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Zhang Dali – Il sogno proibito della nuova Cina
La nuova sede della Provincia di Torino, in corso Inghilterra, ospita un’esposizione di sette opere straordinarie di Zhang Dali, scelte direttamente nello studio dell’artista a Pechino, con una ricca sezione documentaria che offre un osservatorio privilegiato non solo per ricostruire il percorso espressivo di questo grande artista, ma anche per comprendere la radicale trasformazione in atto nella Repubblica Popolare Cinese.
Comunicato stampa
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La nuova sede della Provincia di Torino, in corso Inghilterra, ospita a partire dal 3 novembre un’esposizione di sette opere straordinarie di Zhang Dali, scelte direttamente nello studio dell’artista a Pechino, con una ricca sezione documentaria che offre un osservatorio privilegiato non solo per ricostruire il percorso espressivo di questo grande artista, ma anche per comprendere la radicale trasformazione in atto nella Repubblica Popolare Cinese.
Zhang Dali (Harbin, 1963) è uno degli artisti cinesi più accreditati, anche sulla scena internazionale. Il suo messaggio, di coraggiosa critica sociale, si esprime nel linguaggio della scultura, della fotografia e della pittura.
Dopo la laurea alla prestigiosa Accademia Centrale di Belle Arti e Design, inizia la sua carriera con una mostra a Pechino nel 1987, divenendo uno degli esponenti più importanti del gruppo di artisti che vivono nei pressi dello Yuanminyuan.
Nel 1989, dopo la strage di Piazza Tiananmen, si stabilisce a Bologna, dove vive per sei anni. Nel 1995, ritorna a Pechino e inizia il progetto, tra performance e fotografia, Dialogue and Demolition (1995-2005).In lunghe sortite notturne, l’artista traccia, con una bomboletta spray, il profilo caricaturale della sua testa. Questo profilo viene ripetuto identico, migliaia di volte, sulle mura degli hutong, i vicoli degli storici quartieri di Pechino, che il piano urbanistico della nuova metropoli ha condannato alla demolizione. Zhang Dali firma i suoi graffiti AK-47 e 18K: le sigle rispettivamente del Kalashnikov e dell’oro, simboli della violenza e del potere economico, condannati come timoni più o meno occulti del destino di tutti. Di giorno, ritorna sugli stessi luoghi e fotografa le sue opere. Queste fotografie, presenti in mostra con alcuni degli scatti più celebrati, costituiscono ora un’eccezionale mappa della memoria storica di Pechino, dei luoghi e delle persone che li abitavano e che ora sono stati sradicati dal loro passato e dallo loro identità.
Nel 2000 inizia il progetto AK-47. Partendo da minuscole fototessera, raccolte nei mercati delle pulci, dipinge grandi ritratti interamente ricoperti dalla sigla AK-47, riprodotta in varie sfumature di colore. A partire dal 2007, la sigla del Kalashnikov viene sostituita, come accade nel grande ritratto in mostra, dai caratteri degli slogan di propaganda politica invitanti al decoro e all’educazione civica. Slogan che oggi appaiono in ogni angolo delle città e delle campagne cinesi.
A partire dal 2003 prende forma il ciclo Chinese Offspring, esposto per la prima volta a Londra, con grande successo, alla Saatchi Gallery. La sconvolgente crescita edilizia delle città cinesi si nutre del sacrificio di milioni di contadini migrati nelle città, dove vivono in condizioni di disperato degrado. Zhang Dali esegue dei calchi dei loro corpi, con una tecnica che viene mostrata in un video, riproposto in mostra, girato nel 2005 dalla televisione tedesca ARD. Le sculture in resina, derivanti da questi calchi, vengono poi siglate con il titolo, la data, un numero progressivo e la firma dell’artista. Un procedimento ambiguo che è sia autentificazione dell’opera d’arte, sia denuncia della condizione di questi contadini migranti, ridotti a cosa numerabile, simbolo dolente di una umanità priva ormai di ogni dignità. I corpi sono poi appesi a testa in giù: immagine efficace dell’impossibilità di questi uomini e donne di modificare il proprio destino.
Chiude la rassegna una scultura monumentale, potentemente evocativa, che rappresenta il volto di un uomo che sta per inghiottire o sputare un asino: Man and beast. L’eterna lotta tra uomo e animale diventa saga dell’uomo in lotta con se stesso. Incapace di accettare quella parte di sé che è ostinazione, ignoranza, povertà mentale, ma anche bellezza e verità dell’istinto, naturalità dell’essere.
