14 ottobre 2024

exibart prize incontra Ivana Noto

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La mia fotografia è intrisa di solitudine, bellezza e femminilità.

Ivana Noto

Come hai scoperto la tua passione per l’arte? Ci sono stati momenti o persone particolari che hanno influenzato il tuo percorso?

La fotografia è emersa nella mia vita in modo quasi inconsapevole, come se fosse sempre stata lì, in silenzio, aspettando il momento giusto per essere scoperta. Non l’ho cercata, né pianificata, è stato un incontro fortuito, ma inevitabile. È stato come scoprire una nuova lingua. È diventata il mezzo per dare voce a quelle emozioni silenziose, per trasformare ciò che sento in qualcosa di visibile e tangibile. Credo che la mia più grande influenza arrivi dalla mia terra, la Sicilia, con le sue ombre e la sua luce intensa; la sua infinita e sconfinata bellezza.

 

Ci sono temi o concetti ricorrenti che esplori attraverso la tua arte? Cosa ti ispira maggiormente?

La mia fotografia è intrisa di solitudine, bellezza e femminilità. Temi che nelle mie foto emergono spontaneamente. Ho sempre sentito una forte connessione con la malinconia del paesaggio e l’introspezione alla quale ti costringe il mare. Nelle mie foto cerco di catturare la vulnerabilità, quei momenti in cui la bellezza si intreccia con la fragilità. La mia attenzione va sotto la superficie, nei silenzi, negli spazi vuoti, negli anfratti nascosti che parlano di momenti in cui ci si sente sospesi. Mi trovo oggi in un punto del mio viaggio dove il mare infinito davanti a me rappresenta possibilità, libertà e una nuova vita. Non ho mai perso il legame con la mia isola, ma mi sono dovuta allontanare per salvarmi. Ogni scatto che realizzo porta con sé questa dualità: il mare finito alle spalle e quello infinito davanti. Fotografo per dare voce a quella parte di me che ha vissuto molte vite, per ritrovare la pace interiore, ma anche per testimoniare le cicatrici che porto con me, simboli di un viaggio che continua.

 

Come pensi che il contesto culturale e sociale in cui vivi influenzi il tuo lavoro artistico?

Le mie origini sicuramente segnano profondamente la mia visione. C’è nella mia terra una continua dualità, un contrasto tra le tradizioni e il desiderio di libertà. Questo si riflette nella mia fotografia: le mie immagini cercano di catturare quel senso di bellezza malinconica, una tensione tra ciò che è e ciò che potrebbe essere. Da isolana, il mare ha un ruolo fondamentale nel mio immaginario, e allo stesso tempo rifugio e prigione; infinito e confine. Anche la femminilità è centrale, intesa come un dialogo continuo tra fragilità e potenza. La mia storia, la luce che cambia le forme e la solitudine che trovo nei paesaggi vuoti hanno influenzato ed influenzano molto la mia arte.

 

Puoi raccontarci di un progetto o di un’opera a cui tieni particolarmente e spiegarci il motivo?

C’è un progetto che racchiude tanto di me, si chiama “Isola”. In questo progetto confluisce il mio lavoro di questi anni, il legame con questa terra che tanto mi ha dato e tanto mi toglie. Un’isola può essere un luogo di infinita bellezza ma anche di isolamento.c’è una foto che rappresenta tutto questo: le gambe di una donna che affondano nella sabbia, piedi che sembrano sprofondare. Nero è il colore dei suoi vestiti. Nero è il colore del lutto, il lutto delle donne della mia terra. La sabbia fragile, cedevole come terreno instabile. ho scattato questa foto in un giorno di luce abbagliante subito dopo la morte di mio padre. E quel contrasto tra la luce così intensa e il nero profondo dei vestiti parla di vita e di morte, di ombra ma anche di speranza. Sono delle gambe stanche ma anche possenti, capaci di muoversi rimanendo ferme. C’è una parola che noi usiamo spesso in Sicilia , è un ossimoro “moviti ferma” per dire resta. L’ennesimo emblema di questo dualismo tra evolversi e resistere, tra partire e restare, tra il desiderio di andare e la condanna all’immobilità . Questa contraddizione costante che fa parte anche della mia vita è ciò che mi porta fotografare, il bisogno di raccontare attraverso i dettagli, di vedere oltre l’apparenza e trovare la bellezza anche nei momenti di dolore.

 

In che modo l’interazione con il pubblico influisce sulla tua pratica artistica? Ti capita di modificare il tuo lavoro in risposta ai feedback che ricevi?

Il pubblico ha un ruolo importante, ma non è mai stato il mio punto di partenza. La mia fotografia nasce da una necessità intima, da un dialogo interiore che porto avanti con me stessa. Tuttavia, l’interazione con chi guarda le mie foto mi ha fatto riflettere su aspetti che non avevo considerato. A volte, ricevere feedback mi ha aperto a nuove prospettive, ma non ho mai cambiato un lavoro per adeguarlo alle aspettative del pubblico. Credo che l’arte debba essere fedele alla sua voce, e non modellata per piacere a qualcuno.

 

Cosa pensi della commercializzazione dell’arte contemporanea? Pensi che possa compromettere l’integrità dell’opera o la sua funzione critica?

La commercializzazione dell’arte può essere un’arma a doppio taglio. Da un lato, è fondamentale per permettere a molti artisti di vivere della propria arte. Dall’altro, esiste il pericolo che, inseguendo il mercato, si perda l’essenza dell’opera. L’arte, per me, deve mantenere una sua verità. Se si inizia a creare per rispondere esclusivamente a una domanda commerciale, l’integrità dell’opera può venire compromessa. Tuttavia, credo sia possibile trovare un equilibrio tra questi due mondi, mantenendo sempre l’onestà verso la propria visione artistica.

 

la luce e il lutto
La luce e il lutto

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