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Noi tutti di exibart troviamo ogni anno in questo premio il modo e la scusa per ricordare un uomo normale. Normale fino a quando non si trasformava in un eroe e allora faceva cose straordinarie e ne vedeva altre che ai più sfuggivano! Ce lo ricordiamo nella sua galleria, la b-gallery di Trastevere, chiacchierare amabilmente insieme a Franco il netturbino, Antonello Venditti e Saverio Costanzo. Lui la parità di genere e l’inclusione la intendeva dapprima culturale! E quando abbiamo deciso, insieme alla sua famiglia, che questo premio avrebbe portato il suo nome ci è sembrato normale dedicarlo proprio alle parità e alle inclusioni!
Oggi, siamo felici di assegnare il suo ricordo ad Elena Pizzato Ketra. Artista che Stefano sicuramente avrebbe amato.
Le motivazioni ufficiali della giuria riportano: «Per aver sempre cercato un punto di vista alternativo alla difesa di ogni parità e per aver sviluppato nell’idea di inclusione il concetto di inclusione propria”
Nello specifico, il premio Stefano Trionfetti è conferito all’artista per il progetto Sologamy, dove Elena Pizzato Ketra dichiara che la parità con gli altri si acquisisce dapprima sviluppando amore e accettazione per sé stessi».
Intanto congratulazioni. Quando si vince un premio si dice così!
«E si risponde anche Grazie. Sono molto felice di averlo ricevuto! Ma io lo sono veramente e per due motivi diversi. Perché la giura ha saputo seguire le briciole lasciate dal mio lavoro ed entrare così nel mio mondo. E poi perché il tema del premio è a me molto caro».
exibart ti segue da qualche anno e conosce perfettamente tutto il tuo percorso e tutto il tuo lavoro! Come nascono i tuoi progetti?
«Il mio lavoro nasce sempre da un’idea. Qualcosa che colpisce il mio interesse. Spesso un pensiero. Il bisogno di trasferirlo in un codice visivo. Quindi, dopo il pensiero c’è il confronto con la materia che meglio può rappresentarla».
Hai materiali o tecniche che preferisci?
«Direi di no. Anzi mi stimola molto affrontare ogni volta tecniche e materiali diversi. Adoro toccare, maneggiare, sporcarmi. Mi piace la manualità operaia della costruzione. E dove non arrivo mi confronto con gli artigiani. Un altro momento bello del mio lavoro: cercare di spiegargli quello che ho immaginato attraverso disegni e molte parole!».
Ci parli del tuo ultimo progetto: SOLOGAMY?
«Avevo letto da qualche parte che dal Giappone era partito questo movimento che propiziava il matrimonio Sologamico: in sostanza il gesto di sposare sé stessi. Come sempre mi sono documentata e mi sono resa conto di quanto fosse importante e giusto sostenere quest’idea. Credo che il primo problema dell’inclusione riguardi proprio la difficoltà che hanno in troppi di accettare sé stessi. I modelli di riferimento, ormai prodotti su scala mondiale, hanno contribuito a creare delle zone grigie senza nome, dove non c’è un’etichetta sembra non esserci nulla! Il disagio di essere sé stessi è la malattia di questo secolo! Una malattia silenziosa e terribile di cui si fa troppa fatica a parlare. Al principio ho creato degli specchi su cui è scritta semplicemente la definizione di SOLOgaMia. Poi ne ho fatto un’altra serie con la scritta NONTISCORDARDITE. Ma non mi bastava. Cercavo qualcosa di più virale ed inclusivo».
E quindi?
«Ho aperto un sito web: Sologamy.org dove chiunque può sposare sé stesso!».
Ce lo spieghi meglio?
«È ovviamente una performance digitale. La Sologamia non ha valore legale in nessuna nazione del mondo! Però ha un grande significato umano. Chiunque può andare sul sito, e dopo essersi dichiarato amore, sposare sé stesso! È tutto molto semplice e anche gratuito. E una volta sposati si può scaricare e stampare il relativo certificato di matrimonio. Mi piacerebbe che questa performance facesse riflettere sul concetto di l’inclusione propria, prima di quella collettiva».
Prossimi progetti?
«Io ferma non ci riesco a stare. Questo è anche il mio limite. Forse non do abbastanza tempo ai miei progetti di esprimersi ed espandersi. Quindi continuerò a produrre in silenzio, anche se prossimamente ho intenzione di veicolare Sologamy.org e gli altri progetti precedenti. Per le cose nuove aspetteremo l’anno che verrà».
Elena Pizzato Ketra – Biografia
Elena Pizzato Ketra nasce a Bassano del Grappa nel 1979. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia con lode, sviluppa la sua ricerca sul corpo e le modificazioni artificiali, sperimentando molteplici materiali e media. Frequenta assiduamente Amsterdam dove, attraverso mostre e residenze, approfondisce i concetti di feticcio ed estetica inorganica ispirandosi al trattato di Mario Perniola “Il Sex appeal dell’inorganico”. Spaziando dall’estroflessione alla scultura fino all’installazione e al video, l’artista scoperchia un sottomondo popolato di bambole spogliate delle loro rassicuranti crinoline e rivestite di latex, specchi che alludono a segreti inconfessabili più che alla matrigna di Biancaneve, tirapugni trasformati in dondoli, corsetti imprigionati in quadri di pvc e borchie, presine all’uncinetto realizzate dalla nonna novantatreenne con scritte trasgressive. Favola nera e realtà contemporanea si intrecciano con ironia, rivelando la sua impronta femminile ed esoterica.
Ha approfondito il fenomeno del feticismo e il potere “magico” del feticcio, di come un semplice oggetto possa avere una tale forza attrattiva su di noi, come se vivesse di vita propria. Una sezione di corpo, un piccolo dettaglio di una “cosa” inanimata, un indumento o un certo materiale o tessuto. Il suo potere seduttivo è magnetico, è dotato di quel sex appeal dell’inorganico che suscita in noi forti sensazioni, e ricordi che toccano l’intimità. Nelle sue opere, dalla gomma, alla pelliccia, alla pelle, l’attenzione è nel materiale e nel suo dialogo con gli altri dettagli della composizione. È una fase fondamentale per poter evocare questo potere seduttivo e a tratti perturbante.
Nel progetto “Serialmirrors” è lo specchio il feticcio prescelto, che sia di pelliccia, damascato o borchiato, diviene una sorta di warmhole che ti proietta in vite altre, rubate alle favole e alla realtà. L’artista va alla ricerca di specchi e specchiere antichi, perché già essi stessi rappresentano degli oggetti-feticcio che racchiudono molteplici storie di vita, riflessi di volti e momenti che noi potremo rivivere solo di riflesso. Alle pagine di questi misteriosi “libri” non fa che cucire storie di assassine, racconti familiari, favole nere. Luoghi del pensiero, dove le donne sono sempre protagoniste di loro stesse.
Analisi dettagliata e particolareggiata che mi chiede di vedere di più ,di altro fatto da questa Artista . e l’ autopresentazione è accattivante. Grazie !
GRAZIE SOPRATTUTTO A STEFANO CHE APRE ANCORA STRADE E ORIZZONTI. GRAZIE URLATO X ESSERE STATO E STARE NELLA MIA VITA!!!!!👏👏👏👏👏💕💕💕💕🙏🙏🙏🤩🤩🤩🤩😍😍😍😍🤩😍💖💖💖💖🍀🍀🍀🍀🍀🍀🥁🥁🥁