Qual è stato il tuo percorso artistico?
Ho iniziato presto ad appassionarmi all’arte, anche se all’inizio ero piuttosto confuso. Mi sono iscritto al Primo Liceo Artistico di Torino e lì ho incominciato a sondare le mie capacità; negli anni a seguire ho frequentato l’Accademia Albertina di Belle Arti, sempre a Torino, ma mi sono poi trasferito in Spagna per completare i miei studi a Madrid dove, scoprendo la possibilità di continuare, ho affrontato un ulteriore ciclo di due anni di approfondimento, sempre nel ramo della scultura, ed ho concluso un corso di dottorato presso l’Università di Vigo, in Galizia, ottenendo il DEA.
Già negli anni spagnoli avevo il mio piccolo laboratorio e da allora non ho mai smesso di sperimentare, creare e dare vita ai miei pensieri.
Il tema centrale del mio lavoro è sempre stato il concetto di “umano”, ho tentato e tento di indagare la natura del nostro essere, i nostri difetti così come i nostri pregi e l’ho fatto dapprima addentrandomi nel concetto pirandelliano di “maschera” con opere iperrealiste in terracotta e metallo per giungere, non senza deviazioni e varianti tecniche e stilistiche all’attuale concetto dei “mondi ammaccati” che non analizzano più l’uomo nella sua peculiarità ma piuttosto il collettivo sociale riassunto nella forma del suo pianeta, pianeta che considero alla stregua di un grande “palcoscenico” sul quale, ognuno di noi, mette in atto la “recita della Vita”.
Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?
Parlerei piuttosto di un singolo elemento: l’Uomo.
Tutto il mio lavoro ruota intorno ad esso, ai fattori che lo rendono tanto complesso, poliedrico, unico e non di rado anche sbagliato ma al tempo stesso magnifico e potenzialmente “elevato”. Ne analizzo da anni gli aspetti psicologici ma anche i fattori esterni che lo condizionano come ad esempio il Tempo al quale ho dedicato una grossa fetta delle mie risorse negli ultimi due anni e che mi ha portato a creare “Tempus Fugit”, un’opera che è in grado di misurare il passaggio delle ore in tutto il globo e sottolineo “misurare” perché se è vero che abbiamo imparato a stimare il suo passaggio, siamo ben lungi dal capirlo
In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?
L’Arte credo sia esattamente questo, l’Arte è dialogo e credo davvero che il lavoro dell’artista non sia dissimile da quello di un buon giornalista che cerca, ogni giorno, di raccontare il mondo che ha sotto gli occhi. C’è però una grande differenza che premia il nostro lavoro a discapito del loro ed è l’alfabeto; l’arte, non possedendone uno, è universale e veicola il suo messaggio in tutto il mondo senza bisogno di traduzioni.
Quali sono i tuoi programmi per il futuro?
Credo che continuerò a fare ciò sto facendo, studierò, immaginerò e creerò nuovi lavori per portare avanti il mio pensiero e diffondere i miei messaggi cercando nuovi palcoscenici che mi diano visibilità e facciano eco alla mia voce… proprio come questo!
In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?
Creare arte non è semplicissimo, non intendo a livello mentale ma piuttosto da un punto di vista fattivo, nella scultura poi, le cose si complicano ulteriormente; serve spazio, materiale (alcuni dei quali hanno un peso non indifferente e sono difficili da gestire), mezzi di trasporto e ancora altro.
Sarebbe bello se le istituzioni, a fronte di progetti seri, prendessero in considerazione questo tipo di problematiche venendo incontro agli artisti e fornendo loro un supporto reale, soprattutto per i più giovani. Borse di studio, atelier in uso gratuito, logistica.
Sarebbe un bel traguardo per quello che, ancora oggi, viene definito il Paese dell’Arte.
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