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Zipped Worlds
Allo Studio Tommaseo di Trieste si inaugura sabato 5 settembre alle ore 19 la mostra fotografica che, seguendo alle esposizioni di Lubiana e di Vienna, conclude il progetto Zipped Worlds e raccoglie una selezione di opere di 12 artisti internazionali.
Comunicato stampa
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Zipped Worlds è un progetto biennale italo-sloveno realizzato da Trieste Contemporanea in partenariato con il Photon – Centre for Contemporary Photography di Lubiana in cui i curatori esplorano alcuni nuovi concetti di pubblico e privato che vengono veicolati attraverso l'uso attuale delle immagini fotografiche.
A Trieste, nell’anno del ventennale di Trieste Contemporanea (1995-2015), i curatori Giuliana Carbi e Dejan Sluga affrontano il mescolarsi di privato e di pubblico messo in campo dalle immagini degli artisti Breda Beban, Dario Belić, Emma Ciceri, Fabrizio Giraldi, G.R.A.M., Borut Krajnc, Paula Muhr, Adrian Paci, Eva Petrič & Laurent Ziegler e Metka Zupanič.
A tema è il cosiddetto “spazio pubblico” – nozione che è molto cambiata solo di recente – con il quale "la fotografia si relaziona per presenza fisica diretta, attraverso i media digitali e soprattutto tramite l'idea che tutto ciò che ci circonda è costantemente in fase di registrazione. La fotografia è di fatto il mezzo visivo presente in modo più ubiquo nel contesto urbano odierno. All'interno di questo ampio spettro, troviamo nello spazio pubblico (esterni e interni urbani) sia forme tradizionali di immagini fotografiche, sia immagini digitali che popolano l'onnipresente rete di telecamere di sorveglianza che registrano non-stop. Noi siamo la popolazione più fotografata e registrata al mondo. Sistemi TVCC, Google Street View, sistemi di sicurezza, sistemi satellitari e altre telecamere seguono ogni passo che facciamo, il che significa che siamo anche la popolazione più controllata visivamente di tutti i tempi... Inoltre la maggior parte di noi ha dispositivi di telefonia mobile e fotocamere digitali: paradossalmente insistiamo sul nostro diritto alla privacy e allo stesso tempo facciamo snap-shooting di tutto ciò che vediamo. Da una parte, vi è il desiderio di catturare frammenti di vita quotidiana in immagini e, d'altra parte, vi è sempre maggiore inclinazione a censurare ed esercitare controllo sulle medesime immagini." (Dejan Sluga, dal catalogo della mostra)
Quando BREDA BEBAN – artista della ex-Jugoslavia che il pubblico triestino ha avuto già modo di amare grazie a Trieste Contemporanea – nella serie "Airport Chapels" (2003), si aggira per gli aeroporti, esempi emblematici di “non luoghi” che per definizione non contemplano la sfera privata … cosa succede, quale bipolarità viene innescata, se riprende le cappelle per raccogliersi in preghiera? Pregare è forse l’unico atto privatissimo che si compie pubblicamente assieme ad una collettività che condivide il proprio intimo sentire…
Nel suo lavoro "Where is the Beginning of Our Private Space?" DARIO BELIĆ, fotografo freelance di Zagabria, utilizza immagini di telecamere non protette, facilmente rintracciabili attraverso il loro indirizzo IP. Entra così nella privacy di persone sconosciute che spesso non sono consapevoli del fatto che i filmati in tempo reale delle telecamere di sorveglianza sono disponibili su internet.
L’artista bergamasca EMMA CICERI, indagando il fenomeno della stabilità/instabilità delle relazioni tra individui che si genera all’interno di una folla, nel lavoro video "Anatomia - Folle" (2013) ci procura una potente immersione nel non tempo analizzando da YouTube esempi di crowd surfing (l’ondeggiare dei giovani alzati sopra alle teste degli astanti ad un concerto rock).
Un aspetto della sfera privata che in qualche modo si colloca all’opposto di quanto mostratoci da Breda Beban è proposto dal fotografo triestino FABRIZIO GIRALDI che in "The Rules of the Game" (2014) osserva la compulsione e l’isolamento consumato in pubblico dai giocatori d’azzardo alle slot machine.
Con la serie di immagini "Paparazzi", che abbracciano più di un decennio di lavoro, il duo di artisti austriaci G.R.A.M. si avventura invece in zone grigie, tra l’apparenza e la realtà. Mescolando le immagini dei divi dello star system con le proprie fotografie, fornisce una originale versione della "fine della privacy", tema che ha oggi grande attenzione da parte dei media.
BORUT KRAJNC, fotogiornalista sloveno abituato a riflettere sulle contraddizioni delle situazioni micro ambientali per seguire le tracce delle transizioni e delle lotte per il predominio nel mercato globale, nel progetto processuale "Emptiness" documenta i rari momenti in cui i grandi cartelloni pubblicitari sono vuoti.
