28 ottobre 2022

exibart prize incontra Rosa Maria Raffaele

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Gli elementi principali del mio lavoro sono le argille, le pietre e i materiali naturali in genere e sostenibili per l’ambiente.

Rosa Maria Raffaele

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Il mio percorso artistico è iniziato da bambina, ho intrapreso i primi rapporti di fiducia con i miei collezionisti all’età di 13 anni. Figlia d’arte, mio padre pittore e scultore mi portava con sé nei laboratori in cui lavorava. Il passo dalla grafica alla scultura in terracotta è stato breve, poi i simposi di scultura e medaglistica mi hanno dato modo di conoscere artisti da tutto il mondo prima dei 18 anni. Mi sono laureata in lingue e ho studiato arte presso il Liceo Artistico di Porta Romana di Firenze. La mia produzione ha festeggiato i 40 anni quest’anno, contando un quantitativo di opere pezzi unici incalcolabile. Sono un’artista prolifica. Le due strade della mia carriera, quella linguistica e quella artistica si protraggono tutt’ora, dandomi la possibilità di scambi culturali e artistici sulle soluzioni formali e concettuali frutto di sperimentazioni e contatti esteri. Oggi la sperimentazione continua
sull’associazione dei materiali finalizzata ad una sempre più efficace espressione delle emozioni.

 

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Gli elementi principali del mio lavoro sono le argille, le pietre e i materiali naturali in genere e sostenibili per l’ambiente. Escludo dal mio lavoro le plastiche anche se riciclabili, le resine e tutti quegli elementi potenzialmente inquinanti come le vernici.

 

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

L’Arte può interagire con la società solo se leggibile a livello comunicativo, se lascia un’eco
complementare con il mondo emotivo del fruitore, se la persona si riconosce o riconosce qualcosa del proprio vissuto nell’opera che osserva, in modo che si instauri una corrispondenza di “amorosi sensi” tale che l’osservatore non sia più lo stesso dopo l’incontro con l’opera d’arte.

 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Non ho programmi per il futuro, ho sogni e una convinzione: qualunque sia il grado di apprezzamento del mio lavoro, che io porto avanti con sacerdotale devozione e profondo rispetto, fatto di passione e vita, andrò avanti per la mia strada, tra polvere di caos, navigando a vista.

 

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Le Istituzioni sono troppo impegnate a fare da funamboli tra le parallele della politica e dell’economia per riconoscere che il mondo ha bisogno di stare bene nella mente da cui dipende il benessere del corpo, quindi ha bisogno di cose belle e buone, obiettivo da perseguire attraverso progetti e relative agevolazioni economiche che promuovano la diffusione di una nuova concezione dell’arte, non sensazionale ma intima, non asservita al mercato di pochi, ma nella sua funzione terapica per tutti.
Dal canto loro i curatori dovrebbero fare lo sforzo di uscire dagli stereotipi delle classificazioni dell’arte ( moderna / contemporanea) per capire che il valore economico ed empatico dell’arte va al di là dei percorsi economico-culturali a circuito chiuso. Uscire da queste limitazioni agevolerebbe sicuramente gli artisti e rinnoverebbe le visioni dei curatori.

 

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