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Intervista a Hylde Salerno

di - 7 Agosto 2022

Hylde Salerno, classe 1984, nasce e vive a Sarno (SA).
Prende parte a collettive artistiche di grande rilevanza nazionale quali la Biennale di Salerno,“Women” al Museo di Storia M.O.A. Eboli, Artemediterranea Biennale a Pisa, “Arte per la Giustizia” al Complesso San Giovanni di Cava de’ Tirreni, “Survival” al C.A.M. di Casoria. Partecipa ad  alcune tra le più importanti rassegne culturali del suo paese, quali Settembrelibri. Si impegna in eventi per il rilancio artistico del Borgo San Matteo, quali Resurrexit e Settembre al Borgo. Una sua opera fa parte della collezione permanente della pinacoteca parrocchiale di San Matteo a Sarno. Vanta diverse pubblicazioni tra cui un catalogo edito da Arpeggio Libero Edizioni”Dimenticanze” e “Maternità”.

  1. Qual è stato il tuo percorso artistico?
Ho amato l’arte sin da bambina, disegnavo molto e dipingevo, quindi l’arte è stata una costante della mia vita. A14 anni ho vissuto uno shock post-traumatico in seguito ad una catastrofe naturale nel mio paese e ho toccato con mano cosa significasse realmente vivere un disagio psichico. Da quel momento ho iniziato ad esporre le opere che creavo nelle quali liberavo tutti gli incubi che vivevo. L’arte è stato il mio mezzo catartico e lo è tutt’ora.
  1. Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?
Le tematiche delle mie opere sono l’ansia, la fobia, la claustrofobia, i disagi psichici e quelli femminili. Negli ultimi anni ho messo il mio corpo al centro della narrazione artistica, quindi integro foto alle mie opere.
  1. In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?
Credo che il grande dolore della nostra società, troppo veloce e troppo competitiva, sia proprio il numero elevato di persone che soffrono di ansia e depressione e la loro sensazione di sentirsi sole. Io dipingo questo, insceno questo disagio, usando anche il mio corpo e la mia immagine per esprimere qualcosa di intimo e personale ma al solo scopo di farlo diventare collettivo e sociale. Quante persone si sono riviste nelle mie opere e si sono sentite meno sole? E non è proprio il sentirsi meno soli che spinge al cambiamento?
  1. Quali sono i tuoi programmi per il futuro?
Sto progettando delle istallazioni che possano registrare in modo concreto le emozioni di chi le visita per contribuire alla creazione dell’opera.
  1. In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?
Ci vorrebbe una politica che desse allo status di “artista” una dimensione concreta e dignitosa. Al Sud Italia, in alcuni paesi, le arti sono ancora poco incentivate ed essere un artista è considerato ancora un hobby e non un lavoro a tutti gli effetti. Questa mancanza di riconoscenza dell’artista come lavoratore porta a mettere l’arte in secondo piano rispetto alle faccende “concrete, della vita vera”, come se l’artista vivesse di tempo libero se non addirittura di perdita di tempo. E per fare questo ci vogliono professionisti e artisti all’interno delle istituzioni.

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