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Giovedì 15 ottobre 2020, opening dalle ore 15.00 alle ore 21.00
Venerdì 16 e sabato 17 dalle ore 15.00 alle 21.00
Fino al 28 novembre 2020.
Visite: dal Giovedì al Sabato dalle 15.00 alle 19.00 altri giorni su appuntamento.
Sabato 24 ottobre, live “Au Language” di Fabrizio Saiu, ore 20.00 su prenotazione.
Altri eventi verranno annunciati nel corso della mostra.
A+B gallery, Corsetto Sant’Agata 22, scala C primo piano, 25121 Brescia
gallery@aplusb.it / www.aplusbgallery.it
Artisti in mostra:
Hermann Bergamelli, Max Frintrop, Marco Gobbi, Silvia Hell, Tobias Hoffknecht, Osamu Kobayashi, Simon Laureyns, Marco La Rosa, Michele Lombardelli, Davide Mancini Zanchi, Tiziano Martini, Marco Neri, Nazzarena Poli Maramotti, Markus Saile + Hanne Darboven (in collaborazione con Arengario Studio Bibliografico).
Alla fine del XX secolo, il pensatore francese Félix Guattari ha avvertito del ritorno della questione della soggettività all’inizio del nuovo millennio. Ha incoraggiato tutte le discipline a combinare la loro creatività per scongiurare la barbarie e l’implosione mentale che potrebbero risultare dall’accelerazione che le nostre vite tecnologicamente mediate portano con sé. Oggi osserviamo come si stanno realizzando le sue previsioni: assistiamo ad un aumento dei disordini psichici e sociali dovuti al proliferare di fenomeni ed eventi che sfuggono al nostro controllo. In effetti, non abbiamo nemmeno il tempo di pensarci in modo critico. Ci troviamo in mezzo al caos senza trovare una via d’uscita. 15 → The Waiting Hall cerca un momento di transito. Potremmo immaginarlo come luogo di attesa all’interno di una ritmica più ampia. Guardandola nel suo insieme, la produzione artistica contemporanea è poliritmica, esistono storie parallele che coesistono, unità minime, collettive, biologiche e di pensiero che, spesso con sguardo contradditorio danno significato al prossimo battito. 15 → The Waiting Hall è un insieme di opere e pensieri collegati in forma di mostra che tratta le novità dagli atelier e alcune scelte di galleria. Questa idea presenta una nuova composizione di proposte artistiche che non cercano di stabilire un unico significato ma al contrario, espongono le traiettorie plurali e divergenti degli artisti selezionati nonché le loro capacità uniche di plasmare nuove sensibilità nell’arte contemporanea. In The Waiting Hall, l’ossessiva poesia matematica di Hanne Darboven convive con la molteplicità di stili, linguaggi e forme degli artisti rappresentati nella nostra galleria. La presentazione di una selezione di libri e documenti originali di Darboven, corrispondente alla sua produzione degli anni ’80 / ’90, è il prodotto della collaborazione con L’Arengario Studio Bibligrafico (che il 17 ottobre ore 17.00 inaugura la mostra “Hanne Darboven 1968 – 1980” curata da Valentino Tonini e organizzata con Alex Bacon): questi materiali, esposti in vetrina, ci spingono a considerare le rotture e le continuità della storia nella cultura occidentale, formulando, allo stesso tempo, nuove domande sulla deriva dell’epoca attuale e sul suo rapporto ambiguo con il passato.
Siamo su una soglia, è ancora troppo presto per sapere cosa ci riserva il divenire. Questa mostra è un invito a vivere la situazione di attesa senza angoscia, a rompere i ritmi patologici che bloccano la nostra capacità di godimento estetico e ad entrare in sintonia con la polifonia di colori, significati, linee di fuga e tocchi alternativi che servono per incontrarci.
HERMANN BERGAMELLI (Bergamo 1990 – Vive e lavora a Bergamo)
A+ B Gallery presenta per la prima volta le sculture – tessiture di Hemann Gergamelli, tappezzeria e materia accumultata, lavorata secondo una nervosa e liberatoria gestualità ripetuta e meticolosamente organizzata.
Hermann Bergamelli intende la ripetizione come atto generativo che trova ordine nella materia tessile, con riferimenti alla pittura minimalista.
MAX FRINTROP (Oberhauser 1982. Vive e lavora a Dusseldorf).
Dai nuovi sviluppi gestuali e coloristici in ambito pittorico, nascono i lavori inediti di Max Frintrop.
