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Yvan Salomone – Rear View Mirror
La Galleria Gruppo Credito Valtellinese, proseguendo l’indagine sul tema del “paesaggio costruito”, presenta una personale dedicata al celebre artista francese Yvan Salomone, oggetto anche di un recente omaggio al Beaubourg.
Comunicato stampa
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La Galleria Gruppo Credito Valtellinese, proseguendo l'indagine sul tema del "paesaggio costruito", presenta una personale dedicata al celebre artista francese Yvan Salomone, oggetto anche di un recente omaggio al Beaubourg.
Cinquanta acquerelli di grandi dimensioni raccontano i porti di Saint-Malo, Le Havre, Rotterdam, Shanghai, Dakar e altre città di mare. Questi vengono visti come luoghi dove finisce la città più che come spazi di apertura verso l'immenso acqueo. Il mare anzi è escluso da queste visioni anche se è presupposto e immaginabile, mai direttamente raccontato o mostrato. Sono luoghi situati "ovunque purché da nessuna parte", che rientrano più nel campo dell'immagine mentale che della descrizione topografica.
"Decidendo, undici anni fa, di dipingere ad acquerelli il soggetto del porto che aveva sotto gli occhi quotidianamente, Yvan Salomone raccoglieva - scrive Véronique Vauvrecy - due sfide: l'una, trasformare un luogo ordinario in paesaggio singolare; l'altra, attualizzare una tecnica desueta.
Il suo primo quadro, una serie di vagoni su una banchina indefinita, quella di una stazione o di un porto, era emblematico. Esso orientava immediatamente la sua ricerca verso l'idea di transito e, per estensione, quella d'impermanenza. Le zone portuali progressivamente integrate con le zone industriali sono così diventate le basi di questa esplorazione. Ambito e luoghi senza fondamenta, come le navi, in preda agli stessi pericoli e alle stesse turbolenze, questi oggetti sono talora fluttuanti, talora in naufragio, costruiti a partire da una pratica pittorica energica e puntuale, nella quale si affrontano l'acqua e il colore in modo non tradizionale.
Yvan Salomone si dedica infatti a dominare la tecnica e mascherare la tavolozza dell'acquerello affinché si carichi di nuovi significati. Il fenomeno della diluizione materializza l'ondeggiamento, il crollo, la dislocazione.
Il lavoro di Yvan Salomone - secondo Valerio Dehò - ha caratteristiche che lo collocano fuori degli schemi ricorrenti dell'opposizione tra pittura e arte concettuale, mostrando come le categorie critiche siano spesso insufficienti a leggere l'individualità dei percorsi e delle scelte. Così avviene per la tecnica dell'acquarello: "L'artista la sceglie con il linguaggio e ne conosce anche i limiti e la storia. La rinnova negandola". Ecco i grandi formati, la loro fissità dimensionale. Ma a colpire è innanzitutto la loro genesi. Sono immagini raccolte fotograficamente in lunghi viaggi su lontane rotte, oppure dietro casa. Istantanee che vengono selezionate in studio e poi alcune diventano dei grandi lavori realizzati con la tecnica da lui preferita, l'acquarello appunto. Un lavoro a settimana - sottolinea ancora Dehò - con una regolarità certosina, maniacale: una vera e propria disciplina. Questa è forse una parola chiave, qualcosa che conduce a dichiarare un metodo, ad adottare una procedura di lavoro che è una filosofia dell'arte. Yvan Salomone mette insieme la manualità del fare, ma proprio nel senso della parola greca poiein, qualcosa che è distaccato dalla pura e semplice esecuzione materiale di qualcosa, che possiede regola, che ha qualcosa di monastico che riesce ad accompagnare le giornate, a scandirle di ordine e di libertà.
La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue edito dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, con saggi critici di Valerio Dehò e Thierry Davila.
In contemporanea giovedì 20 gennaio presso il Centre Culturel Francais di Milano inaugura la prima mostra personale in Italia di Aurélien Froment, dal titolo Forme della natura, forme della conoscenza, forme della bellezza, a cura di Andrea Viliani, direttore della Fondazione Galleria Civica - Centro di Ricerca sulla Contemporaneità di Trento.
L'esposizione, in corso fino al 16 marzo 2011, costituisce il quarto appuntamento del progetto Una certa idea della Francia, ideato e promosso dal direttore del Centre Olivier Descotes, che nell'arco di due anni coinvolge artisti francesi invitati da sei curatori italiani.
Aurélien Froment utilizza abitualmente molteplici media, dall'installazione alla fotografia, dalla scultura al video, per mettere in scena un universo che interroga il potere semantico delle immagini e il modo in cui esse si formano nel corso del tempo e nello spazio. Costruite attorno al principio della narrazione, le opere di Froment, che traggono la loro ispirazione dalla storia culturale e dalla memoria collettiva, dialogano tra di loro ponendo il visitatore in uno spazio-tempo aperto nel quale elementi di fiction e documentari si fondono.
