And the winner is…Luca Staccioli! Al termine di un lungo processo di selezione, avevamo annunciato il nome del vincitore della seconda edizione di exibart prize 2021 qualche settimana fa. In un’edizione particolarmente ricca di proposte convincenti, scegliere tra le opere presentate per individuare il nome da premiare non è stato un lavoro semplice per la nostra giuria, composta da Stefano Raimondi (ArtVerona), Silvia Simoncelli (Naba), Giovanni Iannaccone (Collezionista), Michela Rizzo (Gallerista), Federico Pazzagli (exibart), Gabriel V. Luciani (Curatrice) e Emilio Vavarella (Artista). 12 gli artisti finalisti: Mattia Sugamiele, Nicola Guastamacchia, Stefan Milosavljevic, Edson Luli, Lucrezia Costa, Luisa Turuani, Iacopo Pinelli, Tatiana Villani in ex aequo con Cristiano Carotti, Elisa Leonini in ex aequo con Lisha Liang. Un parterre ricco di stili e tecniche. Ognuno il suo segno. Alcuni nomi già li conoscete, altri imparerete a conoscerli, la loro strada tornerà a incrociare le cronache e le storie dell’arte contemporanea. E noi siamo curiosissimi di dare un’occhiata alle tante nuove candidature stanno arrivando: la call per la terza edizione di exibart prize, che ricadrà sul biennio 2022-2023 e presenta una serie di nuovi premi e benefit, è aperta e attivissima (qui trovate tutte le informazioni). Ma oggi riavvolgiamo il nastro di exibart prize, per scoprire qualcosa di più sulla ricerca e sulle esperienze artistiche di Luca Staccioli, direttamente dalle sue parole.
Prima di tutto complimenti per exibart prize 2021. Un commento su questo successo? Perché hai deciso di partecipare a questo premio? Quali sono le tue aspettative?
«Sono ovviamente molto felice. Ho applicato al premio per l’importanza che exibart ha, il suo network, le grandi capacità di comunicazione attraverso i molti canali. Questo premio offre molte possibilità: non solo economiche, che mi permetteranno di fare ricerca e sperimentare più liberamente, ma avrà grande importanza il dialogo con il vostro gruppo, così come le possibilità espositive da sviluppare assieme. Sono sicuro nascerà un ottimo rapporto».
Per partecipare a exibart prize hai caricato sulla tua pagina personale una serie di opere. Puoi parlarcene? Secondo quali criteri le hai scelte?
«Ho cercato di mostrare vari progetti mettendo in luce un percorso di ricerca che, muovendosi tra vari media e temi trasversali, è una narrazione per capitoli.
Primo è Was it me? Screen memories (2017), video che vinse il Premio Fabbri. È un viaggio voyeuristico tra luoghi sconosciuti e memorie familiari, costituito da immagini digitali, suoni, testi, oggetti quotidiani, souvenirs. Parla dell’apparente annullamento delle distanze geografiche e della creazione dell’alterità.
Poi Donner a Voir (2018), mostra intesa come opera, un racconto autobiografico che parte dal mio cognome per diventare una riflessione universale e trans temporale su identità e violenza della Storia. È composta da fotografie, disegni, documenti storici, sculture, suoni, materiali anche decomponibili. Al centro c’è Studio per un figlio #1, un assemblage polimaterico focalizzato sull’infanzia. Il progetto è stato possibile grazie alla Fondazione Pini.
In Please stand behind the yellow line (DHG), video del 2019, guanti gialli di gomma compiono gesti quotidiani scanditi dalla sveglia di un cellulare. Racconta di una realtà normativizzata dove il corpo scompare. I resti sopravvivono, diventano immagine, altra, della vita.
Ho inserito poi la serie Familiar pics avviata nel 2019. É composta da disegni, disegni su carta scottex, collage, ricami, sculture. Anche le cornici diventano scultoree: si trasformano in corpi ibridi, nel quale si raddensano elementi quotidiani, scarti, residui di forme di vita. Compleanno #5 è una torta fatta di unicorni, boccette di antidepressivo, macerie: un tempio alla decadenza.