L’utilizzo del colore e il gesto espressivo consentono a Frintrop di creare spazi pittorici poetici ed introspettivi. Lo spazio inteso come mezzo per poter spingere le forme al limite delle proprie possibilità con l’aiuto di un gesto dinamico e articolato in termini di colore e materia.
MARCO GOBBI (Brescia 1985 – Vive e lavora a Brescia)
La sua produzione parte da storie che evocano situazioni incomplete. Vicino ai mestieri antichi e al lavoro manuale, presenta rimandi letterari e avvenimenti attraverso oggetti in grado di raccontare una storia carica di memoria. Ogni singola opera trattiene un ricordo ben preciso. Testimonianze personali e realmente accadute che documentano la sua costante e diversa ispirazione. Marco Gobbi approfondisce e riesce a far propria la tecnica, trasformando i processi tradizionali in arte contemporanea.
SILVIA HELL (Bolzano 1984. Vive e lavora a Milano)
In questa occasione si presenta una serie inedita di fotografie di Silvia Hell nate dalla ricerca sulle fonti e sviluppata nel corso della residenza Summer In da FuturDome, Milano. Si tratta di scatti della videoinstallazione Lightsourcing e del suo studio a FuturDome, entrambi centrati sulla relazione tra luce e architettura. La ricerca di Silvia Hell si basa sulla produzione di tensioni tra l’oggettività convenzionale ed i modelli di presentazione. Le sue formalizzazioni, le sculture, i video e le stampe di vario tipo, nascono da uno spettro di valori che si confrontano con l’intuizione visiva.
TOBIAS HOFFKNECHT (Bochum 1987. Vive e lavora a Dusseldorf)
Un nuovo lavoro scultoreo posizionato a terra di Tobias Hoffknecht sarà prodotto per l’occasione. L’artista centrato sugli standard e quanto questi siano trasformativi della realtà, si è spostato anche in campo bidimensionale con nuove serigrafie che verranno presto esposte. Sculture in acciaio, legno e plastica che giocano con la tradizione del Bauhaus e dell’Arte Minimal. Esse appaiono nella loro semplicità, ma ad un esame più attento, sviluppano la loro poetica, frutto del materiale stesso e della trasformazione del linguaggio in nuovi contesti.
SIMON LAUREYNS (Gent 1979, Vive e lavora a Gent)
Il lavoro di Simon Laureyns parte dal tessuto consunto delle tende da campeggio, materiale duttile in grado di diventare un alfabeto di forme tridimensionali che si trasformano in unità pittoriche e scultoree.
L’artista usa l’arte della pittura come fondamento, senza l’uso di vernice, pennelli o tavolozza. I suoi lavori nascono dalla relazione tra la pratica in studio e la pratica del mondo, momenti distinti, ma che inevitabilmente si influenzano incessantemente. Un rapporto dal quale l’artista ritrova uno spazio per la definizione dell’immagine.
MARCO LA ROSA (Brescia 1979. Vive e lavora a Brescia)
Marco La Rosa che ha in preparazione la mostra personale di febbraio 2021 per A+B Gallery, presenta un lavoro recente: i Vizi Capitali interpretati con il suo materiale d’eccezione, il cemento, e visti attraverso i capitoli dedicati all’inferno della Divina Commedia. Uno degli aspetti più evidenti della sua ricerca è il legame con l’ambito filosofico, matrice concettuale non solo dei cicli di opere scultoree, ma più in generale del pensiero dell’artista, del suo modo di sentire il mondo e le leggi universali che lo regolano.
MICHELE LOMBARDELLI (Piacenza 1969. Vive e lavora in provincia di Piacenza)
La ricerca formalmente rigorosa di Michele Lombardelli si rifà alla realtà e alla sua riduzione grafica e geometrica. Un libero processo che si traduce in una serie di tempere e acrilici su tela di media e grande dimensione, ma anche ed in particolare, su piccole tavole preparate.
I suoi lavori passando da una destrutturazione del dato reale, delineano percorsi di segno che non giungono mai a coagularsi nell’unità di significato ma si fermano alla soglia dell’indefinitezza e dell’indeterminatezza. Una ricerca costantemente essenziale e riduttiva.
DAVIDE MANCINI ZANCHI (Urbino 1988. Vive e lavora in provincia di Urbino)
La produzione di Davide Mancini Zanchi concentra la sua ricerca su stereotipi culturali e con ironia fotografa attraverso la pittura un oggetto culto della scuola, il quaderno monocromo.
