Qual è stato il tuo percorso artistico?
Dopo aver conseguito una laurea in lettere e filosofia alla Sapienza di Roma, un certificato di Arte Contemporanea al MOMA di New York e un diploma di II Livello di Pittura-Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma; ho esposto come pittore e scultore in numerose personali e collettive in Italia, Francia, Emirati Arabi Uniti, Lettonia, Regno Unito e Russia. Ho anche ideato e curato due mostre: «Intorno al Futurismo» a Villa Madama, Palazzo delle Esposizioni, Fondazione Memmo, Museo del Genio Civile, Ambasciate e Accademie straniere; e «Intorno alla Seduzione – Susanna de Lempicka» a Palazzo Valentini, Roma; ed infine ideato e curato diversi programmi socio-culturali per la RAI – Radiotelevisione italiana. Sono fondatore del Movimento VulnerarTe realizzato nell’ambito dell’Accademia di Belle Arti di Roma.
Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?
Sto curando da diversi anni un progetto di ricerca artistica denominato “Corpus-et-Vulnus”. Il progetto elaborato negli spazi del Museo del Laboratorio della Mente grazie al supporto dell’Accademia di Belle Arti di Roma, il Comprensorio Santa Maria della Pietà di Roma e della ASL Roma 1, intende – attraverso le risorse estetiche ed etiche – mettere allo scoperto un sistema sociale limitato a disarmare il corpo e la sua fragilità nello stato di eccezione, all’interno delle cattedrali contemporanee della vulnerabilità : ex-carceri, ex-manicomi, ex-ospedali…. Questi luoghi che scelgo per ospitare le mie opere sono spazi intesi non solo come fisici ma nello stesso tempo mentali, cercati fuori da spazi convenzionali, da una consuetudine. Individuati proprio per considerare l’arte in una diversa prospettiva, dove porsi il problema di uno spazio non solo formale, estetico, ma etico, politico, all’interno del quale i miei dispositivi comunicanti andranno a situarsi per sottoporre lo sguardo ad un urto. Un campo esperienziale potenziale, uno spazio meditativo nella sua limpida nudità , perché il fruitore mediti a partire dalla vibrazione degli elementi preesistenti, dalla sensibilità e dall’energia che questo spazio, unico e non intercambiabile, esprime. Spazio espositivo, quindi, inteso come libertà , come opposizione alla convenzione, come riparo dall’invadenza della superficialità e dall’intrattenimento che impongono all’arte un degrado e una sottomissione intollerabili.
In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società , diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?
Questa società , pur con tutti i suoi innegabili progressi, fallisce la sfida della vulnerabilità : non solo perché non riesce a generare risorse di senso per una vita che è imperfetta e fallibile, ma anche perché si manifesta inadeguata anche per la cura e la protezione delle persone più fragili e più deboli: come se fossero fatalmente più povere di dignità e più ragionevolmente sacrificabili. Il drammatico presente rende invece necessario riscoprire la forza e l’energia fondativa della vulnerabilità nell’uomo per ricomporre un progetto artistico umanistico e civile – economico, sociale, politico, culturale – all’altezza dei tempi che viviamo. In quest’ambito l’arte può essere un mezzo potente per slacciare la vulnerabilità e farla emergere, creando spazi di autenticità ed empatia.
Quali sono i tuoi programmi per il futuro?
Ho appena pubblicato il libro derivante dalle evidenze sperimentali e osservative del mio processo artistico “Corpus et Vulnus, omaggio ai maestri Tà pies, Kiefer, Parmiggiani”, dal cui progetto, grazie al patrocinio e supporto del Movimento VulnerarTe, il prossimo mese di maggio sarà allestita una mia mostra personale di pittura-scultura, a carattere site-coexistence, in cui presenterò per la prima volta i miei “OAC Organismi Artistici Comunicanti”. Con questo nome voglio alimentare un’idea dell’arte con matrice performativa strettamente legata alla vita ed a una natura del tutto collaborativa tra artista, partecipante, luci e luogo espositivo. Così come ben descritto dalla preziosa prefazione dello storico e critico d’arte Franco Speroni. Subito a seguire sarò impegnato nella realizzazione del cortometraggio d’arte “Vulnerare”. Entrambe le iniziative saranno ambientate presso l’ex-Carcere di Castello a Velletri; uno spazio dell’800 che 40 anni fa è stato abbandonato e oggi è ibernato nelle condizioni immutate in cui è stato lasciato, con i di-segni, i graffiti, le brande, gli spazzolini, gli umori del tempo trascorso…
In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?
Le istituzioni oggi sono gli unici bunker per gli artisti e i curatori per difendere una idealità , una fantasia poetica, un’idea di segreto della contemporaneità ; in ogni caso per difendere tutto quello che di vitale c’è in un gesto manuale e immediato racchiuso nel processo artistico e curatoriale da cui comunque la realtà può offrire altre possibilità . Una realtà quindi che si allontana fino a separarsi dal corpo ri-creato e che corre per il mondo a ri-portarvi l’originaria forza inconsumabile dell’Arte.
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