Le immagini di una società in transizione raccolte nelle strade di varie città balcaniche in "On Show" da PAULA MUHR, artista e fotografa serba residente a Berlino, registrano vetrine di negozi, ingressi di punti vendita tradizionali, espositori di chioschi che di fatto sono resti di un'epoca inattuale dove permane una strana sovrapposizione di pubblico e privato. Gli oggetti esposti sono quasi sempre comicamente fuori luogo – i vasi con piante sono onnipresenti e spesso sono in vetrina oggetti che hanno un valore puramente personale per i proprietari.
"One and Twenty-four Chairs" (2012), opera video di ADRIAN PACI, iniziando da quello che potrebbe sembrare un evento non degno di troppa considerazione della vita quotidiana di un individuo (trasportare una sedia per andare a sedersi un po’ in piazza e socializzare…), come tutto il lavoro di questo grande artista albanese, si caratterizza per la leggerezza e la discrezione dello sguardo. L’azione artistica trasforma un elemento assolutamente minimo in elemento primario, moltiplicatore di senso e di emozioni, sulla complessa bellezza della vita.
"Flaktowers", di EVA PETRIČ, artista slovena che vive tra Vienna e Lubiana, e LAURENT ZIEGLER, fotografo freelance viennese, sono vedute fotografiche a volo d’uccello di Vienna, grandi abbastanza da mostrare ben sei ex torri di artiglieria antiaerea situate nella capitale austriaca. Queste torri sono state convertite a un riuso pubblico, che apparentemente sembra funzionare… Tuttavia sono resti visivi, fortissimi nel paesaggio urbano, che ancor oggi materializzano fisicamente, non solo per i testimoni, le cicatrici personali che la storia ha inflitto alla popolazione.
Il progetto "Everyday/Way" dell’artista e curatrice slovena METKA ZUPANIČ è l’attualizzazione del cosiddetto voyeurismo di tutti i giorni che ha l'obiettivo di far emergere dubbi sulla ridotta o nulla capacità odierna dell’uomo di creare la realtà. Il progetto tratta alcuni aspetti dell'uso delle tecnologie di identificazione e sorveglianza che sono accessibili oggi sul mercato. Il punto interrogativo dell’artista, quanto a gestione delle informazioni personali, non è sulla supervisione della sicurezza, ma sulle implicazioni di una supervisione psicologica.
A Trieste, nell’anno del ventennale di Trieste Contemporanea (1995-2015), i curatori Giuliana Carbi e Dejan Sluga affrontano il mescolarsi di privato e di pubblico messo in campo dalle immagini degli artisti Breda Beban, Dario Belić, Emma Ciceri, Fabrizio Giraldi, G.R.A.M., Borut Krajnc, Paula Muhr, Adrian Paci, Eva Petrič & Laurent Ziegler e Metka Zupanič.
A tema è il cosiddetto “spazio pubblico” – nozione che è molto cambiata solo di recente – con il quale "la fotografia si relaziona per presenza fisica diretta, attraverso i media digitali e soprattutto tramite l'idea che tutto ciò che ci circonda è costantemente in fase di registrazione. La fotografia è di fatto il mezzo visivo presente in modo più ubiquo nel contesto urbano odierno. All'interno di questo ampio spettro, troviamo nello spazio pubblico (esterni e interni urbani) sia forme tradizionali di immagini fotografiche, sia immagini digitali che popolano l'onnipresente rete di telecamere di sorveglianza che registrano non-stop. Noi siamo la popolazione più fotografata e registrata al mondo. Sistemi TVCC, Google Street View, sistemi di sicurezza, sistemi satellitari e altre telecamere seguono ogni passo che facciamo, il che significa che siamo anche la popolazione più controllata visivamente di tutti i tempi... Inoltre la maggior parte di noi ha dispositivi di telefonia mobile e fotocamere digitali: paradossalmente insistiamo sul nostro diritto alla privacy e allo stesso tempo facciamo snap-shooting di tutto ciò che vediamo. Da una parte, vi è il desiderio di catturare frammenti di vita quotidiana in immagini e, d'altra parte, vi è sempre maggiore inclinazione a censurare ed esercitare controllo sulle medesime immagini." (Dejan Sluga, dal catalogo della mostra)
Quando BREDA BEBAN – artista della ex-Jugoslavia che il pubblico triestino ha avuto già modo di amare grazie a Trieste Contemporanea – nella serie "Airport Chapels" (2003), si aggira per gli aeroporti, esempi emblematici di “non luoghi” che per definizione non contemplano la sfera privata … cosa succede, quale bipolarità viene innescata, se riprende le cappelle per raccogliersi in preghiera? Pregare è forse l’unico atto privatissimo che si compie pubblicamente assieme ad una collettività che condivide il proprio intimo sentire…
Nel suo lavoro "Where is the Beginning of Our Private Space?" DARIO BELIĆ, fotografo freelance di Zagabria, utilizza immagini di telecamere non protette, facilmente rintracciabili attraverso il loro indirizzo IP. Entra così nella privacy di persone sconosciute che spesso non sono consapevoli del fatto che i filmati in tempo reale delle telecamere di sorveglianza sono disponibili su internet.