Da tempo gli oggetti quotidiani sono usati come pretesti per giungere ad una inedita e paradossale libertà che guarda verso molteplici direzioni concettuali. Il suo lavoro spesso si concentra su meccanismi sociali, culturali e antropologici che vengono mostrati da una angolazione anomala, con il risultato di far risaltare tutte le loro contraddizioni.
TIZIANO MARTINI (Soltau, 1984. Vive e lavora in provincia di Belluno)
A+B Gallery presenta per la prima volta le grandi tavole di Tiziano Martini, eseguite con vernici poliuretaniche bi-componenti lavorate per stratificazione e levigate. L’ambiguità visiva che le caratterizza (marmo, vetro e fotografia) nasce dalla complessità della tecnica che vede l’utilizzo non convenzionale di vernici tecnicamente molto raffinate. Il suo lavoro è una riflessione continua sulle potenzialità dell’atto pittorico, un dialogo con le superfici e i materiali, uno spostamento perenne dai risultati predefiniti. Intuitiva e accidentale, la sua pittura si manifesta come la registrazione di esigenze performative dai risultati visivi sempre imprevedibili e diversi tra loro.
MARCO NERI (Forlì 1968. Vive e lavora a Lecce)
Pittore tra i migliori della sua generazione. In questa prima occasione espositiva sono stati scelti due lavori icona: una eterea Mirabilandia di piccole dimensioni e una coppia di lavori sull’architettura derivati della serie Nero di Marte. Le sue opere, tendono alla sintesi e all’essenzialità arrivando a far coincidere la realtà con un numero ristretto di forme e colori, negando la funzione illustrativa della pittura e legando i dati figurativi alla logica del ritmo diretta “a moltiplicare i sistemi di equivalenza”
NAZZARENA POLI MARAMOTTI
La sua ricerca parte da soggetti classici: ritratto, vaso di fiori e principalmente paesaggio, sempre visti da angolazioni del tutto diverse. Attraverso un particolare interesse alla forma frastagliata, discontinua e disorganica, Il paesaggio emerge in zone marginali. Le macchie e i segni (rocce, montagne, nuvole o architetture), si alternano a pennellate che smentiscono la natura figurativa, orientando il tutto in una direzione contraria, ossia verso l’astrazione.
MARKUS SAILE (Stoccarda 1981. Vive e lavora a Colonia)
Le apparenti assenze del corpo pittorico nei lavori di Saile, sono presenze che devono essere stabilite nel tempo. Uno spazio lieve, che mostra una composizione unitaria e un’immagine ben definita. Le sue opere suggeriscono una rappresentazione e nello stesso tempo la celano. Ogni opera nasconde la propria complessità, risultato della superazione di tutte le strategie messe in atto in fase esecutiva.
HANNE DARBOVEN (Monaco di Baviera 1941 – Amburgo 2009)
Hanne Darboven ha sempre considerato i libri come parte integrante del suo lavoro. La conoscenza di Seth Siegelaub e degli altri artisti del mondo newyorkese (Carl Andre e Sol Lewitt ad esempio) che ha incontrato durante il suo soggiorno nella grande mela tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70, hanno contribuito ad un avvicinamento all’estetica concettuale americana. A partire dagli anni 80, Hanne Darboven inaugura un nuovo approccio all’arte, cominciando ad integrare nuovi segni e ragionando su nuovi modi di espressione. Tipiche di questo periodo sono le trascrizioni di interi volumi tratti dalla grande letteratura tedesca, inglese e francese dell’ottocento e novecento. La calligrafia e la scrittura assumono un connotato intimo quasi compulsivo, e come lei stessa disse in diverse occasioni, non poteva smettere di scrivere, non passava giorno senza che compiesse questo “rito”. La ricerca temporale avviata nei lavori dei primi anni si integra a questo nuovo approccio, e ciò si evince anche dai progetti su carta presentati in questa esposizione, da opere come “One Century – dedicated to Johann Wolfgang Goethe”del 1988 o “Evolution Leibniz” del 1986 fino ad arrivare a “Quartett >88<” o al celebre libro pubblicato in occasione della biennale di Venezia del 1982.
FABRIZIO SAIU (San Gavino Monreale VS, 1983. Vive e lavora a Brescia)
“Au Langage” è una confessione, un dialogo tra amanti ciechi, un coro tragico, una serie di definizione esaustive, una domanda rivolta all’ascoltatore, un discorso ingenuo su Dio, un sound kinky party, un’immersione acusmatica, un’ode al linguaggio e al martirio della lingua, un ammasso, una matassa, una stratificazione massimalista, una rete di algoritmi e un performer.