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exiwebart_report | Ars Electronica 2003 – Code | Linz (Austria), sedi varie

di - 8 Ottobre 2003

Come da tradizione la manifestazione si divide in varie sezioni, che corrispondono ai premi del prestigioso Prix (Digital Musics, Interactive art, Net Vision/Net Excellence, Computer Animation ) e si arricchisce grazie a numerosi simposi ed eventi serali. Vi proponiamo un resoconto per categorie, con approfondimenti correlati e immagini inedite.
Ricca come ogni anno, Ars Electronica spegne la sua 24esima candelina rimanendo un punto di riferimento imprescindibile per chi si occupa di cultura digitale, ma anche, c’è da dire, riconfermandosi in alcuni dei suoi difetti più marcati. Un tecnofeticismo capace di legittimare opere la cui idea è debole quanto è sofisticata la tecnologia che la sostiene, e, purtroppo, un tecnocampanilismo che l’ha conservata chiusa nella sua VRealtà, e l’ha resa incapace, nel tempo, di confrontarsi criticamente con altre visioni e sistemi di arte (altrettanto colpevoli) per codificare sinergicamente nuove proposte e nuovi approcci.
Forse manca il giusto protocollo.


musica
La rassegna musicale dell’Ars Electronica si apre con il sorprendente 386DX MEGASHOW di Alexei Shulgin [clicca per l’approfondimento] e prosegue con le esperienze anestetiche del minimalismo vocale filo-zen di Ami Yoshida. E’ lei la premiata di quest’anno, e partecipa con due gruppi distinti: Cosmos e Astro Twin. In entrambi i casi la platea è sospesa per minuti di totale silenzio, spezzati solo da spigolose e sofferte emissioni vocali appena percettibili.
La serata prosegue con le sperimentazioni elettroniche di Florian Hecker e del gruppo olandese guidato da Maja Solveig. Situazione musicalmente più attraente e raffinata è stata sicuramente Principle of Indeterminism [clicca per l’approfondimento], concerto-evento ispirato all’operato di Iannis Xenakis.
Nella sede del Klangpark invece si trascorrono pomeriggi ri-generativi con Floating points-Dark Simphony: le quattro torri che ogni anno troneggiano sul parco si sono divise per 96 ore quattro canali di musica generativa, rispettivamente creatrici di rumore, tono, voce e ritmo. Tra i collaboratori spiccano i nomi di Brian Eno, Paul Cohen e Tim Cole. Interessanti anche le Tsukuba Series di Maywa Denki (che in patria è una vera popstar), alle prese con l’assemblaggio Haiku di strumenti musicali suonati poi attraverso movimenti del corpo, parti meccaniche ed elettromagneti. In chiusura della manifestazione è intervenuto un Dj Spooky poco convincente che ha proposto un dj-set mixando gli Errata Musicale di Marchel Duchamp con elementi delle cultura hip-pop sul tema del loop e della circolarità.

performance
Tra le performance, da segnalare Antunin Roca (fondatore della Fura dels Baus) con POL, un lisergico spettacolo dal caratteristico tocco tecno-fetish, dove protesi meccanomorfe e sensori collegati a computer “conducono” lo (contro) fiaba di un coniglio alla ricerca dell’amore e dei suoi denti perduti durante l’infanzia. Estremamente deludente il progetto di Golan Levin, Messa di Voce, una piéce teatrale in cui il gioco della sinestesia voce-immagine viene portato avanti per tutto lo spettacolo senza idee, al limite del parossismo. La performance MARX, invece, rispecchiando uno spirito tedesco ancora fortemente legato alla cultura Industrial anni ’80, ha presentato all’interno di una fabbrica una sintesi analogico-elettronica sporcata da megafoni, chitarre elettriche, batterie e politicizzata da ironici e disillusi dialoghi politici.

installazioni
Tra i partecipanti nella sezione Interactive Art spiccava il lavoro Can You See Me Now? del gruppo Inglese Blast Theory, vincitore della Golden Nica. Ben Fry e Casey Reas hanno riproposto i loro progetti in rete sviluppati in Proce55ing dando loro un corpo di installazione (bellissimo MicroImage, il video-trittico di Reas). Con Reactive Graphics History John Maeda (“ex-maestro” dei sopracitati Fry, Reas e Levin) ripropone le sue felici e minime intuizioni di decostruzionismo software sviluppate dal 93 al 98, mentre Lia presenta i suoi affascinanti esperimenti visivi all’interno del progetto on-line Re:move.
Marie Sester ha presentato invece Access, progetto di arte in spazi pubblici sulla sorveglianza e il controllo, mentre la videoinstallazione 24! [clicca per l’approfondimento], particolarmente evocativa, transcodifica il codice binario in suoni, immagini e movimenti spaziali. Essenziali e interessanti nei contenuti i lavori Davos e Chairs [clicca per l’approfondimento], presenti all’Ok Centrum, come anche Pockets full of memories, progetto che invita gli spettatori a scansionare un proprio oggetto e inserirlo in un database visivo per farlo esperire al pubblico e metterlo in relazione con gli altri “compagni di tasca”. All’interno della mostra Code Exhibition anche la riproposizione della mostra CODeDOCII, già vista al Whitney Museum di New York, (con lavori degli italiani EpidemiC e Jaromil)

video
Per la sezione video ritroviamo un personaggio già visto in rete, il bloc notes Tim Tom, che con il suo cortometraggio in bianco e nero vince il primo premio, battendo, tra gli altri, lo straordinario Remind me (video famoso per aver accompagnato l’ascesa dell’omonimo singolo della band Roykksop), Atama Yama (di Koji Yamamura) e The dog who was a cat, del danese Siri Melchior.

simposi
Per quanto riguarda i simposi (uno degli aspetti più interessanti della manifestazione), da segnalare la presenza di Pierre Levy alle prese con il fascinoso sogno progressista dell’intelligenza collettiva; Alex Galloway (fondatore del portale della Net Art Rhizome e membro del RSG) che ha disc usso sull’importanza del concetto di protocollo e Howard Rheingold (autore, tra l’altro, del libro Smart Mobs) che ha ricordato come siano intrecciati copyright, guerra per il controllo del codice e di libertà di innovare.
Florian Cramer si è soffermato sull’interesse linguistico e semiotico del codice, mentre Christian Paul (curatore del Whitney Artport) ha passato in rassegna i più interessanti progetti di software art analizzando i diversi approcci che gli artisti possono avere dinnanzi al codice. Tra gli altri Andreas Broeckmann (direttore del festival berlinese Transmediale), Marc Canter, co-fondatore di Macromedia e -per par-condicio- Jhon Warnok, quello di Adobe.
Anche al piano terra del Brucknerhaus appuntamenti e presentazioni nello spazio Electrolobby con la presentazione del movimento Demo, dei progetti della Bitforms Gallery di Steve Sacks, e con la presentazione di MagNet, network di magazines dedicati alla cultura elettronica, in cui era presente Alessandro Ludovico dell’italiana Neural.

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speciale a cura di luca bertini
ha collaborato corrado senscibai

ph. l.bertini


[exibart]

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