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exiwebart_shows Mario the movie
exiwebart
Super Mario si è fatto un acido. E si ritrova ad abitare un rave party anni Ottanta. Con poche righe di codice e molta ironia, Cory Arcangel ha presentato il suo nuovo video a New York. Si guarda come un film, ma non è un film. Chiamatela come volete, ma non videoarte…
L’ultima fatica di Cory Arcangel (Buffalo, 1978), giovanissimo e talentuoso computer artist statunitense, è stata esposta alla Deitch Projects di SoHo, New York, fino al 5 marzo. Ancora una volta, come già dimostrato in progetti precedenti come Super Mario Clouds e I Shot Andy Warhol, Arcangel si confronta con l’universo dei videogame retrò, di cui l’idraulico Mario è senz’altro il principe. The Mario Movie, frutto di un lavoro di squadra che ha coinvolto anche i collettivi Beige e Paper Rad, è un filmato della durata di 15 minuti in cui l’omonimo eroe si muove in uno scenario grafico in preda alla dissoluzione, fatto di grandi pixel colorati in agitazione, e accompagnato da un sonoro altrettanto caotico. L’estetica delle immagini -che a dispetto di quello che si può pensare non sono frutto di un abile editing video- mescola il pixel style della grafica 8bit (quella delle prime console Nintendo, per capirci), con un gusto psichedelico: SuperMario sotto LSD, insomma. E il riferimento all’universo dei party illegali e alla house music anni Ottanta è dichiarato quando, verso la fine del “film”, Mario viene trascinato in vero e proprio rave dal piccolo Goomba.
A dispetto del titolo però The Mario Movie non è un film, e nemmeno un video. Le immagini in movimento, proiettate a piena parete nello spazio newyorkese, sono frutto della manipolazione di una cartuccia NES originale, che viene letta, naturalmente, da una consolle Nintendo. Tutto il filmato (che chiameremo così in mancanza di un termine migliore) è stato realizzando modificando il chip grafico del videogioco originale, e aggiungendo tracce sonore. Interamente scritto in un linguaggio di programmazione di basso livello, l’assemble, il film di Mario è composto di solo codice, un codice lungo giusto due paginette, racchiuso in un file che pesa appena 32k, cioè meno delle foto pubblicate in questa pagina: “anche compresso, un vero video della durata di 10 minuti, pesa 1000 volte di più”, dichiara l’autore.
Anche il codice e la cartuccia, naturalmente, fanno parte dell’operazione: esposti con orgoglio insieme al prodotto finale. La cartuccia, in particolare, si è trasformata in un supporto per un bizzarro quadro formalista-psichedelico, in pieno stile Paper Rad. Il gruppo in questione (composto da Jacob Ciocci, Jessica Ciocci e Benjamin Jones) infatti, porta avanti una ricerca basata sulla cultura pop -fatta di fumetti, cartoni animati, bambole e videogiochi del passato- che genera opere pervase da uno spirito naif mescolato ad una curiosa attitudine punk.
“La computer art” scrive Alex Galloway nel testo che introduce la mostra, “somiglia più alla scultura che alla pittura o al video. Durante la realizzazione del lavoro, i computer artists fabbricano letteralmente il supporto del medium, non applicano soltanto componenti sopra ad una superficie e non usano tools già pronti per far muovere le immagini sullo schermo”. Il medium di cui si parla è naturalmente il codice, linguaggio prodigioso nella sua capacità di generare. Esso infatti può essere, come tutti i linguaggi, scritto e letto, ma può anche essere processato. E quando la macchina processa il codice, esso si manifesta sotto forma di messaggio: testo, suono o immagine che sia. Cos’è quindi The Mario Movie? “E’ tutta matematica ed elettricità”.
valentina tanni
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[exibart]