07 gennaio 2025

exibart prize incontra Marina Comerio

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Il cuore anatomico è sicuramente un motivo ricorrente nelle mie creazioni che ho sviluppato con più tecniche e materiali.

Marina Comerio

Come hai scoperto la tua passione per l’arte? Ci sono stati momenti o persone particolari che hanno influenzato il tuo percorso?

La mia affinità all’arte era emersa in un test attitudinale svolto banalmente in quella fase di scelta di un percorso scolastico. Era stata del tutto accantonata perché ancora non così conclamata e soprattutto utile nel mondo pragmatico dove avrei dovuto vivere.
Successivamente, attraversando un periodo di vita difficile e confuso, ho deciso di dare una chance a questa inclinazione mai del tutto coltivata, frequentando lo studio di un pittore ed imparando le basi del disegno e del colore. Ho iniziato quindi come cominciano tutti dall’arte figurativa cercando di avvicinarmi il più possibile alla perfezione della natura e del corpo umano. Ho subito man mano una crescita personale prendendo sempre più le distanze dal reale ed addentrandomi istintivamente nel campo dell’installazione e dell’arte concettuale che al momento caratterizzano e stimolano la mia creatività.

 

Ci sono temi o concetti ricorrenti che esplori attraverso la tua arte? Cosa ti ispira maggiormente? 

Il cuore anatomico è sicuramente un motivo ricorrente nelle mie creazioni che ho sviluppato con più tecniche e materiali. Lo trovo senz’altro l’organo più interessante sia da un punto di vista estetico che simbolico, al quale si possono attribuire molteplici interpretazioni. Più in generale, amo parlare dei rapporti umani, delle interazioni, delle conseguenze senza tralasciare i temi di denuncia e di attualità per i quali spesso mi trovo a collaborare con comuni o associazioni dedicate.

 

Come pensi che il contesto culturale e sociale in cui vivi influenzi il tuo lavoro artistico?

Amo le mostre di arte contemporanea, cerco di visitarne parecchie durante l’anno. Amo osservare il lavoro altrui, l’azzardo di certe opere, l’originalità, la ricerca. Non mi sento di dire che prendo ispirazione ma certamente mi lascio contaminare, rielaborando poi anche inconsciamente ciò che ho visto in lavori miei, del tutto personali. Certamente anche l’attualità mi porta a riflettere e mi spinge a fare denuncia, ad esprimere il mio parere sempre delicatamente anche se in modo netto e preciso.

 

Puoi raccontarci di un progetto o di un’opera a cui tieni particolarmente e spiegarci il motivo?

Il mare, l’acqua più in generale hanno portato alla creazione involontaria di una serie di pezzi che fanno pensare ad un progetto ampio e poliedrico. Installazioni, sculture, video art nate in momenti diversi e con finalità diverse, hanno invece lo stesso fattore comune del mare come richiamo, come entità misteriosa, pericolosa da un lato ma anche accogliente dall’altro se ci si spinge verso il parallelismo col grembo materno. Un leitmotiv involontario che sta in assonanza perfetta con il mio nome e per il quale dunque non posso che sentirmi affine.

 

In che modo l’interazione con il pubblico influisce sulla tua pratica artistica? Ti capita di modificare il tuo lavoro in risposta ai feedback che ricevi?

L’interazione con il pubblico è per me fondamentale. Le mie installazioni sono prevalentemente immersive. Lo spettatore può e deve camminarci in mezzo, spesso interagendo attivamente. Il suono è un elemento importantissimo che uso frequentemente per accompagnare la mente di chi osserva in sensazioni o ricordi, per far suscitare emozioni del tutto personali. Lo spettatore non deve essere passivo di fronte ad un’opera d’arte, deve diventarne quasi parte integrante. Amo particolarmente poi raccogliere impressioni e commenti. Mi sono utili per capire, per capirmi, per vedere la tematica da più prospettive, anche inimmaginate. Esse sono motivo di crescita personale anche se difficilmente mi costringono a modificare l’opera in loro funzione.

 

Cosa pensi della commercializzazione dell’arte contemporanea? Pensi che possa compromettere l’integrità dell’opera o la sua funzione critica?

La commercializzazione dell’arte ne svilisce spesso il significato e l’autore stesso diventa solo una sorta di produttore di materiale più o meno vendibile. Non frequento molto volentieri realtà commerciali spesso a discapito del sostentamento del mio stesso lavoro. Mi sento molto più appagata dal livello culturale proposto, dalla qualità delle opere che mi circondano, dalla ricerca che si riscontra dietro certi curatori che non si accontentano di una quota partecipativa ma che realmente vogliono costruire un percorso artistico stimolando il pubblico alla riflessione.

 

Alta marea
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