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Zvest Apollonio
La collaudata ambivalenza del figurale e dell’astratto nella “stregoneria”,come potremo con ragione definire la pittura di Zvest Apollonio…
Comunicato stampa
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La collaudata ambivalenza del figurale e dell’astratto nella “stregoneria”, come potremo con ragione definire la pittura di Zvest Apollonio, si presenta molto esplicitamente nella mostra che abbiamo davanti a noi. Questa “magia” e “strigoneria”, come si dice in Istria, da maestri, ci pone di fronte le storie dei protagonisti che nei quadri si manifestano come figure conosciute.
Tali “stregonerie” si esprimono però anche nelle sensazioni, nella illusione visibile dello spazio, nell’atmosfera…“stregoneria” è la luce imprigionata, è la linea, “stregoneria” è il racconto… “stregoneria” è dipingere con sensibilità. “Stregoneria” è quando il quadro freme sotto le mani del pittore…
Zvest Apollonio è per davvero un maestro nel proprio lavoro, una sorta di “alchimista”, uno “stregone”, che trasmette le proprie sensazioni per mezzo del proprio sapere sullo spettatore. Il colorismo, perfezionato nell’arco di quasi mezzo secolo in innumerevoli varianti, è completato. Vive come una significativa costante del lavoro di Apollonio, sostiene il campo astratto del paesaggio sulla tela e in forma percettibile racchiude le scene figurali delle immagini narrative. I colori di questo artista, nelle vedute, nei paesaggi dei lavori proposti in mostra come un ciclo definito, sono rivolti verso toni freschi di un azzurro marino intenso, con un utilizzo deciso del bianco, nel quale affondano virtuosamente il blu, il viola, il rosso, il giallo, l’arancione. L’intensità di un colorismo acceso, nel quale risplendono con i colori giallo - rossi alcuni altri cicli dell’autore, è qui alquanto contenuta, e pur tuttavia l’esuberanza dell’accentuato cromatismo è sufficientemente ricercata da far scoprire nelle pennellate la grande esperienza di Apollonio nella sfera del colore.
Nelle immagini di figure che fissano il tema di questa mostra, il pittore si concede una maniera di esecuzione più trasparente, più tenue, evidenziata con la figura sul supporto aperto. La figura è sempre peculiare: il prodotto di una moltitudine di superfici colorate che si ampliano in linee sottili fino a disegnare una rete seguendo la gestualità
dell’artista, che crea la proprie immagini a somiglianza di un uomo, una donna, un animale.
Siamo propensi ad affermare che le immagini realizzate con la tecnica dell’acrilico siano recuperate dall’espressività grafica dell’autore. Ciò sta a significare che si tratta di un modello figurativo impostato dall’artista già alcuni decenni or sono, ma che si ripresenta in sempre nuove varianti nel suo lavoro. Il ciclo artistico più recente contraddistinto dal “segno del toro”, che abbiamo davanti, rappresenta un intervento inedito dell’autore nell’immagine.
Nel concreto la figura dell’artista, il quale anche ai margini dell’astrattismo rimane sempre “fedele” al materiale, è realizzata in maniera da stimolare la fantasia, quando mette assieme scene che si trasfondono nel tempo e nello spazio. Come se l’iconografia e la narrazione si intrecciassero con l’esecuzione, frutto di una “stregoneria”. Il tipico cerchio composto da linee inviluppate, una sorta di rotolo di linee che supporta le forme antropomorfe e di animali, che nel medesimo tempo viene a caratterizzarle con un’estetica specifica.
E l’estetica è qui forma, che si basa nella segreta scoperta del carattere dell’Istria. L’Istria è il mondo di cui l’autore, nella sua maturità, è sempre più conscio, al quale si abbandona e nel quale si riflette. L’Istria, la parte più settentrionale del Mediterraneo, uno spazio particolare di pietre e terra. Un ambiente saturo di contenuti storici, di passaggi di potenti, di intrecci di spiritualità e naturalezza. Solare e ventosa come il Mediterraneo, l’istrianità sa tuttavia essere nel proprio intimo chiusa e dura. Per sapere che cos’è l’Istria è necessario vivere con l’Istria.
