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exibart prize incontra Arianna Ellero

di - 25 Ottobre 2024

Come hai scoperto la tua passione per l’arte? Ci sono stati momenti o persone particolari che hanno influenzato il tuo percorso?

Mi vien da sorridere… la mia passione per l’arte è nata nella mia famiglia, sono cresciuta in una famiglia di sarti fra tessuti e abbinamenti di forme e colore. Mia madre non vendeva moda, vendeva poesia. È un approccio, un modo d’essere e di sentire. Un modo di esprimere e far esprimere gli altri nel loro essere. Un’emozione, una gioia, un contatto interiore. L’arte ovviamente non è solo questo, ma anche una ricerca che regala riflessione, esplorazione e viaggio interiore. Uno sguardo oltre. Molte persone hanno influenzato il mio percorso. Mia madre, le persone incontrate in Svizzera, a Berlino, le persone incontrate in Italia e quelle che si possono incontrare casualmente ogni giorno. La vita stessa è arte se si vuole vedere, un percorso e tutti in questo cammino possono insegnarci o regalarci spunti di riflessione e di stimolo.

Ci sono temi o concetti ricorrenti che esplori attraverso la tua arte? Cosa ti ispira maggiormente?

Quello che mi interessa è il concetto di suono. Penso che tutto quello che ci circonda sia suono, una cosa che spazia dalle diverse frequenze della materia, alle nostre emozioni. È un tema molto ampio e forse anche difficilmente scientifico, oltre che spirituale. Quello che ritengo è che il suono non sia solo un’esperienza uditiva, ma anche percettibile visivamente e nella materia. Il suono può influenzare la materia e per così dire trasformarla. Quello che cerco, attraverso il mio lavoro e la pittura, è di creare una specie di risonanza attraverso il gioco del campo cromatico durante l’osservazione, cercando di dar spunto di riflessione ed esplorazione interiore. Un viaggio, una bellezza, una domanda, una sorpresa.
Ovvio, regalare delle emozioni e viaggio interiore non è così scontato.

Come pensi che il contesto culturale e sociale in cui vivi influenzi il tuo lavoro artistico?

Il contesto in cui viviamo influenza sempre la nostra vita e così vale per l’arte.
Oltre a tutto quello che succede, penso che ad un certo punto si debba ottenere o almeno cercare un po’ di bilanciamento.
In questo presente, per l’arte può valere il luogo dove vivi da un punto di vista. In un contesto con una visione più ampia e l’arte è ampia perché non ha confini, penso che si debba incominciare a riflettere sulle nostre lotte interiori ed anche sociali e capire dove portano, o almeno, che cosa producono. In questo momento sono in un periodo di riflessione. Penso che tutto sia energia e mi rendo conto che l’arte sia una voce che arriva ad altre persone. Quindi, nella responsabilità di questo medium, mezzo o che sia, voglio capire cosa sto facendo, senza essere in balia di venti e maree che possono portare in luoghi non sempre confortevoli. Così vale per le nostre emozioni e la risonanza che creano. Vogliamo un mondo che migliori, ma siamo sempre in lotta. È un esempio, per questo cerco di riflettere sul mio lavoro, senza essere in balia delle maree. A volte distruggono e dividono, anche se l’intento iniziale poteva essere per una “giusta causa”. Quello che sto cercando di fare è cercare di essere fuori dall’energia della lotta. Cercando una via che possa trasmettere altro, ma che abbia una forza.

Puoi raccontarci di un progetto o di un’opera a cui tieni particolarmente e spiegarci il motivo?

Tutte le mie opere mi sono piaciute, ovviamente parlo in senso di amore.
Nel senso, qualcosa è venuto meglio, qualcosa peggio, ma quello che mi interessa è quello che mi ha portato a realizzarle. La ricerca.
Trovo che la ricerca sia prima di tutto interiore in un confronto con l’esterno, la società in cui viviamo. Quello che mi ha sempre interessato è la Natura, i movimenti anche impercettibili degli elementi, il loro suono, il tutto trasformato in ricerca visiva. Ho incominciato raffigurando una mia percezione della natura, ragionando in termini che gli elementi sono anche impercettibili ed hanno delle frequenze. Non potevo fare una classica raffigurazione. Man mano la ricerca è andata avanti, quasi scremando negli elementi, ed è arrivato “Il Suono Bianco”, una percezione della creazione nella materia attraverso il suono. Ma cos’ è il suono? Il suono è tutto, quindi tutto contribuisce a formare la creazione della materia. Da lì è arrivato un nuovo tipo di raffigurazione più concettuale. Il bianco era diventato essenziale come base del dipinto, perché era quello spazio dove incominciava a formarsi la realtà.
In questo momento, sono in un altro piano, il suono rimane la base del tutto, ma quello che mi interessa è altro.
Con “Voices” sono arrivati i lavori più carichi, campi cromatici intensi di visione ed esplorazione, dove il bianco non ha avuto più spazio. Il suono è cambiato e mira ad un lavoro diverso.
L’arte è una voce e può essere cassa di risonanza, come esseri umani siamo voce. Vediamo dove porterà lo sviluppo di questi nuovi lavori e riflessioni.

In che modo l’interazione con il pubblico influisce sulla tua pratica artistica? Ti capita di modificare il tuo lavoro in risposta ai feedback che ricevi?

Ascolto i feedback che possono essere costruttivi e di scambio, rivolti ad un’apertura mentale e di crescita. Non ascolto quelli sparati a caso. Ogni persona è diversa. Dipende se un feedback risuona, oppure vuole essere per così dire, dissonante. Anche la dissonanza insegna, ma dipende sempre dall’ intento e dalla voglia di crescita. Modifico i miei lavori in base al mio sentire. Niente maree.

Cosa pensi della commercializzazione dell’arte contemporanea? Pensi che possa compromettere l’integrità dell’opera o la sua funzione critica?

A volte sì, dipende dai professionisti che vendono o presentano le opere e anche dagli artisti. Diciamo che in questo periodo vedo temi ultra-trattati, che forse più che per un sentire sembrano fattore di vendita, un modo di cavalcare l’onda. L’integrità dell’opera avviene o rimane solo attraverso un sentire e una ricerca e non attraverso la commercializzazione, da cui prende il significato la parola stessa. Con questo non voglio dire che le opere non debbano essere vendute, anzi, l’arte è un lavoro ed un costo notevole, quindi è giusto che sia pagato, ma dipende sempre dall’ intento e dalla direzione che prende. Ritorno al fatto che la creazione di un’opera può essere una responsabilità artistica, come può essere nulla, creazione di materia, compiacimento personale, arrivismo, beh, non continuo. L’ arte si deve sentire, dovrebbe essere motivo di ricerca e riflessione, oppure magari anche bellezza e vento nuovo che arriva dentro.  Una cosa che forse possa creare anche una certa fiducia. Alle volte manca un po’. Ritorno al fatto che sto osservando e cercando.

PULPITO VERDE_GREEN PULPIT_ #Voices

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