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La prima mostra in Italia dell’artista
a cura di Jill Silverman van Coenegrachts
Dopo anni passati all’estero come fotoreporter in ambito marino, Stefano Cigada cambia rotta, rientra in Italia e inizia a cercare un’altra forma per esprimersi. Non abbandona la macchina fotografica, ma la coniuga con una vecchia passione, l’archeologia, “cercando quello che manca, quello che non si vede, cercando l’infinito nel frammento”.
21 preziose stampe in bianco e nero accompagnano lo spettatore in un viaggio nel tempo e nello spazio, scandito da date, orari e luoghi, dove emerge la percezione di quella frazione di secondo, di quell’attimo fugace in cui il pezzo di pietra sembra ruotare, sollevarsi, respirare, piegarsi, sospirare.
L’artista dialoga con le statue, divinità, animali, guerrieri, atleti, ninfe, senza preferenze, scegliendo quelle che gli “parlano”, che “si muovono” e che lo illuminano. Le immortala quando vengono colpite da un raggio di sole, le va a trovare in diverse ore del giorno, mese dopo mese, stagione dopo stagione. La sua ossessione permette allo spettatore di assaporare la fugace ma palpabile evidenza di una materia viva, che respira. Le fotografa senza cavalletto, senza luce artificiale, con lenti luminose, apertura massima di diaframma e poca profondità di campo. Mette a fuoco il punto di rottura, elevando quel frammento a protagonista mentre tutto il resto sfuma.
L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.
www.museodiromaintrastevere.it