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exibart prize incontra Gianni Depaoli

di - 7 Ottobre 2022

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Faccio parte di una famiglia che da tre generazioni si occupa della commercializzazione di pesce. L’ammirazione, quasi viscerale, per questo ambiente, mi ha sollecitato a creare numerose opere in modo da  tutelarne l’esistenza ma soprattutto con la volontà di sensibilizzare il problema.
Tutto è iniziato nel settembre del 2007 quando, un direttore coraggioso come Marco Valle del Museo E. Caffi, dopo aver visto un mio progetto ancora allo stato embrionale, decise di dedicarmi un’intera mostra: “Mare Nero” La Galleria d’Arte Moderna di Genova è stata la prima ad accogliermi, diretta da Maria Flora Giubilei ,con la quale è nata un’idea sicuramente bizzarra: quella di “inquinare” il museo abbinando opere dissacranti, quali le mie, ai capolavori dell’esposizione. Una grande soddisfazione. Creazione di opere che adducevano ai disastri provocati dall’uomo, l’incuranza per il nostro stesso nutrimento.

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Da qui nasce l’esigenza espressiva di nobilitare lo scarto di un elemento primario come il pesce, e renderlo immortale. Fissare per sempre colore e forma. Il mio studio è un ex magazzino frigorifero, ora ribattezzato Museo Menotrenta, un tempo utilizzata per la lavorazione del pesce. Le sale espositive sono ex celle frigorifere, Il mio studio un ex laboratorio e gli uffici sono oggi adibiti in parte all’accoglienza ma soprattutto sono uno scrigno di progetti passati, futuri o inconclusi. Dal 2014 utilizzo inchiostri e pelli di cefalopodi trattati per il mantenimento della livrea grazie a un metodo che ho brevettato fino a manipolarli chirurgicamente con l’ausilio di aghi e bisturi. Lo scopo è proteggere il materiale, stabilizzarlo, giocando anche sulla casualità delle forme e restituire la sua eterna primordiale bellezza . “Dall’edibile che nutre il corpo all’arte che nutre lo spirito”.

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Abbracciando le due anime dell’arte: quella propriamente Concettuale e quella Pop. Proporre una discussione guidata come strategia didattica volta all’elaborazione di conoscenze come ricerca comune. Discutere e condividere significa anche contribuire alla comprensione reciproca e  all’attivazione di interpretazioni personali fino a comporre  ragionamenti collettivi, pensieri. Attribuire alle opere una valenza contemporanea che non si allontana dal reale ma che possa appropriarsi del linguaggio per tradurlo in una esperienza artistica utilizzando strumenti di comunicazione attuali.

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Personalmente sono in continua ricerca di evoluzioni possibili del mio stesso linguaggio. Il mio lavoro si avvale di un’esperienza  tecnica che riguarda la conservazione e l’uso di materiali a cui dedico un’incessante indagine e l’altra fortemente più poetica costantemente volta a un’esperienza immersiva e pervasiva con l’ambiente che tratto e di cui siamo circondati. Il mare è il mio habitat e la mia passione ma esige studio quotidiano e quindi anche futuro.
Al momento sono presente alla 59. Biennale di Venezia con l’opera “Porzione di mare” nel Padiglione Grenada 2022. Identity Collective.  Partecipo al progetto Congiunti, Giunti Editore, all’esposizione d’arte presso il Castello Sforzesco di Novara inaugurato dal dott. Radini Tedeschi che si terrà fino al 27 settembre. A ottobre sono presente alla mostra Congiunti, nel meraviglioso scenario di Bellagio presso la Torre degli Arti sul lago di Como.  A dicembre è prevista la mostra a Roma negli spazi della Cancelleria Apostolica e il Progetto Antologica ad Ivrea in due sedi istituzionali.

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Individuare spazi  non solo deputati all’arte, storicizzati, ma luoghi di partecipazione, di comunicazione dove si possa interagire, e come si diceva prima, fare gestione della conoscenza.
Credo sia importante offrire agli artisti incentivi economici attraverso la destinazione di fondi, cosi come avviene per la cinematografia, offerti da sponsor governativi o partecipanti, per creare spazi espositivi condivisi e fruibili. Nessuna esperienza artistica si sottrae a questa logica . E soprattutto che diventi evento abituale, radicato nel tempo. È necessario ricordare che noi siamo e rappresentiamo la terra dell’arte e della storia.

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