15 giugno 2007

exibart_studi Per una teoria del restauro dell’arte contemporanea in Italia

 
Prosegue la pubblicazione dei saggi di Exibart_studi. Stavolta la materia affrontata è quanto mai attuale. Si parla infatti di restauro di opere d’arte contemporanea. Un tema delicato e dibattuto. Ecco le principali problematiche…

di

abstract
Il dibattito sul restauro dell’arte contemporanea è oggi più che mai vivo e problematico. Una volta stabilita la necessità di conservare le opere –contro le posizioni che tendono a legittimarne il “diritto a morire” (Achille Bonito Oliva)– la prima e ineludibile questione da affrontare risiede nel definire in quale misura il restauro del contemporaneo debba riconoscere una propria identità metodologica rispetto alla “teoria del restauro” maturata sull’esperienza del restauro dell’arte antica.
Una teoria specifica appare difatti necessaria, e l’esigenza di uscire dall’empirismo è emersa in molti convegni, da quello di Rivoli nel 1987 al workshop internazionale di Venezia nel 1996, dove si è proposta l’elaborazione di una Carta del restauro per l’arte contemporanea, ma senza approdare a risultati incoraggianti.
Se all’estero la proposta di strumenti metodologici è indagata in molti e importanti indirizzi di ricerca (come quello coordinato dall’ICN, che dal 2004 si occupa non tanto di un progetto di ricerca scientifica sui materiali, quanto di uno studio rivolto alla teoria della conservazione), in Italia il dibattito è difatti ostacolato dalla posizione istituzionale ed egemonica rappresentata dalla teoria di Cesare Brandi, che si basa sul presupposto assiomatico dell’unità di metodologia, secondo il quale i principi teorici del restauro devono valere per tutte le discipline artistiche. L’unità di metodologia, però, è già da molti anni messa in discussione, per quanto riguarda il restauro architettonico, da Paolo Marconi con argomenti convincenti. Marconi non contesta la validità della teoria brandiana per disciplinare i restauri sugli “oggetti d’arte”, ma la ritiene inadeguata per orientare la metodologia pratica nel settore del restauro dei monumenti. La stessa considerazione può essere proposta per il settore dell’arte contemporanea, soprattutto se riconosciamo come il prodotto più tipico dell’arte contemporanea, l’opera concettuale, il cui valore precipuo risiede nel progetto, sia tipologicamente più vicina a un’architettura che a un dipinto o a una scultura tradizionali. Inoltre, come le architetture, molte opere d’arte contemporanea non prevedono solo una fruizione passiva, ma anche la manipolazione da parte dello spettatore e una interattività che costringe i manufatti a essere sempre perfettamente funzionali.
In questo breve saggio si tenta quindi di indagare la specificità del contemporaneo rispetto all’antico e, analizzando la complessità ed eterogeneità delle opere d’arte prodotte nel nostro tempo, si cerca di definire se e come possano essere applicati i principi teorici di Brandi. Ad esempio, se l’arte concettuale è chiamata anche arte sine materia, come può essere restaurata secondo i principi teorici di Brandi, che si basano sull’assioma che “si restaura soltanto la materia dell’opera d’arte”? E se molte opere contemporanee sono state realizzate “per non invecchiare” (tra cui video, elaborazioni digitali), come possono essere restaurate secondo una teoria che esige la preservazione degli effetti di usura che testimoniano il passaggio dell’opera nel tempo?

Autore: Mauro Papa
Revisori: Antonio Rava, Bruno Zanardi

Scarica il pdf del saggio “Per una teoria del restauro dell’arte contemporanea in Italia” di Mauro Papa

[exibart]

4 Commenti

  1. Terminare un articolo con un punto interrogativo per dei lettori che cercano chiarimenti e risposte certe è di per se un disastro per un sito che dovrebbe dare conoscenze e informazioni in merito. Allo stesso tempo massima solidarietà a chi si prende l’onere di parlare di restauro di opere moderne, vista la confusione generale.
    Volevo solo che venisse preso in considerazione il fatto che le opere antiche avevano il fine dell’eternità. Non penso che Fidia si schierava pro o contro ad un indicazione partitica a differenza del “sociale” che tanto rivendicano gli artisti moderni, molti dei quali non nascondono di essere dei militanti.
    Una volta che la campagna politica è finita ditemi che senso ha restaurarla, senza parlare di come sono fatte certe opere. Mi vengono in mente quelle sculture di ghiaccio polemicamente esposte al sole per denunciare il surriscaldamento della terra, restaurarle da dei secchi d’acqua è da comica di mister Beem, anche se penso che tutte le scuse per prendersi uno stipendio alle spalle della collettività siano da molti giustificate.
    Le cattedre a esperti restauratori che non risolvono problemi, questo di cui sopra come di altri, sono un esempio della serie.

  2. Gentile Giovanni, l’articolo che finisce “con il punto interrogativo” è soltanto un abstract, una presentazione di un saggio molto più lungo e denso di risposte che trova linkato alla fine della pagina. Le consigliamo di scaricarlo se le interessa l’argomento

  3. Sono Anna Barbara Cisternino, direttore dei laboratori di restauro della GNAM di Roma, ho letto con molto interesse il suo articolo che sintetizza le problematiche del restauro dell’arte contemporanea, vorrei però precisare che la mia descrizione del restauro dell’opera di Gianni Colombo “Tre oggetti cinetici”, da lei citata, è stata mal interpretata. Le lastre di plexiglas, a causa del calore delle lampadine interne all’opera, hanno cambiato forma convergendo, il mio intervento è consistito nel porre dei distanziatori (rimovibili) che le riportassero all’assetto originale per permettere il parallelismo necessario alla formazione dei disegni luminosi progettati dall’artista.
    Inoltre colgo l’occasione per comunicare che dal 7 giugno la Colonna “Senza titolo” di Zorio è esposta a Villa d’Este per la mostra ’50-’60 Scultura in Italia , “sorretta” da 2 nuove camere d’aria identiche a quelle originali (non + in produzione) .

  4. Sono Armando Palmieri, Conservatore – Restauratore del Museo MADRE di Napoli, ritengo anche io molto essenziale il saggio di cui sopra che inquadra molto bene il problema o meglio,i problemi che pone l’arte contemporanea quando si parla di restauro, ci tenevo solo a precisare che molte volte la confusione nasce dal fatto che restaurare per forza un’opera contemporanea sembra essere un atto dovuto nei confronti dell’opera stessa,credo invece sia più opportuno,ad esempio nel caso di opere effimere o destinate alla distruzione per volere dell’artista (cito ad esempio le uova di Manzoni)conservare la documentazione di quel gesto,ad esempio le fotografie,in questo caso sarà interessante parlare della conservazione del materiale fotografico piuttosto che imbattersi in inutili questioni di come restaurare il guscio di un uovo…è sempre opportuno avere la documentazione di ciò che è stato e di ciò che sarà dopo,perchè tanto per il restauro come atto fisico ci si affiderà sempre al caso per caso.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui