Come hai scoperto la tua passione per l’arte? Ci sono stati momenti o persone particolari che hanno influenzato il tuo percorso?
La mia passione per l’arte nasce insieme a me, fin dall’infanzia disegnavo molto e dipingevo tanto, per diletto e divertimento. Era un gioco. A 14 anni, poi, ho vissuto uno shock post-traumatico in seguito alla frana del mio paese e ho toccato con mano cosa significasse realmente vivere un disagio psichico. Da quel momento l’arte ha cambiato funzione: ho iniziato ad esporre le opere che creavo nelle quali liberavo tutti gli incubi che vivevo. L’arte è stato il mio mezzo catartico e lo è tutt’ora.
Per le persone che mi hanno influenzata sono stata fortunata: sin da bambina ho avuto un amico di mio padre, un bravissimo artista sarnese (Lorenzo Basile), che mi dava consigli, lo accompagnava a comprarmi le mie prime tele e colori. Durante l’adolescenza, poi, sono diventata amica di una ragazza la cui mamma era ed è ancora una grande artista del mio paese (Anna Crescenzi). Guardavo le sue creazioni, così pregne di dolore, e pensavo che nell’arte ci potesse essere la libertà di esprimere quello che a parole non si riusciva a cogliere e volevo farlo anch’io, come faceva lei. Infine, ho la fortuna di essere sposata ad un artista grandioso, (Fiore Robustelli), che si dedica all’iperrealismo. Avere un marito artista è una cosa fantastica perché ovviamente il confronto con lui è costante ed è di grande stimolo e pur avendo due tecniche e tematiche totalmente diverse, dibattiamo molto su ciò che creiamo. Non potrei chiedere di meglio.
Ci sono temi o concetti ricorrenti che esplori attraverso la tua arte? Cosa ti ispira maggiormente?
Tra i temi che ricorrono spesso nelle mie opere ci sono il corpo femminile e la religiosità, intesa come connessione con la propria spiritualità. I concetti su cui indirizzo maggiormente le mie ricerche sono i disagi psichici, come l’ansia, le fobie, le relazioni con gli altri e le crisi che ne derivano. Mi ispira molto la mia vita personale, quello che sento. Sono una persona lenta che fatica a stare al passo con i ritmi frenetici della vita ed è proprio l’arte, che vivo come una sorta di spiritualità appunto, che riesce a dilatare il tempo intorno e dentro di me.
Come pensi che il contesto culturale e sociale in cui vivi influenzi il tuo lavoro artistico?
Io vivo in un paese relativamente piccolo ma pieno di bellezze naturali che mi donano tanta ispirazione. E a Sarno, poi, ci sono tanti talenti, specialmente nel campo artistico. Sarno vanta artisti degni di nota e il continuo contatto con loro è di grande stimolo. Poi ho Napoli a mezz’ora da casa, per tutte le volte in cui ho bisogno di respirare “una boccata d’arte”.
Puoi raccontarci di un progetto o di un’opera a cui tieni particolarmente e spiegarci il motivo?
Uno dei miei ultimi progetti a cui tengo molto è “Ex voto”. Sono sette tavole che riproducono lo schema allegorico e stilistico degli ex voto cristiani. E’ l’elaborazione della fine di una relazione lunga e importante che ho vissuto. Creare queste sette opere mi ha permesso di scavare dentro di me, incontrare i sentimenti più veri che provavo e capire che ero una dipendente affettiva. E non è stato facile elaborare quella storia ma alla fine mi sono sentita grata per il bene che ne ho ricevuto e ho lasciato andare il male che la oscurava nel ricordo.
In che modo l’interazione con il pubblico influisce sulla tua pratica artistica? Ti capita di modificare il tuo lavoro in risposta ai feedback che ricevi?
Il pubblico mi lusinga e mi inibisce al tempo stesso perché c’è una parte di me che ha bisogno di esporsi, come ogni artista, ma tutti gli umori altrui mi appesantiscono e quindi di conseguenza, per liberarmi, ho bisogno di creare ancora. E’ un circolo vizioso. Però no, non mi è mai capitato di modificare un mio lavoro per qualche feedback ricevuto. Di critiche ne ho ricevute tante, ricordo ancora un signore che mi disse: “ E non è peccato sprecare una tela così”. Ma l’arte è fatta anche di sperimentazioni, non solo di figurativo, a me sperimentare dà soddisfazione.
Cosa pensi della commercializzazione dell’arte contemporanea? Pensi che possa compromettere l’integrità dell’opera o la sua funzione critica?
Sicuramente commercializzare un’opera dalle tematiche forti, come può esserlo la mia stessa, non è facile. Ho dipinto tele col sangue, sono consapevole che non è un prodotto “vendibile” ma, almeno io, ho bisogno che le mie opere dicano esattamente ciò che devono dire come lo voglio dire io. Per ora, quindi, non ho una risposta univoca a questa domanda ma se un giorno riuscirò a vendere tutte le mie opere allora ne riparleremo.
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