“The file room” è un progetto importante per diversi motivi. Si tratta infatti una delle più precoci sperimentazioni d’artista su Internet e il suo status pionieristico lo rende quasi un modello paradigmatico per le esperienze successive.
Quest’opera, realizzata dall’artista spagnolo Antoni Muntadas tra il 1993 e il 1994, riunisce in sé una serie di caratteristiche – l’intento collaborativo, la natura di work in progress, la riflessione sulla libertà dell’informazione – che sono gli elementi fondanti della migliore net.art.
Il progetto ha come obiettivo principe la discussione sull’idea di censura culturale, argomento particolarmente sentito dai frequentatori della Rete e oggetto di importanti battaglie civili.
La ‘stanza degli archivi’ è stata presentata per la prima volta al Cultural Center di Chicago (un’antica biblioteca pubblica) nel 1994 in forma di installazione da visitare fisicamente e, contemporaneamente, come progetto on-line.
Muntadas lo descrive così: “Ho costruito uno spazio apparentemente repressivo, kafkiano, appartenente alla burocrazia, al controllo, con 800 archivi metallici. Otto Macintosh collegati con internet (e un server) fornivano l’accesso a un archivio in rete composto da casi di censura sulla cultura. In questo modo ho cercato di ribaltare il ruolo di questo spazio fornendo la possibilità di accedere ad un’informazione alternativa.”
L’archivio è tuttora attivo e accessibile all’indirizzo www.thefileroom.org ed è stato realizzato nel corso di questi anni grazie al continuo apporto degli utenti impegnati nella segnalazione di tutti i casi noti di censura culturale della Storia. All’inizio erano circa 400 casi che coprivano un arco cronologico che da Socrate giunge ai giorni nostri, ma col tempo il progetto ha assunto vita propria ed è lentamente cresciuto e cambiato diventando un affascinante work in progress.
Lo spunto per la realizzazione del progetto nasce da un episodio personale di Muntadas: “…un programma televisivo, commissionatomi dalla tv spagnola, che ho portato a termine e che non è mai stato trasmesso. Sentendomi frustrato per essere stato soggetto a una forma di censura ho pensato che fosse importante reagire creando un lavoro che cercasse di esorcizzare la mia frustrazione e che desse anche ad altre persone la possibilità di parlare di altri episodi di censura.”
Le pagine del sito di “The file room” sono organizzate in modo da poter consultare il materiale cercando per area geografica, per soggetto, cronologicamente o a seconda del media oggetto di censura (letteratura, arti visive, cinema, etc..).
Come è facile intuire il progetto di Muntadas ha ragione di esistere solo nel suo status di lavoro collettivo e Internet è il presupposto irrinunciabile affinchè questa condizione possa realizzarsi. Esperienze come questa riflettono in maniera intelligente sulle potenzialità che il World Wide Web offre agli artisti e alla cultura in generale. La figura tradizionale dell’autore scompare a favore di quella che Mario Costa ha efficacemente definito “il ricercatore estetico”.
Il nuovo ruolo svolto dagli artisti che si servono delle neo-tecnologie comunicazionali non ha dunque più nulla a che fare con l’espressione dei sentimenti, ne’ con la riflessione sullo stile, sulla forma o sul “messaggio”. Il “ricercatore estetico” progetta esperienze, provoca scintille che producono cortocircuiti nel tranquillo paesaggio esperienziale del quotidiano. L’arte diventa sempre più flusso e scambio, collaborazione e relazione. La rotta è irreversibile e porta verso una definitiva liberazione dall’oggettualità del prodotto artistico e ancor più dal suo possesso. Collezioniamo esperienze, emozioni, sensazioni, visioni del mondo e non più quadri, sculture, disegni.
Valentina Tanni
[exibart]
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