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exibart prize incontra Francesco Biondo

di - 8 Maggio 2023

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Percorso: tappe, viaggio, spostamenti, labirinti, stagni, storie.
Se ho da pensare ad un esplicito inizio di percorso c’è il ’77, universitario. A Palermo. L’interesse per la sfera dell’arte è arrivata quindi per contingenze, immersioni. L’espressione artistica era dilatazione creativa del quotidiano. Era sperimentazione di linguaggi. Era riappropriazione degli spazi. Era auto-rappresentazione politica. Il disegno, il colore, l’ironia di una vignetta come naturale integrazione di esami. E del vivere. Qualche installazione e qualche spontaneo happening, (un po’ situazionista e un po’ dadaista) a contribuire a dar vita e voce all’area creativa del movimento…
Con altro peso, consistenza e spessore, poi, Milano. Dalla metà degli anni 80. Anni definiti da Andrea Branzi di “creatività di massa”. Anni in cui ho avuto modo di partecipare a varie mostre, tra scultura e design, in Italia ed all’estero. Nell’86 una mia scultura segnatempo è stata premiata al Seibu Art Forum di Tokio.
Ricerca e sperimentazione personale ha trovato poi integrazione – negli anni a venire – in progetti collettivi: Porphyreos Kardia (30 artisti per expo’); Migranza, accoglienza, incontro tra culture (Gruppo artistico Oltre la porta). Dal 2014 faccio parte dello studio “Art Marginem”, con sede a Milano.

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

I codici icastici nei linguaggi artistici offrono infinite possibilità espressive ed interpretative. Pertanto trovo grande interesse nella contaminazione, nell’ibridare il linguaggio. Le geometrie, il colore, le sollecitazioni polimateriche, l’arte povera, l’universo organico. Sento un grande fascino per l’uso espressionista del colore. Sento un grande fascino verso i frammenti materici, prevalentemente di recupero. Sento un grande fascino per i frammenti di segno-scrittura: parole riportate, trascritte, graffiate. Sento infine un grande fascino verso le installazioni, dilatatrici di spazi.
E i miei lavori sono spesso pensati come frammenti. Sono finestre aperte. Finestre che invitano a “viaggi interpretativi”.

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Ed è proprio l’idea del viaggio a fornire un canale interattivo con la società. Un elaborato artistico prova sempre a fornire un’occasione alternativa di viaggio. Emotivo, estetico, mentale… Nel gioco delle parti.
Il tema della riflessione, esplicita, poi, mi interessa particolarmente.
Racconto: a metà degli anni ’90 ho avuto modo di organizzare e curare una mostra collettiva dal titolo “Riflettendo sulla funzione sociale dell’arte: a proposito della guerra nei Balcani”. E negli anni ho poi realizzato vari lavori con forti agganci a tematiche “sociali”.
La serie sulla Migranza, ad esempio. Le tragedie nel mediterraneo. I viaggi della speranza. I margini e i confini. L’unicità del genoma umano.
Il progetto sulla Storia Dipinta, ad esempio.
“La Storia al centro dell’opera d’arte, la Storia come esercizio di memoria collettiva. Il progetto prende corpo negli anni 2000. Sono gli anni dei grandi processi. Gli anni delle Grandi assoluzioni. Gli anni delle Grandi impunità per le Grandi stragi di stato. Da Piazza Fontana ad Ustica. Dall’assoluzione del 3 maggio 2005 per Maggi, Rognoni e Zorzi, all’assoluzione per i generali Bertolucci e Ferri del 15 dicembre 2005.
Il progetto “La Storia Dipinta” si sviluppa poi sulla sollecitazione di altre date. Eventi, circostanze. Figure di spicco. Prediligendo più che le date dei fatti, le date in cui la collettività prende posizione, si esprime, legittimizza o condanna. Ma anche le date in cui il potere valuta, giudica…
20 agosto 1993, gli accordi di Oslo. Sulla questione palestinese.
16 ottobre 1946, la condanna dei gerarchi nazisti. A Norimberga.
15 ottobre 2015, l’assoluzione di Erri De Luca per il reato di sabotaggio. Della Tav.
27 settembre 2017, la libertĂ  di guida anche per le donne. Anche in Arabia Saudita.
Eventi. Frammenti di storia. Così come sono frammenti i quadri nel loro essere immagini. Dentro i limiti, provvisori, di uno spazio. E di un tempo. Almanacco? Zibaldone? Probabilmente. Ma rimandi e concatenazioni sono lì, a ribadire cause ed effetti. I giochi tra forme e sfondi, la perseveranza di segni, sollecitano sguardi compiacenti, letture trasversali…”
La registrazione della cronaca sociale, e politica, può essere quindi un esplicito invito alla riflessione. A navigare tra l’urlo e il sussurro. Tra l’allusione velata e la denuncia.

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Progetti futuri? Immagino che la Storia Dipinta mi accompagnerà ancora per parecchio. Con spunti e concatenazioni diversificate. Dalle “Piazze D’Italia” ai “Diritti Velati”. Ho poi da portare a maturazione il progetto sulle “Profezie”. Mi piacerebbe, inoltre, voltarmi un po’ indietro a ripescare progetti incompiuti. O progetti rimasti solamente bozze. Per finire ho sicuramente in mente di dare più spazio alle installazioni.

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Un approccio incantato mi inviterebbe a sostenere l’interesse per una dimensione artistica diffusa da cui l’istituzione si mantiene alla larga. Ma è indubbio che interventi articolati e programmati di sensibilizzazione, di conoscenza, di stimolo da parte di istituzioni pubbliche (il mondo scolastico in primis) non possono che avere un ruolo dilatatorio – e garante – per istanze di tipo artistico. La messa a disposizione di luoghi espositivi (anche riconvertiti, anche occasionali…) diffusi nel territorio e l’incremento delle opportunità espositive (anche attraverso sostegni e patrocini) esercitano il loro ruolo. Da non trascurare che le istituzioni dovrebbero – solitamente e in teoria – essere un po’ meno vincolate alle logiche di mercato a cui, più spesso, deve invece sottostare il privato. Provo ad immaginare, inoltre, un lavoro di “censimento”, di “campionatura”, di artisti e curatori. Ma mi perdo…

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