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exibart prize incontra Fabio Bix

di - 4 Maggio 2023

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Sono lento… molto, lento… Ci ho messo trent’anni a diventare bambino! Verso i 40 mi son trovato a sventrare delle scarpe: vi ho scoperto dei volti con cui fare discorsi faccia a faccia; con le carte da poker, poi, ho scolpito il vento; e siccome mi era scaduta la pasta – non so cucinare – con la pastasciutta ho cucinato i disegni che a matita non saprei fare; negli scarti dei marciapiedi ho invece scovato una cosmogonia di elementi figurativi da far vergognare le nuvole. Da 4 anni, ora, scolpisco fazzoletti di carta che, giocando di prospettiva con il mondo, paiono sculture magniloquenti. Insomma, mi son ritrovato artista senza chiedermi se fossi d’accordo.

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Gioco e ironia sono i piedi di porco con cui scassinare concetti e verità codificate o presunte. Uso l’arte come grimaldello per scardinare “il finito” – il già definito – in favore di altre possibilità di sguardo e percezione.

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Non è compito dell’arte fornire soluzioni né risposte. Deve semmai instillare domande o dubbi. Vi è anche un’arte di denuncia, certo, un’arte “impegnata” – o meglio ci sono artisti di denuncia e impegnati – ma quella è solo una delle possibilità dell’arte. Come mi ha più volte detto il gallerista Massimo Minini, mentre Guttuso dipingeva la guerra e la protesta, Morandi ha reso icona religiosa una semplice bottiglia replicata mille e mille volte. Il tempo ha restituito più fedeli al secondo che al primo.

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

A parte vincere l’Exibart Prize, dite?! Beh, diventare il più grande scultore del mondo senza che nel mondo vi sia una mia scultura.

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Continuando a metterci i bastoni fra le ruote come spesso fanno. E’ forgiante. Peraltro non ci ridurranno mai a zero. Personalmente, mi sento condannato a creare; mio malgrado e a prescindere dalle istituzioni.

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