Nel campo delle presentate immagini, che nei contenuti si collegano con le “leggendarie” vicende di Bepo Boškin, un personaggio di villaggio, si apre “il quadro dell’Istria di Apollonio”. Potremo affermare che il lavoro di Apollonio porta la tradizione dell’Istria in movimento, nel gesto del suo pennello, come se quasi ogni suo guizzo fosse intriso dall’originalità istriana.
Indubbiamente Zvest Apollonio è un artista poderoso, il cui lavoro rappresenta nello spazio ristretto dell’Istria slovena un contributo molto importante di crescita culturale.
In definitiva potremmo affermare che, a seguito della sua vasta popolarità, il suo nome in questi luoghi sta per sinonimo di artista.
L’arte di Apollonio si è plasmata quattro decenni or sono quando, conclusi gli studi di specializzazione al corso del prof. Gabrijel Stupica, ha abbandonato l’influenza iniziale del grande maestro per introdurre un proprio stile caratterizzante – la maniera stilistica, che arricchita dalla maturità riconosciamo ancor oggi. Nel passare in rassegna la sua carriera crediamo che siano stati gli anni Sessanta a portare dei lavori con i quali Apollonio raggiunge la completezza formale e iconografica, mentre gli anni Settanta sono stati maggiormente rivolti alla sperimentazione formale e tecnica nel campo della grafica. Gli anni Ottanta rappresentato invece un ritorno alla pittura, nella quale predomina la specifica tessitura linea – colore, e gli anni Novanta sono il periodo del colorismo pittorico. Il nuovo millennio si apre al gioco virtuoso, nel quale l’artista non distingue tra grafica o tela, astratto o figurale, colore o gestualità, tutto quanto è una storia, è narrazione. Il suo operato è oggi solamente un gioco, il gioco dei ricordi, il gioco dei comportamenti e delle esperienze, il gioco degli intrecci. La poetica di Apollonio si satura più di quanto non sia il gioco dell’artista sull’immagine. E nel piacere della propria esternazione il suo percorso artistico si rivolge sempre più alle origini, all’ambiente a cui appartiene. A quell’ambiente che lo ispira e che ne determina il carattere, nella luce e nello spazio che lo ha originato – l’Istria - rappresenta il suo ego umano e artistico, la sua Anima. L’Istria è quel possente e inconscio motore interiore della creatività artistica di Apollonio.
Dejan Mehmedovič
AUTOBIOGRAFIA
Sono convinto che il tempo e il luogo della mia nascita (15 maggio 1935, Bertocchi presso Capodistria) non rappresentino una semplice casualità, ma siano invece due fattori importanti, che hanno influito in maniera determinante sulla mia vita, a partire dall’infanzia. Sono nato sotto il segno del toro, questo mitica e al tempo stesso terrena figura di animale, pregna di forza vitale, di tragica bonarietà, ingenuità, assieme alla ferrea tenacia e l’irrefrenabile desiderio del bello, buono e piacevole. Se questo fatto ha caratterizzato il mio temperamento, l’altro ha segnato il percorso della mia vita. Sono nato in un luogo e in un periodo ai quali la storia non ha concesso ne pietà ne gloria, ma solo la crudele realtà del quotidiano, tra il mare e i villaggi dei piccoli, oserei dire poveri contadini, che vivono dei prodotti della vite e dell’olivo. Da qui, dove è situata la casa dei miei antenati, fino al mare, è un tiro di schioppo. Da bambini giocavamo nella laguna, catturavamo granchi, pesci, anguille, raccoglievamo conchiglie. Dal villaggio si srotola una strada polverosa fino alla chiesa parrocchiale e il cimitero, dove riposano mio padre morto prematuramente, i miei due fratelli e mia madre Antonia, che è sopravvissuta a tutte le guerre e a tutti gli stati succedutisi in questi luoghi nel secolo precedente. È morta quando aveva novantaquattro anni ed a lei sarò sempre riconoscente per il fatto che le mie strade mi abbiano sempre ricondotto a casa. Due sorelle partite per luoghi lontani fanno anch’esse, come me, sempre ritorno a casa.
