17 maggio 2023

exibart prize incontra Alessandro Costanzo

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Lavoro principalmente con la scultura e l’installazione, approcciandomi alla materia in modo esperienziale, ma al contempo con atteggiamento scientifico.

Alessandro Costanzo

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Credo che ad orientarmi sia stato uno speciale e forte interesse verso il disegno e la sperimentazione mostrato fin dall’infanzia, interesse coniugato con l’esposizione massiccia e persistente ai materiali per l’edilizia e per l’imballaggio che osservavo nell’azienda di famiglia. L’approccio con la pittura è venuto poi quasi per gioco e si è evoluto nel corso del tempo.
Dopo aver conseguito la maturità artistica, a Catania, proseguo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Urbino, nel corso di Nuovi Linguaggi per la Pittura, dove ho modo di avviare la ricerca con un’attenzione minimalista, orientando l’operazione in senso concettuale.
Nei lavori pittorici di allora il tempo e l’esposizione agli agenti atmosferici erano determinanti. Successivamente inizio a sviluppare nuove ricerche influenzato dai Merzbau di Schwitters e dai Combines di Raushenberg. Nel 2016 concludo il biennio specialistico di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Catania.
Fra le esperienze significative, a partire dal 2018, posso citare quelle legate alla permanenza a Bruxelles, dove inizialmente sono stato selezionato per una lunga e produttiva residenza dallo spazio indipendente Musumeci Contemporary. Ho iniziato a esplorare la componente immersiva e relazionale coinvolgendo il pubblico durante gli Studio visit, al contempo ho avuto modo di indagare in profondità il tessuto artistico locale. Nello stesso periodo, sempre a Bruxelles, sono stato assistente di studio di Pietro Fortuna, e per me è iniziata un’indagine ancora più attenta su alcune questioni concettuali. Nel 2020 il curatore belga Emmanuel Lambion mi ha selezionato per un progetto speciale per la Maison Grégoire di Uccle (progettata da Henry van de Velde). Per l’occasione ho realizzato un progetto site specific tra l’interno e il giardino della villa, attuando un ponte tra Belgio e Sicilia.
Fra le mostre recenti: la doppia personale con Davide Serpetti e testo di Lorenzo Madaro presso la galleria Manuel Zoia di Milano, l’anno scorso; nel 2021, la personale “Accumulare il deserto”, sempre con testo di Madaro, presso lo spazio On the Contemporary di Anna Guillot, a Catania; nel 2019, “En courant me reposer”, ancora una personale a chiusura della residenza a Bruxelles presso gli spazi di Musumeci Contemporary. Sempre nel 2022, a giugno, lo Studio visit di Marcello Francolini per il progetto “Panorama” della Quadriennale di Roma.

 

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Lavoro principalmente con la scultura e l’installazione, approcciandomi alla materia in modo esperienziale, ma al contempo con atteggiamento scientifico. Negli ultimi anni ho sviluppato lavori legati alle dinamiche temporali e spaziali in stretta relazione con i processi della biologia umana.
Mi interessa partire da una visione antropocentrica per focalizzare la scultura come la conseguenza concettuale.
Attualmente mi servo della ceramica per indagarne una dimensione specifica di superficie, il suo derma, attraverso forme-guscio di elementi organici ed esoscheletri che entrano in relazione affiorando da superfici metalliche. Questo rapporto con la superficie, con il concetto di soglia e di confine, nasce dall’indagine di alcune tematiche sociali che riguardano uomo e automazione tecnologica.

 

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Nel campo dell’arte contemporanea, coinvolgere il pubblico, a mio avviso, è sempre più difficile. L’iperstimolazione mediatica a cui siamo esposti contribuisce a renderci superficiali e standardizzati, desensibilizzando in qualche modo il nostro approccio con le cose.
Provare a sviluppare opere più esplicite e di facile approccio, alla portata della gente, significherebbe concepire un’arte che in alcuni casi potrebbe tradire i principi di una vera ricerca. Forse la spinta e l’interesse dovrebbe partire dalla gente, agli artisti spetta dare l’input. Una pedagogia dell’arte strutturata fin dalle scuole primarie potrebbe portare ad una cultura della visione. Forse dovremmo attenzionare il progetto educativo attuato nei paesi del nord Europa e, in Italia, quello sempre valido di Bruno Munari, a mio avviso da rivedere ma non da mettere da parte, o anche alcune avanguardie educative come quella emiliana. Potenziare l’arte contemporanea nei programmi scolastici potrebbe essere utile come anche valorizzare e riconoscere su larga scala il ruolo di Istituzioni come Accademia, Conservatorio e DAMS. Sicuramente non mancano né i mezzi per coinvolgere il pubblico, né le opportunità con visite a gallerie, musei, fondazioni, biennali.
Ciò che andrebbe cambiata è la volontà politica che dovrebbe nei fatti recuperare l’importanza della cultura.
La società purtroppo è sempre più invischiata nella corsa capitalistica, gli adolescenti sono plagiati dagli influencer, la cultura si consuma sui social sviluppando un modello “mordi e fuggi” che non fa altro che accrescere la superficialità generalizzata. L’arte, la filosofia, la musica, la letteratura, il cinema hanno bisogno di un tempo diverso, di approfondimento costante e soprattutto di organizzazione e supporto economico per attecchire nella coscienza dell’individuo.

 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Da poco ho a disposizione uno studio grande e organizzato a Catania, il che mi rende particolarmente confortevole e intenso il lavoro. La Sicilia in alcuni periodi dell’anno è un buon luogo per concentrarsi e decomprimere gli eccessi di alcune città, lo verifico puntualmente quando me ne allontano.
A breve sarò di nuovo Bruxelles per un periodo di mesi, ma sto vagliando diverse possibilità per una più lunga permanenza in uno dei paesi europei.

 

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

L’Italia investe poco sulla cultura e tantomeno sul contemporaneo. Alcune istituzioni private riescono a promuovere concorsi e residenze interessanti, ma pur sempre con finanziamenti e modalità ben diverse rispetto ai programmi di residenza offerti all’estero.
Credo che con un CV fatto di ottimo e costante lavoro, mostre in buoni contesti godendo dell’attenzione di critici selezionati, un artista dovrebbe poter contare sul sostegno dello Stato, come accade in paesi dove esistono già da tempo organismi preposti all’assistenza e alla promozione dell’arte (British Council in Gran Bretagna, WallonieBruxelles International in Belgio, ecc.).

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