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Wonderland. Il paradiso degli orchi
Il paese delle meraviglie è quello dei mercanti del sesso, dei pedofili, degli sfruttatori del lavoro minorile e di coloro che approfittano della propria posizione per abusare o trasgredire. In Wonderland diventano icone di una sottocultura volta alla desensibilizzazione del concetto di violenza.
Comunicato stampa
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Dal 12 giugno al 20 luglio il CAM, il museo di arte contemporanea di Casoria_Napoli, dopo le mostre CAMorra, AfriCAM, Politik, Censured e Iranian Glances torna a indagare sulla visione dell’arte in ambiti sociali attraverso la mostra WONDERLAND_Il paradiso degli orchi, a cura di Antonio Manfredi.
Il paese delle meraviglie è quello in cui vivono i mostri che subdolamente attraversano la nostra esistenza in totale anonimato. I mercanti del sesso, i pedofili, gli sfruttatori del lavoro minorile e coloro che approfittano della propria posizione per abusare o trasgredire diventano le icone del paradiso degli orchi. I protagonisti della società degli abusi sono il prodotto della corruzione di un’epoca, sono i simboli di una sottocultura volta alla desensibilizzazione del concetto di violenza.
Le opere degli artisti in mostra appaiono esteticamente e concettualmente variegate. Dalla Camorra nera di Castel Volturno alla mafia cinese e slava per la tratta delle schiave del sesso, fino ai paradisi dei pedofili nelle favelas sud americane e orientali, WONDERLAND è una riflessione attraverso le immagini degli artisti, è lo spunto visivo per analizzare, comprendere ed evitare che gli abusi diventino normalità. Ecco quindi in mostra il video di Roberto Di Benedetto e di Davide Di Franco che esamina, attraverso le immagini delle zone del casertano, l’intricato rapporto tra camorra e poteri africani che controllano il mercato del sesso. Gli stessi scambi ambigui sono ripresi nell’opera dell’inglese Emma Wood che ritrae i sobborghi londinesi entro i quali si disegnano le linee su cui gli orchi si muovono alla ricerca delle proprie vittime. Strade affollate animate da presenze estranee e angoscianti la cui identità ha perso qualsiasi connotazione umana. Così si aprono alla visione del pubblico le foto e il video del greco Filippos Tsitsopoulos che, come un moderno Arcimboldo, presenta il deterioramento e la corruzione interiore attraverso ritratti deformati.
L’analisi degli abusi continua con le sconcertanti fotografie del cinese Zhou Yuechao che esplicita in un rituale orgiastico la condizione della donna come merce sessuale. Su una tavola il corpo nudo si offre al banchetto delle voglie maschili, esautorata da qualsiasi possibilità di ribellione, puro oggetto privo di volontà. Non manca un accenno pop alla stessa problematica nell’opera della spagnola Carmen Carmona Fernandez dove i colori sgargianti stemperano la scena della libido presentandola in versione quasi pubblicitaria. Lo stesso linguaggio narrativo è usato da Mary Fox, artista brasiliana che attinge dalla propria condizione di transessuale per esplicare la sessualità commerciabile attraverso immagini volutamente scontate ma mascherate dall’uso della materia pittorica quasi fosforescente. Le bandiere dei Paesi dell’Est Europa realizzate dal montenegrino Zoran Zivkovic fanno da sfondo alle icone della pornografia, donne assurte a simbolo identificativo di nazioni ormai punti di riferimento, nell’immaginario collettivo, per la prostituzione. La dissacrazione nell’opera di Peppe Esposito avviene invece attraverso la modificazione dei canoni estetici del prototipo femminile per eccellenza: la Barbie. Seno, labbra ed occhi si ingrandiscono in un conturbante risultato per rispondere alle esigenze di una pulsione morbosa.
La fine dell’innocenza è la morte della fatina del bosniaco Boris Glamocanin; l’interruzione di una favola che è l’infanzia, corrotta dalla violenza perpetrata ai danni dei minori che subiscono gli abusi dei mostri adulti. Orchi vestiti di abiti porpora, con colletti bianchi che nelle oscure stanze del potere utilizzano i propri giocattoli umani. Proprio un accenno graffiante agli eventi che hanno sconvolto le gerarchie sacre, appare nella video-installazione-performance di Di Guida & Vargas.
Il paese delle meraviglie, soprattutto quello del terzo mondo, offre i piccoli corpi allo sfruttamento sessuale. Paesi del terzo mondo, ma anche quelli in via di sviluppo, dove la povertà è il terreno fertile per la ricerca di nuovi mercati da sondare e scandagliare, dove trovare merce nuova da impacchettare e usare, come i corpi, o parte di essi, di gommapiuma, riposti come al supermercato in un carrello della spesa nell’opera del napoletano Gerardo Di Fiore. Sono gli stessi oggetti, le stesse identiche asserzioni di Titti Sarpa, la cui bambola candida e innocente appare come il contenitore vuoto della fanciullezza violata. La violenza subita annienta l’innocenza, ne trasforma l’identità in mero recipiente privo di anima che cancella gli orrori. Sottomissione psicologica e fisica appare anche nel video dell’indiano Gigi Scaria dove bambini lavorano in ambienti insalubri, ripetendo gesti ossessivi come in una catena di montaggio.