Con mio padre parlavo italiano, con la madre sloveno. Il bilinguismo in questi luoghi è nel sangue. Ciò mi ha aiutato ad imparare con maggior facilità le lingue straniere al ginnasio di Capodistria. La nostra lingua preferita era il francese. Il professor Martinc ci premiò con un viaggio a Parigi effettuato nel 1955. Non solamente il Louvre e Versailles, ma anche il Moulin Rouge e il Crazy Horse erano le tappe della nostra curiosità. Quanto sono rientrato da quel viaggio ho trovato a casa una lettera che mi ha reso felice. Mi informavano che ero stato accettato quale allievo dell’Accademia di Belle Arti di Lubiana. Sono stato un allievo modello di maestri quali Stupica, Smerdu, Pregelj, Jakac… ultimando nel 1964 la specializzazione al corso di pittura.
Ero nuovamente a casa. Ho messo da parte il fardello dello studente e mi sono buttato nella ricerca di me stesso. Dieci anni più tardi ero diventato docente presso l’Accademia di Belle Arti di Lubiana, dove ho introdotto lo studio della serigrafia. Per i miei lavori ho ottenuto i prestigiosi premi del Fondo Prešeren (1972) e il Premio Rihard Jakopič (1984). Ma il premio che mi sta più a cuore è ancor sempre il primo premio ottenuto nel 1959 a Belgrado alla rassegna jugoslava “La creatività artistica dei giovani”. Un anno prima, infatti, durante un soggiorno in Provenza ho assistito ad Arles a delle vere corride, alle quali prese parte come spettatore anche Picasso, riscuotendo le ovazioni del pubblico. “Ole, ole!” e la grafica era fatta. Ero il toro più felice del mondo.
Zvest Apollonio
Tali “stregonerie” si esprimono però anche nelle sensazioni, nella illusione visibile dello spazio, nell’atmosfera…“stregoneria” è la luce imprigionata, è la linea, “stregoneria” è il racconto… “stregoneria” è dipingere con sensibilità. “Stregoneria” è quando il quadro freme sotto le mani del pittore…
Zvest Apollonio è per davvero un maestro nel proprio lavoro, una sorta di “alchimista”, uno “stregone”, che trasmette le proprie sensazioni per mezzo del proprio sapere sullo spettatore. Il colorismo, perfezionato nell’arco di quasi mezzo secolo in innumerevoli varianti, è completato. Vive come una significativa costante del lavoro di Apollonio, sostiene il campo astratto del paesaggio sulla tela e in forma percettibile racchiude le scene figurali delle immagini narrative. I colori di questo artista, nelle vedute, nei paesaggi dei lavori proposti in mostra come un ciclo definito, sono rivolti verso toni freschi di un azzurro marino intenso, con un utilizzo deciso del bianco, nel quale affondano virtuosamente il blu, il viola, il rosso, il giallo, l’arancione. L’intensità di un colorismo acceso, nel quale risplendono con i colori giallo - rossi alcuni altri cicli dell’autore, è qui alquanto contenuta, e pur tuttavia l’esuberanza dell’accentuato cromatismo è sufficientemente ricercata da far scoprire nelle pennellate la grande esperienza di Apollonio nella sfera del colore.
Nelle immagini di figure che fissano il tema di questa mostra, il pittore si concede una maniera di esecuzione più trasparente, più tenue, evidenziata con la figura sul supporto aperto. La figura è sempre peculiare: il prodotto di una moltitudine di superfici colorate che si ampliano in linee sottili fino a disegnare una rete seguendo la gestualità
dell’artista, che crea la proprie immagini a somiglianza di un uomo, una donna, un animale.