Infine Ricreazione, mostra nello spazio di Osservatorio Futura. Erba sintetica, cemento, suoni, sculture di ceramica e gesso creano una immagine di un playground. Ci sono giochi con i quali i bambini diventano adepti obbedienti di una adultità fatta di obblighi e illusioni. La ricreazione dovrebbe essere spensieratezza, sospensione delle attività lavorative, socializzazione. Tuttavia gli spazi di aggregazione spontanea e tempo libero sono erosi dai luoghi di consumo compulsivo, palestre di produttività. Così nasce la serie Checkout: il carrello della spesa, icona degli acquisti online, diventa feticcio, come feticcio è la merce che contiene. È rovina votiva e materia preziosa».
Nel tuo percorso di formazione hai studiato materie come musica e filosofia, per laurearti in Arti visive e Studi curatoriali alla NABA. Questa eterogeneità si riflette anche nei tuoi progetti, che spesso combinano non solo materiali ma anche suggestioni e ispirazioni diverse. Che peso ha, nella tua ricerca, l’ibridazione di linguaggi, materie e competenze?
«L’ibridazione è fondamentale: la commistione di riferimenti, spesso caotica e quasi non rintracciabile, è centrale nel mio processo creativo. La fluidità è fondamentale, è un modo per schivare significati prestabiliti e creare nuovi scenari. Quindi i miei riferimenti sono davvero ampi, dalla musica classica a quella pop, alla pittura, a immagini e oggetti quotidiani. La filosofia è una matrice di pensiero critico. Il tutto viene continuamente rimpastato e messo in discussione. Fare arte è il modo in cui penso e costruisco anche la mia identità. É un processo in continua evoluzione. Ibridare linguaggi è per me uno statement sia artistico che politico».
Workshop e residenze, oggi, sono modalità di lavoro sempre più diffuse, in particolare tra artisti giovani e mid-career. Hai partecipato a molte esperienze di questo genere? Cosa ti hanno dato modo di fare / pensare?
«Non ho partecipato a molte residenze. Spesso ho preferito lavorare nella quiete del mio studio. Importanti sono stati un workshop assieme a Luca Vitone e successivamente una residenza a Linz: ho iniziato a concepire meglio il lavoro artistico per farne un percorso più maturo dopo gli studi».
Progetti per il futuro?
«Sto lavorando moltissimo, al momento sono in una fase di fermento tra ricerca, letture, sperimentazioni materiche. Spazio tra diversi progetti, sto lavorando a un nuovo progetto video e sto portando avanti la scultura, il disegno, il ricamo. Ho vari progetti di ricerca ed espositivi per il 2023, non vedo l’ora!».
Artista visivo e ricercatore, Luca Staccioli ha studiato musica, filosofia, pittura all’Accademia Ligustica di Genova, arti visive e studi curatoriali presso NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Nel 2018 ha vinto il Premio Fabbri, sezione Arte emergente, e nel 2017 il secondo premio Talent Video Awards, di Careof, FIDMarseille, Mibact.
Luca Staccioli intende la sua pratica artistica come una ricerca sperimentale orientata alla processualità, includendo media e linguaggi eterogenei, tra cui video, suono, scultura, ricamo, disegno, collage. Pensate come narrazioni, le sue opere tendono a mettere in discussione i valori prestabiliti e affrontano temi come quelli del colonialismo, dello sfruttamento dell’emozionalità, degli immaginari assurti a tendenze omologanti.
Tra le sue mostre personali recenti: 2022, “Ricreazione”, a cura di Federico Palumbo, Osservatorio Futura, Torino; 2021, “Niente può mantenersi sano di mente in condizioni di assoluta realtà”, a cura di Dario Moalli, State of, Milano; 2018, “Donner à voir”, Fondazione Pini, Milano; 2018, “The other other, familiar other”, a cura di Bite the Saurus, Riot Studio, Palazzo Marigliano, Napoli; 2017, Studio Visit duo show a cura di Pietro Gaglianò, Museo Masaccio-Giovanni Mannozzi, San Giovanni Valdarno. Tra le collettive si ricordano: 2019, “Teatrum Botanicum”, a cura di Giulia Mengozzi, PAV padiglione arte vivente, Torino; 2019, “Voi rubate del tempo alla fretta, a noi il mare ci impone lentezza”, CASTRO project, a cura di Alberta Romano e Vincenzo Di Marino, Villa Di Lorenzo, HYPERMAREMMA, Ansedonia, Grosseto.
Ha preso parte a residenze e workshop tra cui: 2016, Salzamt International Residency Program, Atelierhaus, Linz, Austria; 2014, workshop “Memory in Pocket”, con Luca Vitone, Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova.
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