Nonostante le vicende del presente abbiano posto al centro del dibattito altre drammatiche questioni, cui i media non sanno affiancare altro che lunghi servizi sul tempo o sulle letterine, le biotecnologie restano ancora uno dei temi centrali del dibattito attuale, e il secolo in cui stiamo entrando rimane, come l’ha definito Jeremy Rifkin, il secolo biotech. Quella delle biotecnologie è una rivoluzione che si svolge nel chiuso dei laboratori di ricerca, con pochi clamori e scarso risalto mediatico, ma le sue conseguenze sono destinate a modificare la nostra concezione della vita, della sua dignità e della natura umana, e il nostro rapporto col mondo; e non è escluso che il biotech possa diventare l’arma più terribile della guerra che oppone democrazie occidentali e terrorismo globale.
Il punto di sutura tra questa rivoluzione e quella dei nuovi media si chiama ‘bioinformatica’, ed implica la creazione di un network che colleghi la ricerca e l’economia, le istituzioni, l’industria biotech e le aziende farmaceutiche. È a questo livello che si colloca l’opera di Diane Ludin, una net artista che dai tardi anni ‘90 ha sviluppato
Più recente, e tutt’ora in via di sviluppo, è I-biology, un sito che permette a chiunque di scandagliare l’archivio di brevetti approvati dal PTO (Patent and Trademark Office), indagando sui legami invisibili che collegano ricerca, poteri politici e mercato biotecnologico, e consente all’utente di inserire le proprie proposte, per costruire un database alternativo. Sollevando, tra l’altro, la grande domanda, uscita troppo presto dal dibattito sul biotech: cosa significa brevettare la vita?
Alle biotecnologie si interessa da qualche anno anche Heath Bunting, uno dei pionieri dell’arte in rete. Bunting, che dalla sua homepage coordina iniziative come il Do It Yourself DNA DAY per biotecnologi in erba (da tenersi a Bristol il prossimo 4 aprile), ha realizzato nel 1999 il Natural Reality Superweed Kit: apparentemente, una innocua bustina di semenze; in realtà, una terribile arma di lotta contro le corporation che brevettano semi geneticamente modificati. La busta contiene infatti semi di piante
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