Il paese delle meraviglie è quello in cui vivono i mostri che subdolamente attraversano la nostra esistenza in totale anonimato. I mercanti del sesso, i pedofili, gli sfruttatori del lavoro minorile e coloro che approfittano della propria posizione per abusare o trasgredire diventano le icone del paradiso degli orchi. I protagonisti della società degli abusi sono il prodotto della corruzione di un’epoca, sono i simboli di una sottocultura volta alla desensibilizzazione del concetto di violenza.
Le opere degli artisti in mostra appaiono esteticamente e concettualmente variegate. Dalla Camorra nera di Castel Volturno alla mafia cinese e slava per la tratta delle schiave del sesso, fino ai paradisi dei pedofili nelle favelas sud americane e orientali, WONDERLAND è una riflessione attraverso le immagini degli artisti, è lo spunto visivo per analizzare, comprendere ed evitare che gli abusi diventino normalità. Ecco quindi in mostra il video di Roberto Di Benedetto e di Davide Di Franco che esamina, attraverso le immagini delle zone del casertano, l’intricato rapporto tra camorra e poteri africani che controllano il mercato del sesso. Gli stessi scambi ambigui sono ripresi nell’opera dell’inglese Emma Wood che ritrae i sobborghi londinesi entro i quali si disegnano le linee su cui gli orchi si muovono alla ricerca delle proprie vittime. Strade affollate animate da presenze estranee e angoscianti la cui identità ha perso qualsiasi connotazione umana. Così si aprono alla visione del pubblico le foto e il video del greco Filippos Tsitsopoulos che, come un moderno Arcimboldo, presenta il deterioramento e la corruzione interiore attraverso ritratti deformati.
L’analisi degli abusi continua con le sconcertanti fotografie del cinese Zhou Yuechao che esplicita in un rituale orgiastico la condizione della donna come merce sessuale. Su una tavola il corpo nudo si offre al banchetto delle voglie maschili, esautorata da qualsiasi possibilità di ribellione, puro oggetto privo di volontà. Non manca un accenno pop alla stessa problematica nell’opera della spagnola Carmen Carmona Fernandez dove i colori sgargianti stemperano la scena della libido presentandola in versione quasi pubblicitaria. Lo stesso linguaggio narrativo è usato da Mary Fox, artista brasiliana che attinge dalla propria condizione di transessuale per esplicare la sessualità commerciabile attraverso immagini volutamente scontate ma mascherate dall’uso della materia pittorica quasi fosforescente. Le bandiere dei Paesi dell’Est Europa realizzate dal montenegrino Zoran Zivkovic fanno da sfondo alle icone della pornografia, donne assurte a simbolo identificativo di nazioni ormai punti di riferimento, nell’immaginario collettivo, per la prostituzione. La dissacrazione nell’opera di Peppe Esposito avviene invece attraverso la modificazione dei canoni estetici del prototipo femminile per eccellenza: la Barbie. Seno, labbra ed occhi si ingrandiscono in un conturbante risultato per rispondere alle esigenze di una pulsione morbosa.
La fine dell’innocenza è la morte della fatina del bosniaco Boris Glamocanin; l’interruzione di una favola che è l’infanzia, corrotta dalla violenza perpetrata ai danni dei minori che subiscono gli abusi dei mostri adulti. Orchi vestiti di abiti porpora, con colletti bianchi che nelle oscure stanze del potere utilizzano i propri giocattoli umani. Proprio un accenno graffiante agli eventi che hanno sconvolto le gerarchie sacre, appare nella video-installazione-performance di Di Guida & Vargas.
Il paese delle meraviglie, soprattutto quello del terzo mondo, offre i piccoli corpi allo sfruttamento sessuale. Paesi del terzo mondo, ma anche quelli in via di sviluppo, dove la povertà è il terreno fertile per la ricerca di nuovi mercati da sondare e scandagliare, dove trovare merce nuova da impacchettare e usare, come i corpi, o parte di essi, di gommapiuma, riposti come al supermercato in un carrello della spesa nell’opera del napoletano Gerardo Di Fiore. Sono gli stessi oggetti, le stesse identiche asserzioni di Titti Sarpa, la cui bambola candida e innocente appare come il contenitore vuoto della fanciullezza violata. La violenza subita annienta l’innocenza, ne trasforma l’identità in mero recipiente privo di anima che cancella gli orrori. Sottomissione psicologica e fisica appare anche nel video dell’indiano Gigi Scaria dove bambini lavorano in ambienti insalubri, ripetendo gesti ossessivi come in una catena di montaggio.
12
giugno 2010
Wonderland. Il paradiso degli orchi
Dal 12 giugno al 20 luglio 2010
arte contemporanea
performance - happening
serata - evento
performance - happening
serata - evento
Location
CAM – CASORIA CONTEMPORARY ART MUSEUM
Casoria, Via Calore, (Napoli)
Casoria, Via Calore, (Napoli)
Biglietti
intero €3; ridotto €2
Orario di apertura
martedì- mercoledì- giovedì- domenica 10.00/13.00 sabato 17.00/20.00
Vernissage
12 Giugno 2010, ore 20.00
Autore
Curatore