Torino, Accademia Albertina, 23 gennaio 2007. Una ragazza si muove fra la gente, in testa un paio di cuffie dotate di microfono. Ascolta quello che dice il pubblico distratto dell’inaugurazione. Ad un certo punto si impone su di esso con un’uscita bizzarra, ma in qualche modo coerente con il contesto della conversazione. Qualcuno spiega che si tratta di Human Browser, la performance dell’artista francese Christophe Bruno. Qualche giorno dopo, l’opera verrà premiata con i 2500 euro messi in palio dal Piemonte Share Festival per la prima edizione del suo premio, da una giuria internazionale composta da Carolyn Christov Bakargiev (capo curatore del Castello di Rivoli), Joasia Krysa (dottoranda alla University of Plymouth e fondatrice del progetto kurator.org), Alex Adriaansen (direttore del festival V2 di Rotterdam), Vicente Matallana (direttore di La Agencia e curatore del premio Arco Beep) e Gerfried Stocker (direttore del festival Ars Electronica di Linz). L’opera fornisce, in sostanza, un’interfaccia umana a Google, il re dei motori di ricerca. Un assistente (in altri casi, l’artista stesso, che segue la conversazione attraverso una webcam) invia a Google delle parole chiave pescate dalla conversazione. Google fa il suo lavoro e un interprete vocale legge i risultati all’attrice, che chiude il cerchio reimmettendo il tutto nella conversazione.
Considerata la qualità dei cinque finalisti, il lavoro della giuria non deve essere stato facile, come dimostra peraltro la menzione onoraria improvvisata per Amazon-Noir, il secondo frutto (dopo GWEI), della collaborazione UBERMORGEN.COM – Alessandro Ludovico – Paolo Cirio. I tre hanno messo a segno un “audace colpo” nella libreria più grande del mondo, rubando ad Amazon.com 3000 testi in formato pdf e distribuendoli attraverso le reti p2p. Poi, da bravi criminali, non hanno saputo resistere alle lusinghe della grande multinazionale, e gli hanno rivenduto il software dello scasso per una cifra rimasta ignota.
Il progetto lascia ancora qualche dubbio per lo scarto esistente tra realtà e finzione narrativa, ma convince per come è riuscito a riproporre un tema sempre attuale (copyright e liberazione del sapere) e per l’efficacia dell’installazione, che prevedeva –secondo modalità già testate efficacemente con GWEI– delle proiezioni da lavagna luminosa e un’incubatrice contenente uno dei libri rubati, ristampato dal pdf originario: ovviamente Steal this Book, pubblicato da Abbie Hoffman nel 1971, frutto prematuro di un atto d’amore, quello messo in scena dai nostri “cattivi”.
Fra gli altri progetti in mostra, se Sensity, dell’inglese Steven Stanza, ha trovato una chiave forse un po’ troppo ermetica per tradurre i dati raccolti nell’ambiente urbano in un’installazione interattiva, ha suscitato un’adesione spontanea il live del Mikro Orchestra Project, l’orchestra polacca che usa il gameboy per suonare e fare vjing. Di grande impatto anche The Analog Color Field Computer dell’americano Gregory Shakar (Moodvector), un’installazione interattiva che rende omaggio all’astrazione color-field e alla tradizione minimalista costringendo cinque poveri computer, normalmente ammirati per la loro natura multifunzionale, ad emettere un unico suono e un unico colore, entrambi modulabili dallo spettatore.
Altrettanto interessante Shockbot Corejulio, l’opera tecnoluddista del giovanissimo duo austriaco 5VOLTCORE (che ha vinto il Transmediale Award nel 2005): una macchina che, comandando un robot, distrugge lentamente se stessa, emettendo nel corso di questo lento suicidio delle immagini random che gli artisti stampano su vetro. Il duo giura di non sapere chi fosse Jean Tinguely: sarà vero?
Particolarmente ricco il programma delle conferenze, che si è concentrato sul tema delle comunità virtuali spaziando da YouTube a Wikipedia, dal citizen journalism ai videogiochi online, dalle questioni di Internet Governance ai media virali, e coinvolgendo personalità del calibro di Bruce Sterling, Geert Lovink, Regine Debatty, Matteo Pasquinelli, Tatiana Bazzichelli e Antonio Caronia.
Nel complesso, l’edizione 2007 del Piemonte Share Festival testimonia una maturazione rispetto alle due precedenti, dimostrata anche dalla risposta del pubblico: a parte il persistere di alcuni limiti organizzativi e di comunicazione, funziona la scelta di limitare l’esposizione ad un numero ristretto di opere attentamente selezionate e di puntare su un ricco programma di incontri e di occasioni di scambio e comunicazione. Al contempo, lo sforzo continuo per coinvolgere le istituzioni e le imprese del territorio comincia a dare i suoi frutti. Resta aperta la questione di definire per il festival un’identità che lo renda appetibile anche per il pubblico internazionale, ad oggi ancora piuttosto scarso.
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Christophe Bruno: Human Browser
UBERMORGEN.COM, Paolo Cirio, Alessandro Ludovico: Amazon-noir
Abbie Hoffman: Steal this Book
Stanza: Sensity – The Emergent City
Gregory Shakar: The Analog Color Field Computer
5VOLTCORE: Shockbot Corejulio
Mikro Orchestra Project
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