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Cinema in the digital age la settima arte e la rivoluzione digitale
exiwebart
Chi opera nell’ambito della produzione audiovisiva da tempo si pone la difficile questione di come far interagire il cinema, un’invenzione dello scorso secolo, con la rivoluzione digitale. Si è aperto in questi giorni un dibattito sul sito keyframe.org, patrocinato dallo ZKM di Karlsruhe...
di redazione
Oltre a modificare direttamente la nostra vita quotidiana nonché la nostra percezione della realtà, l’avvento delle tecnologie digitali ha prodotto una mutazione in tutti i “vecchi” linguaggi espressivi, non da ultimo il cinema. Le tecnologie digitali permettono di abbattere notevolmente i costi di produzione e quindi rendono possibile la democratizzazione del mezzo cinematografico. Proliferano infatti sul web piccoli film “fatti in casa”, come l’ormai celeberrimo 405, oltre al fatto che il video amatoriale sia divenuto ormai cifra estetica istituzionalizzata dal Manifesto Dogma 95.
Non foss’altro che per un fattore puramente economico, per chi opera nell’ambito della produzione audiovisiva si è reso necessario affrontare la difficile questione di come far interagire un’invenzione dello scorso secolo, il cinema appunto, con la rivoluzione digitale. L’ostacolo maggiore è quello di far conciliare la natura reticolare del digitale con quella irrimediabilmente lineare del cinema. Uno dei nodi focali su cui ruota la questione è l’interattività: cosa essa significhi e quali modi di interazione siano da ricercare. In fondo anche la televisione è interattiva, nel senso che nulla mi impedisce di chiamare ed esprimere la mia personale opinione nel dibattito “meglio l’aglio o la cipolla” o addirittura di costruire un mio personale montaggio dell’ultima puntata del Grande fratello. Tuttavia si tratta di vera possibilità di interazione? O soltanto di una creazione di livelli più o meno complessi ed elastici ma che comunque prevedono e quindi inducono le mosse altrui piuttosto che farsi realmente “ri-ordinare” volta per volta da qualcosa che è totalmente altro?
Si è aperto in questi giorni un interessante dibattito circa l’argomento sul sito keyframe.org, Cinema in the digital age, patrocinato dall’attivissimo ZKM di Karlsruhe. Il sito articola la sua indagine sulla metamorfosi che le nuove tecnologie operano fin nel codice del cinema, precisamente in quel momento della produzione del senso che è il montaggio. Con un approccio rigoroso si sottolinea il ruolo del cinema postmoderno e della pratica del remake in particolar modo, come momento che ha minato la centralità del soggetto-autore dell’opera cinematografica aprendo la struttura chiusa del testo filmico ad una rete di riferimenti intertestuali; fino a giungere a mere questioni di teoria del montaggio digitale peraltro molto pertinenti e tese ad individuare i nuovi linguaggi possibili.
Il seminario propone inoltre due film, saggio delle le due principali linee verso cui si muovono le attuali ricerche nell’ambito del cinema digitale: quella del documento in stile cinema verità, con il video La Revolution; e una ricerca sul linguaggio di Jan Speckenbach e Birk Weiberg che propongono DCX. Your World in My Tears, un video la cui narrazione si articola su tre diversi schermi chiamando così lo spettatore a creare il suo personale montaggio continuamente in divenire.
Particolarmente ricca è la pagina dedicata ai link, una vera e propria mappa di quanto di meglio si muova su questa frontiera; è da segnalare il sito Vog che, con fare provocatoriamente programmatico, crediamo si ponga fra le ricerche più avanzate per l’uso dello split screen, dove si ricrea un’interazione reticolare fra i quadri che compongono l’immagine in barba al tempo che non può che scorrere in maniera lineare. In ultima analisi vorremmo sottoporre al lettore un altro testo che ci sembra interessante quando si vuole discutere di cinema e digitale, si tratta di FILM-TEXT (MetaTourism: Interior Landscapes, Digital Thoughtography), un opera multimediale creata dall’incontro di tre “autori”: testi di Mark America, immagini in flash di John Vega ed ambiente sonoro di Twine. L’installazione, adesso reperibile anche presso il sito dell’ICA di Londra, progetta ed edifica un paesaggio apocalittico entro cui lo spettatore/turista è chiamato ad esplorare e costruire la sua personale esperienza facendosi largo tra codici sinestetici. L’intenzione è chiaramente quella di stravolgere il senso dell’audiovisivo per farne un evento che ogni volta nasce senza risorgere, mai identico a se stesso.
Link correlati:
Keyframe.org
Vog
dancing image
FilmText
Creativo Web Tv Festival
Maresa Lippolis
[exibart]
attenta Maresa: è un luogo comune riferire Von Trier a Rouch, Marker, Comolli e Rossif. I francesi non avevano il digitale ma hanno rivoluzionato il cinema in modo ben più incisivo di Lars.
:-)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
bravo yol, anche se c’e’ da dire che il digitale e’ molto affascinante, ma attenzione ai giocattoli nuovi
Non si capisce perchè le nuove tecnologie debbano essere dei “giocattoli”..e nemmeno del perchè le si veda come insidie…da cui guardarsi…
Le nuove tecnologie non sono insidie. Nel cinema industriale (due esempi: “Il signore degli anelli” e il secondo episodio di “Guerre stellari”, entrambi in uscita) esse sono applicate con obiettivi spettacolari e illusionistici: i risultati sono splendidi, certo, ma è vera creatività? no, è un “giocattolo”: l’uomo si perde all’interno di universi fittizi (ricordate “Tron” e “Wargames”? – non è così difficile individuare una continuità)
Nel caso di Dogma il problema è più serio, poiché l’utilizzo del digitale si unisce ad una presunta rivoluzione del “linguaggio” del cinema; si parla di improvvisazione, leggerezza, realtà (finalmente!!) colta sul vivo… ma non è così. Von Trier siede al tavolino e prepara le scene da girare con cura meticolosa: niente è lasciato al caso, niente è “realmente” improvvisato. Va molto di moda, oggi, riempirsi la bocca con tale, presunta rivoluzione; ed è credenza comune la “genialità” di un uomo sicuramente intelligente, ma tanto desideroso di sparire come “autore” (questo è uno dei punti fondamentali del Manifesto di Dogma), da chiamare sul set di “Europa”… il direttore della fotografia di Dreyer!
Qual è il campo nel quale il digitale è applicato con creatività? il Video d’arte… che è tutta un’altra cosa.
Un bacio, Vale…