Completa la mostra una ricca sezione documentaria, che offre una dettagliata ricostruzione della poliedrica produzione artistica di Zhang Dali.
Zhang Dali (Harbin, 1963) è uno degli artisti cinesi più accreditati, anche sulla scena internazionale. Il suo messaggio, di coraggiosa critica sociale, si esprime nel linguaggio della scultura, della fotografia e della pittura.
Dopo la laurea alla prestigiosa Accademia Centrale di Belle Arti e Design, inizia la sua carriera con una mostra a Pechino nel 1987, divenendo uno degli esponenti più importanti del gruppo di artisti che vivono nei pressi dello Yuanminyuan.
Nel 1989, dopo la strage di Piazza Tiananmen, si stabilisce a Bologna, dove vive per sei anni. Nel 1995, ritorna a Pechino e inizia il progetto, tra performance e fotografia, Dialogue and Demolition (1995-2005).In lunghe sortite notturne, l’artista traccia, con una bomboletta spray, il profilo caricaturale della sua testa. Questo profilo viene ripetuto identico, migliaia di volte, sulle mura degli hutong, i vicoli degli storici quartieri di Pechino, che il piano urbanistico della nuova metropoli ha condannato alla demolizione. Zhang Dali firma i suoi graffiti AK-47 e 18K: le sigle rispettivamente del Kalashnikov e dell’oro, simboli della violenza e del potere economico, condannati come timoni più o meno occulti del destino di tutti. Di giorno, ritorna sugli stessi luoghi e fotografa le sue opere. Queste fotografie, presenti in mostra con alcuni degli scatti più celebrati, costituiscono ora un’eccezionale mappa della memoria storica di Pechino, dei luoghi e delle persone che li abitavano e che ora sono stati sradicati dal loro passato e dallo loro identità.
Nel 2000 inizia il progetto AK-47. Partendo da minuscole fototessera, raccolte nei mercati delle pulci, dipinge grandi ritratti interamente ricoperti dalla sigla AK-47, riprodotta in varie sfumature di colore. A partire dal 2007, la sigla del Kalashnikov viene sostituita, come accade nel grande ritratto in mostra, dai caratteri degli slogan di propaganda politica invitanti al decoro e all’educazione civica. Slogan che oggi appaiono in ogni angolo delle città e delle campagne cinesi.
A partire dal 2003 prende forma il ciclo Chinese Offspring, esposto per la prima volta a Londra, con grande successo, alla Saatchi Gallery. La sconvolgente crescita edilizia delle città cinesi si nutre del sacrificio di milioni di contadini migrati nelle città, dove vivono in condizioni di disperato degrado. Zhang Dali esegue dei calchi dei loro corpi, con una tecnica che viene mostrata in un video, riproposto in mostra, girato nel 2005 dalla televisione tedesca ARD. Le sculture in resina, derivanti da questi calchi, vengono poi siglate con il titolo, la data, un numero progressivo e la firma dell’artista. Un procedimento ambiguo che è sia autentificazione dell’opera d’arte, sia denuncia della condizione di questi contadini migranti, ridotti a cosa numerabile, simbolo dolente di una umanità priva ormai di ogni dignità. I corpi sono poi appesi a testa in giù: immagine efficace dell’impossibilità di questi uomini e donne di modificare il proprio destino.
Chiude la rassegna una scultura monumentale, potentemente evocativa, che rappresenta il volto di un uomo che sta per inghiottire o sputare un asino: Man and beast. L’eterna lotta tra uomo e animale diventa saga dell’uomo in lotta con se stesso. Incapace di accettare quella parte di sé che è ostinazione, ignoranza, povertà mentale, ma anche bellezza e verità dell’istinto, naturalità dell’essere.
Completa la mostra una ricca sezione documentaria, che offre una dettagliata ricostruzione della poliedrica produzione artistica di Zhang Dali.
03
novembre 2009
Zhang Dali – Il sogno proibito della nuova Cina
Dal 03 novembre al 03 dicembre 2009
fotografia
Location
PROVINCIA DI TORINO
Torino, Corso Inghilterra, 7/9, (Torino)
Torino, Corso Inghilterra, 7/9, (Torino)
Orario di apertura
Lunedì - Venerdì 16.00-18.00
o su richiesta
Vernissage
3 Novembre 2009, ore 18
Autore
Curatore