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What are we working for?
Ispirato alla ricerca del filosofo contemporaneo Giorgio Agamben, sui concetti di “Stato di emergenza” e di “Stato di eccezione”, il progetto ACCADE intende creare una maggiore sinergia tra istituti pubblici come l’Accademia e gli spazi espositivi privati
Comunicato stampa
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Il lavoro, necessario in quanto fonte di sostentamento, costituisce, nella società attuale, parte prevalente dell’esistenza delle persone.
Il lavoratore, pur facendo parte di un processo produttivo, in molti casi svolge un’attività ripetitiva, predeterminata e parcellizzata di cui non conosce le effettive finalità.
Il suo coinvolgimento (fisico e mentale) per tante ore al giorno, in attività per le quali non ha alcun interesse porta a una sorta di non-esistenza vissuta durante l’orario di lavoro.
Si aliena, quindi, non solo da ciò che fa ma anche da se stesso, perdendo così la sua identità ed autenticità.
Condizione alla quale si aggiunge l’esasperazione data dai tempi, talvolta esageratamente lunghi, necessari per raggiungere il luogo di lavoro.
Ne consegue un senso di disagio e di repressione delle aspirazioni personali che viene tuttavia anestetizzato dalla convinzione trasmessa dal “buon senso” comune che sia normale “vivere” (e lavorare) così.
Ecco che il lavoro può presentarsi come salvezza: il salvagente (Debora) di Marco Corain presuppone però il compromesso -che arreca dolore psicologico e fisico- di vendere la maggior parte della propria vita per un po’ di tempo libero. Sic transit gloria mundi fa riflettere sul concetto di potere -simboleggiato dalla corona- che dà la possibilità di scegliere per sé e per gli altri, decidere che cosa devono fare gli altri, quale lavoro, imporre ordini, obblighi, ma anche concedere gratificazioni, premi e benefici. Tuttavia il potere ha un doppio aspetto: spesso si affrontano decisioni difficili ed importantissime e questo può pesare proprio a lui che, in apparenza assolutamente libero, è in realtà incatenato al dover continuamente prendere decisioni, rischiando ogni volta di sbagliare. Le punte metalliche infatti sono sia interne che esterne: le esterne ammoniscono colui che guarda la corona, le interne pungono e pesano sul capo di chi la indossa.
L’aspetto meccanico, pesante e ripetitivo del lavoro è reso con forza espressiva dalle ruspe di Giacomo Ceccagno, artista che adotta una particolare tecnica a bassorilievo in gesso e poliuretano espanso.
Chiara Topatigh ritrae gli interni d’auto, tra i mezzi più usati per recarsi sul luogo di lavoro, e spesso coinvolte in interminabili code. Le sue opere si presentano come foto istantanee del quotidiano anche più banale dove ogni azione è congelata.
In Just people di Andreea Werner si possono riconoscere alcuni volti dei milioni di lavoratori, descritti attraverso diverse declinazioni di grigio di grande intensità.
L'aspetto autobiografico è al centro dell'opera di Giulia Tosato: in La moglie dell'ingegnere le unghie finte sono rilegate come pagine di un libro, quasi a raccogliere le riflessioni dell'estetista (lavoro svolto dall'artista stessa) che spesso non riesce ad instaurare con le clienti un rapporto personale, un dialogo.
Il lavoratore, pur facendo parte di un processo produttivo, in molti casi svolge un’attività ripetitiva, predeterminata e parcellizzata di cui non conosce le effettive finalità.
Il suo coinvolgimento (fisico e mentale) per tante ore al giorno, in attività per le quali non ha alcun interesse porta a una sorta di non-esistenza vissuta durante l’orario di lavoro.
Si aliena, quindi, non solo da ciò che fa ma anche da se stesso, perdendo così la sua identità ed autenticità.
Condizione alla quale si aggiunge l’esasperazione data dai tempi, talvolta esageratamente lunghi, necessari per raggiungere il luogo di lavoro.
Ne consegue un senso di disagio e di repressione delle aspirazioni personali che viene tuttavia anestetizzato dalla convinzione trasmessa dal “buon senso” comune che sia normale “vivere” (e lavorare) così.
Ecco che il lavoro può presentarsi come salvezza: il salvagente (Debora) di Marco Corain presuppone però il compromesso -che arreca dolore psicologico e fisico- di vendere la maggior parte della propria vita per un po’ di tempo libero. Sic transit gloria mundi fa riflettere sul concetto di potere -simboleggiato dalla corona- che dà la possibilità di scegliere per sé e per gli altri, decidere che cosa devono fare gli altri, quale lavoro, imporre ordini, obblighi, ma anche concedere gratificazioni, premi e benefici. Tuttavia il potere ha un doppio aspetto: spesso si affrontano decisioni difficili ed importantissime e questo può pesare proprio a lui che, in apparenza assolutamente libero, è in realtà incatenato al dover continuamente prendere decisioni, rischiando ogni volta di sbagliare. Le punte metalliche infatti sono sia interne che esterne: le esterne ammoniscono colui che guarda la corona, le interne pungono e pesano sul capo di chi la indossa.
L’aspetto meccanico, pesante e ripetitivo del lavoro è reso con forza espressiva dalle ruspe di Giacomo Ceccagno, artista che adotta una particolare tecnica a bassorilievo in gesso e poliuretano espanso.
Chiara Topatigh ritrae gli interni d’auto, tra i mezzi più usati per recarsi sul luogo di lavoro, e spesso coinvolte in interminabili code. Le sue opere si presentano come foto istantanee del quotidiano anche più banale dove ogni azione è congelata.
In Just people di Andreea Werner si possono riconoscere alcuni volti dei milioni di lavoratori, descritti attraverso diverse declinazioni di grigio di grande intensità.
L'aspetto autobiografico è al centro dell'opera di Giulia Tosato: in La moglie dell'ingegnere le unghie finte sono rilegate come pagine di un libro, quasi a raccogliere le riflessioni dell'estetista (lavoro svolto dall'artista stessa) che spesso non riesce ad instaurare con le clienti un rapporto personale, un dialogo.
13
marzo 2007
What are we working for?
Dal 13 al 17 marzo 2007
giovane arte
Location
GALLERIA ARTE DANIELE LUCHETTA – DORSODURO
Venezia, Dorsoduro, 869, (Venezia)
Venezia, Dorsoduro, 869, (Venezia)
Vernissage
13 Marzo 2007, ore 18
Autore
Curatore