Per ulteriori informazioni: www.culturemilan.com
Cinquanta acquerelli di grandi dimensioni raccontano i porti di Saint-Malo, Le Havre, Rotterdam, Shanghai, Dakar e altre città di mare. Questi vengono visti come luoghi dove finisce la città più che come spazi di apertura verso l'immenso acqueo. Il mare anzi è escluso da queste visioni anche se è presupposto e immaginabile, mai direttamente raccontato o mostrato. Sono luoghi situati "ovunque purché da nessuna parte", che rientrano più nel campo dell'immagine mentale che della descrizione topografica.
"Decidendo, undici anni fa, di dipingere ad acquerelli il soggetto del porto che aveva sotto gli occhi quotidianamente, Yvan Salomone raccoglieva - scrive Véronique Vauvrecy - due sfide: l'una, trasformare un luogo ordinario in paesaggio singolare; l'altra, attualizzare una tecnica desueta.
Il suo primo quadro, una serie di vagoni su una banchina indefinita, quella di una stazione o di un porto, era emblematico. Esso orientava immediatamente la sua ricerca verso l'idea di transito e, per estensione, quella d'impermanenza. Le zone portuali progressivamente integrate con le zone industriali sono così diventate le basi di questa esplorazione. Ambito e luoghi senza fondamenta, come le navi, in preda agli stessi pericoli e alle stesse turbolenze, questi oggetti sono talora fluttuanti, talora in naufragio, costruiti a partire da una pratica pittorica energica e puntuale, nella quale si affrontano l'acqua e il colore in modo non tradizionale.
Yvan Salomone si dedica infatti a dominare la tecnica e mascherare la tavolozza dell'acquerello affinché si carichi di nuovi significati. Il fenomeno della diluizione materializza l'ondeggiamento, il crollo, la dislocazione.
Il lavoro di Yvan Salomone - secondo Valerio Dehò - ha caratteristiche che lo collocano fuori degli schemi ricorrenti dell'opposizione tra pittura e arte concettuale, mostrando come le categorie critiche siano spesso insufficienti a leggere l'individualità dei percorsi e delle scelte. Così avviene per la tecnica dell'acquarello: "L'artista la sceglie con il linguaggio e ne conosce anche i limiti e la storia. La rinnova negandola". Ecco i grandi formati, la loro fissità dimensionale. Ma a colpire è innanzitutto la loro genesi. Sono immagini raccolte fotograficamente in lunghi viaggi su lontane rotte, oppure dietro casa. Istantanee che vengono selezionate in studio e poi alcune diventano dei grandi lavori realizzati con la tecnica da lui preferita, l'acquarello appunto. Un lavoro a settimana - sottolinea ancora Dehò - con una regolarità certosina, maniacale: una vera e propria disciplina. Questa è forse una parola chiave, qualcosa che conduce a dichiarare un metodo, ad adottare una procedura di lavoro che è una filosofia dell'arte. Yvan Salomone mette insieme la manualità del fare, ma proprio nel senso della parola greca poiein, qualcosa che è distaccato dalla pura e semplice esecuzione materiale di qualcosa, che possiede regola, che ha qualcosa di monastico che riesce ad accompagnare le giornate, a scandirle di ordine e di libertà.
La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue edito dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, con saggi critici di Valerio Dehò e Thierry Davila.
In contemporanea giovedì 20 gennaio presso il Centre Culturel Francais di Milano inaugura la prima mostra personale in Italia di Aurélien Froment, dal titolo Forme della natura, forme della conoscenza, forme della bellezza, a cura di Andrea Viliani, direttore della Fondazione Galleria Civica - Centro di Ricerca sulla Contemporaneità di Trento.
L'esposizione, in corso fino al 16 marzo 2011, costituisce il quarto appuntamento del progetto Una certa idea della Francia, ideato e promosso dal direttore del Centre Olivier Descotes, che nell'arco di due anni coinvolge artisti francesi invitati da sei curatori italiani.
Aurélien Froment utilizza abitualmente molteplici media, dall'installazione alla fotografia, dalla scultura al video, per mettere in scena un universo che interroga il potere semantico delle immagini e il modo in cui esse si formano nel corso del tempo e nello spazio. Costruite attorno al principio della narrazione, le opere di Froment, che traggono la loro ispirazione dalla storia culturale e dalla memoria collettiva, dialogano tra di loro ponendo il visitatore in uno spazio-tempo aperto nel quale elementi di fiction e documentari si fondono.
Per ulteriori informazioni: www.culturemilan.com
25
gennaio 2011
Yvan Salomone – Rear View Mirror
Dal 25 gennaio al 16 marzo 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA GRUPPO CREDITO VALTELLINESE
Milano, Corso Magenta, 59, (Milano)
Milano, Corso Magenta, 59, (Milano)
Biglietti
4,00 intero
gratuito per bambini fino a 10 anni compiuti, un accompagnatore per gruppo, due insegnanti accompagnatori per classe, giornalisti e guide turistiche con tesserino, disabili e accompagnatore, correntisti del Gruppo bancario Credito Valtellinese
Orario di apertura
da martedì a domenica 10 - 18 chiuso il lunedì
Vernissage
25 Gennaio 2011, ore 18.30
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Autore