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Le leggende napoletane vestono solo Dolce & Gabbana
Extra pART
L’unico percorso possibile, prima
delle 19, va da una fontana all’altra. L’estate a Napoli è iniziata senza
pietà, le radiazioni solari inondano le strade e giocano spudoratamente sull’epidermide
lasciata scoperta dai tessuti o dalle creme protettive. Ma i turisti non ci
fanno caso, camminano sorridenti, incuranti delle temperature proibitive,
vorticando a 360° il busto e gli occhi nascosti dalle macchine fotografiche.
Sono solo un po’ preoccupati dal sibilare dei motorini sfreccianti a pochi
centimetri delle loro borse e dall’enorme quantità di cose diverse da vedere e
da interpretare, tutte sovrascritte in pochi metri quadrati.
Un nutrito gruppo di turisti dai
tratti asiatici è immobile, magliette bianche, pantaloncini corti e cappellini
di tela, gli sguardi assorti da uno spettacolo per loro imprevisto. Un uomo e
una donna non più giovanissimi stanno mimando “Felicità”, seguendo con fervore la
voce di Al Bano e Romina che si diffonde potente e gracchiante da una cassa
acustica fissata su un carrellino, le note ribattono sulle facciate dei palazzi
che chiudono lo stretto vicolo da Port’Alba a piazza Miraglia. Siamo di fronte
al Conservatorio di San Pietro a Majella e alcuni studenti, prima di entrare
nell’ex Convento dei Celestini, sede dell’Istituto superiore di studi musicali
fondato nel 1808, annotano mentalmente questi spunti acustico-rumoristici. La
signora con l’altoparlante è una delle numerose figure del centro storico
napoletano e il signore che l’accompagna non è da meno. Oltre a fare la
controparte maschile nei pezzi a due, è solito volare da un locale all’altro,
armato di scopa e paletta, per pulire gli usci. Ma la sua peculiarità non è
nemmeno questa. È ricordato, infatti, per il dono dell’ubiquità o quasi, visto
che riesce a materializzarsi improvvisamente davanti a bar anche molto distanti
tra loro. E per correttezza storiografica si deve aggiungere che in zona ci
sono anche altri mistici. Tra tutti, una signora anziana di solito seduta su qualche
scalinata di via Toledo o su una panchina di piazza Carità. Parla a bassa voce
e, agitando una bottiglia riempita con alcune pietre, intona un mantra ipnotico.
Poi si ferma e annota velocemente segni incomprensibili su un foglio di carta, solo
per strapparlo in mille pezzi.
Proprio in questi giorni, la
cantante on the road ha avuto il suo istante di gloria, entrando nella campagna
fotografica di Franco Pagetti per la nuova collezione autunno-inverno di Dolce
& Gabbana. Nelle fotografie si vede la donna sfilare al fianco dei modelli
e le immagini del backstage in cui Domenico Dolce agghinda la donna risultano
esilaranti o imbarazzanti, a seconda del punto di vista e dell’idea di chi
guarda. Dopo lo shooting, si terranno anche quattro giorni di festa no-stop,
per celebrare degnamente i trent’anni di attività della maison che ha ottenuto
un fatturato di 1,030 miliardi di euro nell’esercizio conclusosi il 31 marzo
2015. Il 7 luglio sarà organizzata una blindata sfilata di moda a Villa
Pignatelli, tra la frescura del giardino e i fastosi ambienti della dimora
storica che rientra nel Polo Museale della Campania. L’8 luglio, in pieno
centro storico, sarà montato un palco per 500 sceltissimi ospiti. In serata,
poi, tutti e 500 andranno a Borgo Marinari per un evento speciale e ancora non
meglio precisato, forse un concerto. Rigoroso il dress code, fonti affidabili
parlano di “Mambo Italiano”, che ben si intona con l’atmosfera da città della
villeggiatura, con la quale molto spesso Napoli – e un po’ tutta la Penisola – ama
farsi descrivere. Non è previsto attimo di tregua, visto che il giorno dopo ci
sarà una cena di gala con sfilata, a Castel dell’Ovo. Chiusura il 10 luglio,
con un’altra cena, sempre selezionatissima ma questa volta a Posillipo, a
Palazzo Donn’Anna e sulla baia contigua, chiusa al pubblico per l’occasione ma
sicuramente agghindata a dovere. Intanto, sui social network, sta divampando
una guerra senza esclusione di tastiere, ci si lamenta dell’uso spregiudicato
del bene pubblico e collettivo, si parla della ritrita rappresentazione
folcloristica della città ma c’è anche chi esalta la presenza dei due stilisti,
chiamando in causa il ritorno di immagine e l’indotto economico, questi due
famosi. A non beneficiarne sarà sicuramente il Comune di Napoli, che pare abbia
concesso alla FeelRouge Worldwide Shows – agenzia con sede a Milano, che «crea
eventi che trasmettono emozioni» per UnipolSai, Volkswagen e Vodafone – di occupare
il suolo a titolo gratuito, per tutti i giorni della kermesse. Imponenti anche
le misure per la regolamentazione del transito veicolare, tutta la zona del
centro, da piazza Miraglia a via Duomo, sarà chiusa al traffico, più o meno
come sempre, visto che la “ZTL Centro Antico” è attiva da qualche anno e con
ottimi risultati di vivibilità. Un po’ surreale, invece, il divieto di transito
pedonale, sempre nella stessa area, previsto per l’8 luglio. Dispiace per i
selezionatissimi 500, che potranno godere di una suggestione innegabile ma immobile,
trovandosi a percorrere via dei Tribunali e piazzetta Nilo svuotate di quel
caos strutturale così difficile da raccontare, senza cadere nella tradizione,
pur nobile, della commedia dell’arte. D’altra parte, D&G la sanno lunga in
fatto di fascino e fascinazione e probabilmente hanno scelto Napoli proprio in
quanto location in grado di comunicare tutto e subito, senza particolari
contorsioni linguistiche o sforzi di immaginazione.
Parlando di moda e di memorabilia
partenopei, non si può non ricordare uno tra i più conosciuti personaggi del
centro storico, che ho ritrovato tra le opere in esposizione per la
retrospettiva che il MADRE ha recentemente dedicato a Mimmo Iodice. In una delle fotografie della serie “Transiti”, i
volti disegnati da Jusepe De Ribera,
conservati al museo di Capodimonte, sono messi in relazione diretta con le
rughe espressive di un clochard, una geometria fatta di ombre di città impresse
sulla pelle. Riconosco subito le fattezze dell’uomo, si tratta di O’ barone,
una vera leggenda napoletana, conosciuto in tutti i quartieri e amico degli
studenti universitari. Quando O’ barone scomparve, la notte del 4 marzo 2014, a
diffondere la notizia, prima delle edizioni locali dei quotidiani e dei siti di
informazione, furono i suoi numerosissimi fan sulle pagine social a lui
dedicate. Antonio Varvella, questo il suo vero nome, parlava con una voce sottile
e cadenzata dall’alcool, sfilava per i vicoli con l’atteggiamento trasognato da
un qualche tipo di profonda sensibilità, gli occhi azzurri e liquidi, i vestiti
assemblati dal caso e dalla Caritas. L’insieme del corpo e dell’atteggiamento
era sgraziato e fotogenico, estetico a suo modo, narrativo. Spesso si stendeva
sulle scalinate della chiesa del Gesù Nuovo, perfettamente integrato nel
paesaggio che gli scorreva intorno, a suo agio sia sul marmo che sul selciato.