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exibart prize incontra Marilena Sutera

di - 18 Aprile 2023

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Il mio percorso artistico ha avuto una formazione classica abbastanza rigida presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, rafforzata anche dal fatto che venissi da una famiglia di scultori siciliani le cui opere erano di tipo classico naturalistico.
Per molto tempo ho riprodotto la realtà, ho eseguito, ritratti, paesaggi, nature morte, e dopo un periodo iniziale di pittura “tonale” accademica, mi sono lasciata catturare dal colorismo vitale dei movimenti espressionisti tedeschi e francesi, alla ricerca di un linguaggio personale.
In seguito ho incontrato il mondo dell’incisione, all’Accademia di Belle Arti di Firenze, poi presso la Scuola Internazionale d’Arte Grafica “Il Bisonte”, sempre a Firenze, e nel momento in cui è avvenuto questo incontro, l’immaginario è entrato a far parte dei temi del mio linguaggio. Pur praticando molta incisione, non ho mai abbandonato la pittura. Sono sempre stata dell’idea che un’artista debba conoscere più tecniche possibili per ottenere una varietà più grande di linguaggi.
Dopo aver praticato molta incisione calcografica, ho conosciuto anche altre tecniche di stampa, ho approfondito la conoscenza della serigrafia con il Maestro Mariano Durante a Madrid. Da diversi anni sono docente di Grafica d’arte e Serigrafia presso l’ Accademia di Belle Arti di Roma.
Nel mio lavoro ho praticato varie tecniche: pittura, grafica, serigrafia, assemblaggi, installazioni, videoinstallazioni, video e performance in collaborazione con il regista coreografo Aurelio Gatti. Ogni tecnica può essere valida per aiutarmi ad esprimermi.

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Per un lungo periodo ho eseguito molte acqueforti e pitture affollate di forme e figure, nel tempo questi affollamenti di forme e personaggi si sono ridotti, spesso il soggetto  protagonista ora è solo. Ricorre, nei lavori più recenti, l’immagine di una donna (probabilmente un auto rappresentazione) o in cammino o sospesa  in paesaggi astratti e le forme sono sempre di più isolate ed essenziali. Spesso durante il mio percorso espressivo sono state evidenziate tematiche che riguardano il mondo femminile, generate da un moto inconscio più che da un moto consapevole.
Alla base del mio lavoro c’è il disegno, nel senso di “forma dai limiti ben definiti”, qualsiasi forma essa sia, di un corpo o di una massa astratta, e c’è la memoria. Il mio lavoro parte da un innamoramento per alcune forme, dovuto forse ad una memoria che ho di esse e per questo mi appartengono come archetipi. Quando le scopro, lavorando molto, sovrapponendo e cancellando carte e segni, nel ricordo di emozioni del passato o del presente, queste forme si svelano, e sopraggiunge, quindi, l’esigenza di formare con  esse degli equilibri, delle geometrie invisibili che ottengo mettendo in relazione le forme tra di loro: esse si cercano, si chiamano, si sovrappongono, si escludono, a volte, si allontanano e poi all’improvviso si stabilizzano, rimangono sospese, interrompono la loro “danza”, il loro movimento, ritrovando ognuna il proprio centro, riscoprendo, l’una in relazione all’altra, la ragione del proprio esistere. Ho intitolato la personale del 2016 di Milano “Fuori centro” perché forse, alla base di questa ricerca di equilibri formali, sussiste una mia personale esigenza di ritrovare il mio centro, il mio equilibrio vitale.

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Il mio lavoro parte da un processo molto intimo, dalla mia relazione personale con i segni e con le forme . Se non trovo un’intima risonanza con il lavoro che eseguo , è come se questo perdesse il suo senso. Nel selezionare le storie, le forme, le composizioni cerco in esse una mia personale giustificazione, ma sono convinta che anche un linguaggio intimista, che si serve di simboli o visioni interiori, possa esprimere  concetti universali, come amore,  separazione, guerra, odio. Così, quando lavoro, e non sento più quella limitazione al mio desiderio di infinito, vorrei che la mia forma di appagamento  totale di armonia ed equilibrio,  fosse trasferita anche al fruitore del mio lavoro in una sorta di condivisione. Fare arte, quindi, non rappresenta solo desiderio di esprimersi ma anche quello di condividere e comunicare, per questo motivo la sua funzione nel sociale è molto importante.  Arte è comunicazione  di contenuti ed  ha un grande potere di seduzione, perché attraendo anche con metafore, riesce a sconvolgere dogmi e certezze assolute. E se un’opera è stata eseguita ispirata ad un determinato evento, la notizia scompare , il ricordo dell’evento rimane nell’opera e l’arte diventa memoria. L’Arte è strumento di riflessione perché messaggera di contenuti attraverso vari linguaggi, e questi vanno ricercati costantemente, compresi e sostenuti in qualsiasi ambito essi abbiano origine, quartieri, scuole, periferie del mondo.

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Continuare la mia ricerca, scoprire nuovi contenuti e sempre più nuovi materiali, passare nell’ambito della terza dimensione , realizzare installazioni polimateriche. Vorrei continuare a mettere a frutto le mie competenze tecniche nelle varie discipline, pittura, incisione, serigrafia, per farle convivere insieme. Vorrei in futuro confrontarmi con la realtà dell’arte contemporanea con residenze, collettive e rapporti con nuove gallerie.

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Trovo un forte disinteresse soprattutto da parte delle istituzioni pubbliche nei confronti di  questo settore. Mancano iniziative a livello pubblico ed istituzionale che incoraggino il mondo dell’arte, come istituzioni di fondi, borse e finanziamenti in genere, in particolare per sostenere l’arte contemporanea. Andrebbero sicuramente finanziate aperture di nuovi musei, ristrutturazioni di questi nell’ambito del contemporaneo e del classico. In Italia ci sono, per esempio moltissimi musei minori che soffrono per mancanza di visitatori e finanziamenti. Andrebbero promosse sempre più nuove iniziative, sia nel pubblico che nel privato, come mostre, eventi o progetti di catalogazione di collezioni che possano far conoscere l’immenso patrimonio artistico del nostro paese, da quello più antico a quello più recente. Soprattutto vorrei che si parlasse di più di arte visiva contemporanea, anche nei media più diffusi. Una maggiore attenzione rivolta in questi ambiti, consentirebbe ad un maggior numero di artisti e curatori, soprattutto ai più giovani, di operare nel mondo dell’arte, con grande spirito di rinnovamento e con un respiro molto più ampio.

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