È scomparsa il 20 luglio, a Firenze, a 85 anni, Ilaria Occhini, attrice di cinema, teatro e televisione. Ricordata soprattutto per gli sceneggiati Puccini, del 1973, e L’Andreana, del 1982, ha lavorato con registi come Luchino Visconti, Luca Ronconi e Giuseppe Patroni Griffi. Tra le caratterizzazioni più riuscite, quella in Benvenuti in casa Gori, commedia di Alessandro Benvenuti, del 1990, che le valse il Nastro d’argento come migliore attrice non protagonista.
Ilaria Occhini nacque il 28 marzo 1934, a Firenze, figlia dello scrittore Barna Occhini e nipote di Giovanni Papini. Debuttò nel cinema nel 1954, a diciannove anni, nel film Terza liceo, con lo pseudonimo di Isabella Redi, per poi diplomarsi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico a Roma. In televisione si affermò presto come una apprezzata caratterista, diretta da Anton Giulio Majano negli sceneggiati L’Alfiere e Jane Eyre. L’esordio a teatro nel 1957, in L’impresario delle Smirne, di Carlo Goldoni e per la regia di Luchino Visconti, che la diresse anche in Uno sguardo dal ponte e Figli d’arte.
Nel 1966 si sposò con lo scrittore Raffaele La Capria e fu impegnata anche in politica, inizialmente con Marco Pannella, nei Radicali, con due le candidature: alle politiche del 1987 e alle europee del 2004 con Emma Bonino. Nel 2008 aderì invece alla lista Pro Life di Giuliano Ferrara, accettando la proposta di presentarsi nel collegio del Lazio.
Negli anni 2000 anche il ritorno sullo schermo, con la popolare fiction Rai Provaci ancora prof. Nel 2008 è stata protagonista di Mar Nero, film di Federico Bondi che le valse la candidatura ai David di Donatello e la vittoria del Pardo d’Oro alla miglior attrice al Festival internazionale del film di Locarno. Nel 2010 vinse il David di Donatello per migliore attrice non protagonista e il premio Alida Valli per la migliore attrice non protagonista al Bari International Film Festival del 2011, per Mine vaganti, di Ferzan Özpetek, oltre ad ottenere il Nastro d’argento alla carriera.
Ripristinò i vigneti nella fattoria di famiglia di origine cinquecentesca sulle colline attorno ad Arezzo, occupandosene personalmente con la figlia Alexandra La Capria e i nipoti.
«La mia bellezza è come se fosse una cosa, una borsetta, un foulard che porto con me, non ne parlo con nessun vanto», scriveva nel libro autobiografico Una vita senza trucco.