Siamo propensi ad affermare che le immagini realizzate con la tecnica dell’acrilico siano recuperate dall’espressività grafica dell’autore. Ciò sta a significare che si tratta di un modello figurativo impostato dall’artista già alcuni decenni or sono, ma che si ripresenta in sempre nuove varianti nel suo lavoro. Il ciclo artistico più recente contraddistinto dal “segno del toro”, che abbiamo davanti, rappresenta un intervento inedito dell’autore nell’immagine.
Nel concreto la figura dell’artista, il quale anche ai margini dell’astrattismo rimane sempre “fedele” al materiale, è realizzata in maniera da stimolare la fantasia, quando mette assieme scene che si trasfondono nel tempo e nello spazio. Come se l’iconografia e la narrazione si intrecciassero con l’esecuzione, frutto di una “stregoneria”. Il tipico cerchio composto da linee inviluppate, una sorta di rotolo di linee che supporta le forme antropomorfe e di animali, che nel medesimo tempo viene a caratterizzarle con un’estetica specifica.
E l’estetica è qui forma, che si basa nella segreta scoperta del carattere dell’Istria. L’Istria è il mondo di cui l’autore, nella sua maturità, è sempre più conscio, al quale si abbandona e nel quale si riflette. L’Istria, la parte più settentrionale del Mediterraneo, uno spazio particolare di pietre e terra. Un ambiente saturo di contenuti storici, di passaggi di potenti, di intrecci di spiritualità e naturalezza. Solare e ventosa come il Mediterraneo, l’istrianità sa tuttavia essere nel proprio intimo chiusa e dura. Per sapere che cos’è l’Istria è necessario vivere con l’Istria.
Nel campo delle presentate immagini, che nei contenuti si collegano con le “leggendarie” vicende di Bepo Boškin, un personaggio di villaggio, si apre “il quadro dell’Istria di Apollonio”. Potremo affermare che il lavoro di Apollonio porta la tradizione dell’Istria in movimento, nel gesto del suo pennello, come se quasi ogni suo guizzo fosse intriso dall’originalità istriana.
Indubbiamente Zvest Apollonio è un artista poderoso, il cui lavoro rappresenta nello spazio ristretto dell’Istria slovena un contributo molto importante di crescita culturale.
In definitiva potremmo affermare che, a seguito della sua vasta popolarità, il suo nome in questi luoghi sta per sinonimo di artista.
L’arte di Apollonio si è plasmata quattro decenni or sono quando, conclusi gli studi di specializzazione al corso del prof. Gabrijel Stupica, ha abbandonato l’influenza iniziale del grande maestro per introdurre un proprio stile caratterizzante – la maniera stilistica, che arricchita dalla maturità riconosciamo ancor oggi. Nel passare in rassegna la sua carriera crediamo che siano stati gli anni Sessanta a portare dei lavori con i quali Apollonio raggiunge la completezza formale e iconografica, mentre gli anni Settanta sono stati maggiormente rivolti alla sperimentazione formale e tecnica nel campo della grafica. Gli anni Ottanta rappresentato invece un ritorno alla pittura, nella quale predomina la specifica tessitura linea – colore, e gli anni Novanta sono il periodo del colorismo pittorico. Il nuovo millennio si apre al gioco virtuoso, nel quale l’artista non distingue tra grafica o tela, astratto o figurale, colore o gestualità, tutto quanto è una storia, è narrazione. Il suo operato è oggi solamente un gioco, il gioco dei ricordi, il gioco dei comportamenti e delle esperienze, il gioco degli intrecci. La poetica di Apollonio si satura più di quanto non sia il gioco dell’artista sull’immagine. E nel piacere della propria esternazione il suo percorso artistico si rivolge sempre più alle origini, all’ambiente a cui appartiene. A quell’ambiente che lo ispira e che ne determina il carattere, nella luce e nello spazio che lo ha originato – l’Istria - rappresenta il suo ego umano e artistico, la sua Anima. L’Istria è quel possente e inconscio motore interiore della creatività artistica di Apollonio.
