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06
dicembre 2007
exibart_studi Il video d’artista nel museo d’arte contemporanea italiano
exibart studi
Quali problematiche pone la videoarte alla museologia? Come risponde la realtà italiana alle sfide poste dalla conservazione e dalla fruizione dei video d’artista? Da una realtà pionieristica, la Gam di Torino, per arrivare alle collezioni del Castello di Rivoli e del Macro...
abstract
Il video d’artista ha, come altri nuovi media, modificato significativamente i concetti sui quali si fonda l’istituzione museale. In particolare le modalità di fruizione e di conservazione specifiche dell’opera video impongono un rinnovamento delle impostazioni teoriche e tecniche delle strutture istituzionali dedicate alla tutela e alla valorizzazione dell’arte.
I temi del rapporto tra videoarte e musei sono stati affrontati raramente nella letteratura italiana, soprattutto in studi di ambito estetico e filosofico, o all’interno dei dibattiti dedicati in occasione di festival (Invideo 1997, GamVideoFestival 2001). I primi contributi organici dal mondo degli studi storico artistici sulla museologia del video provengono da tesi di laurea, in particolare alcune comprese in progetti più ampi (Progetto Università Virtuale, promosso da Luciano Giaccari, voce storica poco più che solitaria su questi argomenti), e quella di Elena Volpato (1997-98), redatta a partire dall’esperienza presso il Long Beach Museum of Arts, con alcune basi teoriche di rilievo.
L’Italia è uno dei Paesi che per primi hanno promosso lo sviluppo di questa forma d’espressione, anche in ambito istituzionale. Tuttavia nel tempo si è verificata una sorta di battuta di arresto dell’interesse rivolto alla cosiddetta videoarte, sempre più spesso veicolata attraverso la forma di presentazione tipicamente cinematografica del festival.
Solo in tempi relativamente recenti il sistema dell’arte è tornato ad occuparsi del video e, a partire dagli anni Novanta, si sono costituite le prime collezioni museali italiane di video d’artista.
Il primo caso in assoluto è stato quello della Galleria d’Arte Moderna di Torino, su cui questa breve ricerca si è maggiormente soffermata. Successivamente sono nate le raccolte del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli e del MACRO di Roma.
Il confronto della videoteca della GAM torinese con queste ultime è sembrato utile al fine di delineare un quadro delle caratteristiche prevalenti del collezionismo e della valorizzazione del video nel tessuto museale italiano, per cercare di individuarne le principali motivazioni e di formulare alcune ipotesi di sviluppo.
Il video d’artista ha, come altri nuovi media, modificato significativamente i concetti sui quali si fonda l’istituzione museale. In particolare le modalità di fruizione e di conservazione specifiche dell’opera video impongono un rinnovamento delle impostazioni teoriche e tecniche delle strutture istituzionali dedicate alla tutela e alla valorizzazione dell’arte.
I temi del rapporto tra videoarte e musei sono stati affrontati raramente nella letteratura italiana, soprattutto in studi di ambito estetico e filosofico, o all’interno dei dibattiti dedicati in occasione di festival (Invideo 1997, GamVideoFestival 2001). I primi contributi organici dal mondo degli studi storico artistici sulla museologia del video provengono da tesi di laurea, in particolare alcune comprese in progetti più ampi (Progetto Università Virtuale, promosso da Luciano Giaccari, voce storica poco più che solitaria su questi argomenti), e quella di Elena Volpato (1997-98), redatta a partire dall’esperienza presso il Long Beach Museum of Arts, con alcune basi teoriche di rilievo.
L’Italia è uno dei Paesi che per primi hanno promosso lo sviluppo di questa forma d’espressione, anche in ambito istituzionale. Tuttavia nel tempo si è verificata una sorta di battuta di arresto dell’interesse rivolto alla cosiddetta videoarte, sempre più spesso veicolata attraverso la forma di presentazione tipicamente cinematografica del festival.
Solo in tempi relativamente recenti il sistema dell’arte è tornato ad occuparsi del video e, a partire dagli anni Novanta, si sono costituite le prime collezioni museali italiane di video d’artista.
Il primo caso in assoluto è stato quello della Galleria d’Arte Moderna di Torino, su cui questa breve ricerca si è maggiormente soffermata. Successivamente sono nate le raccolte del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli e del MACRO di Roma.
Il confronto della videoteca della GAM torinese con queste ultime è sembrato utile al fine di delineare un quadro delle caratteristiche prevalenti del collezionismo e della valorizzazione del video nel tessuto museale italiano, per cercare di individuarne le principali motivazioni e di formulare alcune ipotesi di sviluppo.
Autrice: Federica Gallo
Revisori: Sandra Lischi, Ettore Spalletti
[exibart]