06 aprile 2023

exibart prize incontra Chiara Todero

di

Migliorare e imparare, sempre. Non sprecare, mai.

Chiara Todero

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Disegno e dipingo da sempre.
Negli anni della laurea in Architettura, ho iniziato ad avere i primi contatti con il mondo dell’arte, partecipando a concorsi e realizzando le prime mostre.
Attiva come artista visiva dai primi anni 2000, sono sbarcata oltreoceano con due mostre personali alla CATM Gallery di New York City nel 2009 e 2010, spin-off di una collettiva del 2008 dedicata alla Urban e Street Art, in seguito alla selezione da parte di Arteingenua S.p.A, società mecenate di artisti.
Grazie al Premio della Giuria ad Arte Laguna Prize 1° edizione, ho esposto più volte presso Zaion Gallery a Biella e si è innescata una serie di mostre curate sia in Italia che all’estero.
Dopo il Secondo Premio Giovani Artisti al premio internazionale d’arte “Un menù per la Colomba”, che vedeva come consulente per la Giuria Philippe Daverio, presso le sale della Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia, il Secondo Premio al Musae – Museo Urbano Sperimentale d’Arte Emergente promosso da Regione Piemonte, e il Secondo Premio a Immaginativa, premio internazionale promosso da Associazione Didee a Siena, sono stata fra i finalisti di “Got Character” nell’ambito del Singapore Design Festival.
Passando attraverso numerose collettive in Italia, fra cui il ciclo “New Art New Pop” presso il Centro d’Arte e Cultura Brolo di Mogliano Veneto, Spazio Studio – Milano e Galleria dell’Ombra – Brescia, due edizioni di “Across Rewriting” all’Amantes di Torino, e in seguito alla selezione fra i finalisti del Premio Ceres4Art di Ceres Beer, sono arrivata in India nel 2011, con la serie di mostre itineranti “Dadaumpop”, una panoramica che includeva esponenti di spicco del New Pop italiano, promosse dal Ministero degli Affari Esteri e curate da Igor Zanti presso una selezione di importanti istituzioni culturali di Mumbai, Calcutta e New Delhi.
Dopo un periodo di assenza dalla scena artistica, da alcuni anni ho ripreso l’attività grazie all’appoggio di Paratissima Torino, esponendo nelle collettive curate PopTones e Multiversity, e sono stata selezionata per l’evento benefico “E’ una vita che ti Ri-cerco” in collaborazione con la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro e l’Istituto di Candiolo e sponsorizzato da Flying Tiger Copenaghen e Tonki.
Uno dei miei progetti più recenti è “Humans Art Project”, realizzato insieme al musicista e compositore Vittore Savoini, la cui ambizione era portare un’inedita fusione fra i linguaggi dell’arte e della musica, con l’utilizzo della realtà aumentata di Aria The AR Platform, presentato in anteprima presso Zaion Gallery a Biella.

 

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Provengo da un background giovanile influenzato dal mondo della street art e del graffitismo, cui si è poi aggiunta la passione per l’universo pop di artisti come Takashi Murakami, Yoshimoto Nara, Hikari Shimoda, e via dicendo, che mi ha spinta a costruire un immaginario indipendente e a sperimentare.
Presto vengo inquadrata dallo storico dell’arte e curatore Igor Zanti nella corrente New Pop, che mi include in numerose collettive di impronta internazionale con artisti già affermati come Marco Lodola, Hackatao, Benedetta Mori Ubaldini, Francesco de Molfetta, Fidia Falaschetti, Andy Fluon, Florencia Martinez, Angelo Volpe, Ivan Lardschenider e altri, definendomi una outsider.
Da sempre amo il colore a plat e il decorativismo di Matisse, subisco il fascino della grafica contemporaneo di Tanaka Ikko e di tutto ciò che riesce a sintetizzare la bellezza.
Per molti anni il mio lavoro ha investigato il tema della diversità come fonte di peculiarità positiva, rappresentando in ambientazioni surreali e simboliche, immobili personaggi di ascendenza kawaii, mutilati e dalla fisicità esasperata, paladini e silenziosi portavoce di ambizioni e tensioni positive.
Di recente tuttavia ho sentito la necessità di uscire dagli stereotipi pop in cui ero rientrata e dare una spinta nuova alla mia ricerca, da qualche tempo sto quindi sperimentando su un terreno per me finora inesplorato, ripulendo il mio lavoro dalle accezioni cartoonistiche dal sapore anni novanta, e provando ad addentrarmi in un’estetica più contemporanea, portando avanti e facendo evolvere il lavoro sino ad oggi svolto sull’uso del colore, sulla composizione e sulla connotazione sempre ottimistica delle mie opere.
“Once upon a tile”, il mio ultimo progetto che presento a Exibart Prize, consiste nella rappresentazione in acrilici su tela di residui e frammenti su superfici pavimentate o presunte tali, talvolta semplici pattern geometrici, che siano testimonianza e segno del passaggio di vite e storie, evocando contenuti, retroscena e ricordi.
E’ una storia di cui esiste l’incipit, attraverso le sei opere presentate a Exibart Prize, e di cui c’è ancora molto da scrivere.

 

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Credo che possa farlo su più fronti, sintetizzabili in alcune modalità principali, secondo il ruolo dei soggetti coinvolti: produttori, fruitori e promotori.
Non penso che necessariamente l’arte debba trattare temi di attualità per sensibilizzare e muovere, penso che indipendentemente dai temi trattati, la spinta venga ugualmente sia dall’immersione nel processo artistico che dalla sua fruizione come spettatore, e che il coinvolgimento in essa possa canalizzare le energie e sottrarle a ciò che è meno positivo, nella vita privata così come in società.
Banalmente e molto semplicemente, il solo fatto di fare arte e fruire arte, penso possa essere una spinta migliorativa trasversale, che porti i propri benefici anche negli altri ambiti in cui tutti noi quotidianamente operiamo.
In tutto questo, il ruolo dei “promotori” (inteso come termine molto generico, che includa tutti coloro che hanno un ruolo intermedio fra gli artisti e i fruitori, cioè soggetti finanziatori, istituzioni, gallerie, associazioni, art sharer e chi più ne ha più ne metta) fa da ponte fra chi produce e chi fruisce arte, rendendola realizzabile, visibile, nota, fruibile.

 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Migliorare e imparare, sempre. Non sprecare, mai.

 

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

E’ una domanda difficile a cui fatico a dare una risposta esaustiva.
Forse un maggiore dialogo fra le istituzioni e i soggetti coinvolti potrebbe essere di beneficio, affinchè gli investimenti siano indirizzati in maniera ottimale e nella giusta direzione, e che il sistema sia maggiormente strutturato e con una visione d’insieme.
Una volta creata la struttura, forse va compreso quanto occorre fare in termini di aiuti materiali, studi d’artista e residenze, quanto in termini di formazione, quanto di eventi e promozione culturale, e via dicendo, includendo ogni variabile nella giusta misura.

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