Dejan Mehmedovič
AUTOBIOGRAFIA
Sono convinto che il tempo e il luogo della mia nascita (15 maggio 1935, Bertocchi presso Capodistria) non rappresentino una semplice casualità, ma siano invece due fattori importanti, che hanno influito in maniera determinante sulla mia vita, a partire dall’infanzia. Sono nato sotto il segno del toro, questo mitica e al tempo stesso terrena figura di animale, pregna di forza vitale, di tragica bonarietà, ingenuità, assieme alla ferrea tenacia e l’irrefrenabile desiderio del bello, buono e piacevole. Se questo fatto ha caratterizzato il mio temperamento, l’altro ha segnato il percorso della mia vita. Sono nato in un luogo e in un periodo ai quali la storia non ha concesso ne pietà ne gloria, ma solo la crudele realtà del quotidiano, tra il mare e i villaggi dei piccoli, oserei dire poveri contadini, che vivono dei prodotti della vite e dell’olivo. Da qui, dove è situata la casa dei miei antenati, fino al mare, è un tiro di schioppo. Da bambini giocavamo nella laguna, catturavamo granchi, pesci, anguille, raccoglievamo conchiglie. Dal villaggio si srotola una strada polverosa fino alla chiesa parrocchiale e il cimitero, dove riposano mio padre morto prematuramente, i miei due fratelli e mia madre Antonia, che è sopravvissuta a tutte le guerre e a tutti gli stati succedutisi in questi luoghi nel secolo precedente. È morta quando aveva novantaquattro anni ed a lei sarò sempre riconoscente per il fatto che le mie strade mi abbiano sempre ricondotto a casa. Due sorelle partite per luoghi lontani fanno anch’esse, come me, sempre ritorno a casa.
Con mio padre parlavo italiano, con la madre sloveno. Il bilinguismo in questi luoghi è nel sangue. Ciò mi ha aiutato ad imparare con maggior facilità le lingue straniere al ginnasio di Capodistria. La nostra lingua preferita era il francese. Il professor Martinc ci premiò con un viaggio a Parigi effettuato nel 1955. Non solamente il Louvre e Versailles, ma anche il Moulin Rouge e il Crazy Horse erano le tappe della nostra curiosità. Quanto sono rientrato da quel viaggio ho trovato a casa una lettera che mi ha reso felice. Mi informavano che ero stato accettato quale allievo dell’Accademia di Belle Arti di Lubiana. Sono stato un allievo modello di maestri quali Stupica, Smerdu, Pregelj, Jakac… ultimando nel 1964 la specializzazione al corso di pittura.
Ero nuovamente a casa. Ho messo da parte il fardello dello studente e mi sono buttato nella ricerca di me stesso. Dieci anni più tardi ero diventato docente presso l’Accademia di Belle Arti di Lubiana, dove ho introdotto lo studio della serigrafia. Per i miei lavori ho ottenuto i prestigiosi premi del Fondo Prešeren (1972) e il Premio Rihard Jakopič (1984). Ma il premio che mi sta più a cuore è ancor sempre il primo premio ottenuto nel 1959 a Belgrado alla rassegna jugoslava “La creatività artistica dei giovani”. Un anno prima, infatti, durante un soggiorno in Provenza ho assistito ad Arles a delle vere corride, alle quali prese parte come spettatore anche Picasso, riscuotendo le ovazioni del pubblico. “Ole, ole!” e la grafica era fatta. Ero il toro più felice del mondo.
Zvest Apollonio
08
gennaio 2005
Zvest Apollonio
Dall'otto al 27 gennaio 2005
arte contemporanea
Location
LA ROGGIA
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19,30
Vernissage
8 Gennaio 2005, ore 18
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