artista proponga a se stessa di essere buona e sorridere per non rovinare in modo irreparabile l’album di famiglia, i suoi inquietanti scenari di lettini, abitini e biancheria intima vetrificati non fanno che scrivere, una dopo l’altra, le pagine di una storia politicamente scorretta.
L’opera presentata, LOOK AFTER YOURSELF, appartiene alla serie Be happy e rappresenta una riflessione sul ripetersi degli errori di generazione in generazione, quando si assume il ruolo di genitore.
Federica Marangoni veneziana, sensibile maestra di metafore in video-vetro-neon e rappresentante storica, nel contesto internazionale, dell’arte elettronica, presenta un panorama delle contraddizioni, dei conflitti e del malessere della cosiddetta società del benessere, esponendo una significativa video-installazione intitolata TOLERANCE-IN-TOLERANCE. Una connotazione personale e originale, che la identifica nel vasto panorama contemporaneo, è quella di aver scelto, dall’inizio, il materiale del vetro, appartenente alla realtà della natura e alla sua storia veneziana, del neon, appartenente alla realtà mediata dell’energia elettrica, del video, appartenente alla realtà virtuale e massmediatica della rappresentazione elettronica. A livello simbolico-metaforico l’artista è identificabile per l’utilizzazione dell’icona dell’arcobaleno, del cuore, del corpo, quest’ultimo nella sua integrità e nella sua frammentazione. L’installazione TOLERANCE-IN-TOLERANCE, presentata nel 2005 al CACT Centro d’Arte Contemporanea Ticino a Bellinzona, al Circulo de Bellas Artes di Madrid e alla Remy Toledo Gallery di New York, tocca un problema cruciale della realtà d’oggi: quello del rispetto dato o negato, nei confronti dell’altro e dell’altrove, di una professione ideologica, religiosa, socio-politica, culturale, civile, etnica, differente dalla nostra. La videoinstallazione è articolata nella megaproiezione a parete, fronteggiata da un percorso di filo spinato, emblematicamente riverberato da un filo di neon rosso. Come in un documentario di guerra, qui scandito dal ritmo del battito del cuore, lo spettatore assiste allo scorrimento di cento fotogrammi, riferibili alla realtà conflittuale d’oggi, ma ripresi negli anni addietro, a partire dalla fame, dalle malattie, dall’inquinamento, dallo sfruttamento minorile in Africa e in Asia fino ai deliri e alle inconcepibili violenze antifemministe del fondamentalismo islamico, ai conflitti del Medioriente e dei Balcani, ai dissesti e turbolenze dell’America Latina. La scritta al neon (In)tolerance, comunica al visitatore una topografia del malessere e della paura.
Maby Navone, artista genovese che vive e opera nel Tigullio, nota per utilizzare da anni materiali di riciclaggio, oggetti kitsch del mondo cosmetico e della bigiotteria, inventari trash di micro-contenitori di plastica, partecipa con una installazione di forte impatto emozionale intitolata BABIES. Un grande armadio nero, dalle ante chiudibili occupa lo spazio espositivo come presenza muta ed inquietante: un cartello invita lo spettatore a richiuderne le ante una volta aperte. Lo scenario che si presenta al pubblico è tanto più toccante quanto più riferito agli oggetti del mondo dell’infanzia. L’interno dell’inconsueto contenitore – un tempo usato come Wunderkammer – trabocca dei resti di bambole di plastica, accumulate come in una drammatica fossa comune. Volti dolcissimi, occhi azzurri aperti sul vuoto, labbra rosse come quelle delle più seducenti protagoniste delle favole, corpicini rosa tenero, portano metaforicamente i segni di un vissuto tragico e violento, della guerra, dell’abbandono, della perdita della casa, raccontano la condizione del relitto, dello scarto sociale, del rifiuto affettivo.
La sua raccolta di ricordi e testimonianze altrui, attraverso gli oggetti restituiti sulla spiaggia dalle mareggiate, comincia anni fa quando pensava di farne una campionatura da esibire come protesta e denuncia all’azienda autonoma di soggiorno del Golfo del Tigullio, noto un tempo per la sua bellezza incontaminata e per la trasparenza delle sue acque. Il collage che ne era risultato era denso di storie e tracce, parlava di una bellezza nascosta che emanava dai colori dilavati e stinti dei rifiuti. Era il 1982. Da allora i miei tempi sono quelli del ricercare – annota Maby Navone – dell’accumulare, del ridistribuire, riannodando fili rossi, rintracciando percorsi segreti, riattualizzando memorie di visioni, soggetti e oggetti perduti.
Viana Conti
20
novembre 2006
War to indifference. Omaggio a Jean-Sélim Kanaan
Dal 20 novembre al 23 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA AGHEIRO
Lavagna, Corso Buenos Ayres, 60, (Genova)
Lavagna, Corso Buenos Ayres, 60, (Genova)
Orario di apertura
dal mercoledì al sabato 16,30-19,30 (altri orari su appuntamento)
Autore