L’artista bergamasca EMMA CICERI, indagando il fenomeno della stabilità/instabilità delle relazioni tra individui che si genera all’interno di una folla, nel lavoro video "Anatomia - Folle" (2013) ci procura una potente immersione nel non tempo analizzando da YouTube esempi di crowd surfing (l’ondeggiare dei giovani alzati sopra alle teste degli astanti ad un concerto rock).
Un aspetto della sfera privata che in qualche modo si colloca all’opposto di quanto mostratoci da Breda Beban è proposto dal fotografo triestino FABRIZIO GIRALDI che in "The Rules of the Game" (2014) osserva la compulsione e l’isolamento consumato in pubblico dai giocatori d’azzardo alle slot machine.
Con la serie di immagini "Paparazzi", che abbracciano più di un decennio di lavoro, il duo di artisti austriaci G.R.A.M. si avventura invece in zone grigie, tra l’apparenza e la realtà. Mescolando le immagini dei divi dello star system con le proprie fotografie, fornisce una originale versione della "fine della privacy", tema che ha oggi grande attenzione da parte dei media.
BORUT KRAJNC, fotogiornalista sloveno abituato a riflettere sulle contraddizioni delle situazioni micro ambientali per seguire le tracce delle transizioni e delle lotte per il predominio nel mercato globale, nel progetto processuale "Emptiness" documenta i rari momenti in cui i grandi cartelloni pubblicitari sono vuoti.
Le immagini di una società in transizione raccolte nelle strade di varie città balcaniche in "On Show" da PAULA MUHR, artista e fotografa serba residente a Berlino, registrano vetrine di negozi, ingressi di punti vendita tradizionali, espositori di chioschi che di fatto sono resti di un'epoca inattuale dove permane una strana sovrapposizione di pubblico e privato. Gli oggetti esposti sono quasi sempre comicamente fuori luogo – i vasi con piante sono onnipresenti e spesso sono in vetrina oggetti che hanno un valore puramente personale per i proprietari.
"One and Twenty-four Chairs" (2012), opera video di ADRIAN PACI, iniziando da quello che potrebbe sembrare un evento non degno di troppa considerazione della vita quotidiana di un individuo (trasportare una sedia per andare a sedersi un po’ in piazza e socializzare…), come tutto il lavoro di questo grande artista albanese, si caratterizza per la leggerezza e la discrezione dello sguardo. L’azione artistica trasforma un elemento assolutamente minimo in elemento primario, moltiplicatore di senso e di emozioni, sulla complessa bellezza della vita.
"Flaktowers", di EVA PETRIČ, artista slovena che vive tra Vienna e Lubiana, e LAURENT ZIEGLER, fotografo freelance viennese, sono vedute fotografiche a volo d’uccello di Vienna, grandi abbastanza da mostrare ben sei ex torri di artiglieria antiaerea situate nella capitale austriaca. Queste torri sono state convertite a un riuso pubblico, che apparentemente sembra funzionare… Tuttavia sono resti visivi, fortissimi nel paesaggio urbano, che ancor oggi materializzano fisicamente, non solo per i testimoni, le cicatrici personali che la storia ha inflitto alla popolazione.
Il progetto "Everyday/Way" dell’artista e curatrice slovena METKA ZUPANIČ è l’attualizzazione del cosiddetto voyeurismo di tutti i giorni che ha l'obiettivo di far emergere dubbi sulla ridotta o nulla capacità odierna dell’uomo di creare la realtà. Il progetto tratta alcuni aspetti dell'uso delle tecnologie di identificazione e sorveglianza che sono accessibili oggi sul mercato. Il punto interrogativo dell’artista, quanto a gestione delle informazioni personali, non è sulla supervisione della sicurezza, ma sulle implicazioni di una supervisione psicologica.
05
settembre 2015
Zipped Worlds
Dal 05 settembre al 04 novembre 2015
fotografia
Location
STUDIO TOMMASEO
Trieste, Via Del Monte, 2/1, (Trieste)
Trieste, Via Del Monte, 2/1, (Trieste)
Orario di apertura
lunedì - sabato 17 - 20
Vernissage
5 Settembre 2015, 19.00
Autore
Curatore