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among friends. La 29^ edizione di Miart apre i battenti
Fiere e manifestazioni
Golden Gun indosso, o alla mano – le scarpette dorate di Tasneem Sarkez, presentate da Rose Easton in un duo booth con Eva Gold, non hanno un semplice tacco, ma verosimili pistole – che il primissimo giro della nuova edizione di miart abbia inizio, con l’aiuto di Aronne Pleuteri, da ArtNoble Gallery, ci indica precisamente dove siamo. Emergent si apre e porta con sé una bella ventata di nuovi modi di vedere e di pensare. Marko Obradović e Saša Tkačenko, per essempio, proposti da Eugster Il Belgrade, riflettono sulle modalità di vita comunitarie – Among Friends, del resto, è il tema della kermesse milanese – e sulle carenze nelle attuali strutture sociali. Che origine ha il potere? Come il potere plasma reti e gerarchie? E poi, cosa lascia dietro di sé?Un tavolo, di Tkačenko, occupa il centro dello stand, ma è privato della sua funzione, riflettendo un momento di ritrovo collettivo. Le pitture armoniose e oniriche di Obradović invece, a parete, ci spingono a scardinare miti e credenze.


Di miti, e di allegorie e di desideri umani è fertile anche eastcontemporary, che sceglie Eliška Konečná, i cui bassorilievi in tessuto evocano un senso di atemporalità e rispecchiano i temi universali della storia dell’arte, e Mara Verhoogt, che sviluppa un universo surreale e psichedelico ispirato alle forme organiche e al folklore rumeno. Anche Federico Canale, presente nello stand di Triangolo insieme a Daniel Graham Loxton e I.W.Payne, sembra voler indagare la conoscenza sensibile delle forme attraverso scoperte visive e intuizioni della via quotidiana: il suo Guardaroba è spontaneo e variegato e stimola la nostra capacità immaginativa. Niente abiti per Ligia Dias, che comunque esplora la questione del fare e di ciò che ne deriva, siano essi manufatti o sentimenti: l’artista che Lovey Fine Art propone sceglie fili di perle, catene e ciondoli per restituirci un’esperienza fisica e introspettiva. Sono oggetti quotidiani, comuni, più o meno preziosi, creano contrasti dirompenti che mettono in discussione e sfidano la nostra lettura delle convenzioni.

Mito, mitico, reale, il clima di emergente è sicuramente vivace e interessato come potrebbe essere quello Among Friends, tra amici. Ma che cosa è l’amicizia e cosa significa stara tra amici? Oggi, quando ogni momento è il paradosso dell’adesso o del mai (Every Moment is a paradox of now and never, Joseph Kosuth ce lo rivela da Lia Rumma), oggi, per noi contemporanei, è sicuramente una delle più anacronistiche manifestazioni. L’amicizia, come un’utopia adesso – Utopia Now, di Yael Bartana, illumina lo stand di Raffaella Cortese – ricorda a una società come la nostra, che ne ha smarrito il senso, che non c’è un oltre, perché esso è già qui. Una società come quella che prende (metaforicamente) figura nello stand di Michela Rizzo, con le opere di Francesco Jodice, Fabio Mauri, Antoni Muntadas e Cesare Pietroiusti. Le ideologie totalitarie del XX secolo sono il focus principale della ricerca artistica di Fabio Mauri, che mette in luce i meccanismi di manipolazione attraverso opere che intrecciano immagini, performance e installazioni. Antoni Muntadas, invece, si concentra sulla propaganda e sulla censura esercitate dai media contemporanei, mettendo in luce le dinamiche di controllo e i codici nascosti della comunicazione globale. Francesco Jodice esamina l’evoluzione delle città e dei paesaggi sociali, Cesare Pietroiusti si confronta con la dimensione del quotidiano, esplorando situazioni apparentemente marginali per svelarne le contraddizioni e aprire nuovi spazi di riflessione. Non ero nuovo, impera sullo Zerbino di Mauri, TOUT VA BIEN, campeggia nelle fotografie di Muntadas.


In primo piano, sulla scena di una riflessione critica sulle strutture di potere, sulle trasformazioni sociali – Zehra Dogan, Sandra Gamarra, Regina José Galindo sono in tal senso combattenti attive e in un certo senso anche contemplative in prima linea da Prometeo Gallery Ida Pisani – e sul ruolo dell’arte come strumento di conoscenza, molti volti, molti corpi, molti amici – benintesa la condizione del legame libero tra cittadini – prendono figurazione per mano e per idea di George Rubin, da Monica De Cardenas, Matthias Bitzer (Papillon) da Francesca Minini, insieme ad Ambra Castagneti e Jacopo Benassi, tra gli altri, William Kentridge (Three Citizens, da Lia Rumma), Ugo Rondinone, da Cardi con un’esistenziale serie di sassi, Sang Woo Kim, da Sébastien Bertrand Gallery, Sadie Benning (TEAPOT, da Kaufmann Repetto), Celia Paul, Chris Ofili (Othello – Reflection) da Victoria Miro, Gabriele Napoli da Thomas Brambilla, e last but not least, Marc Bauer, proposto da Gilda Lavia in un dialogo con Mario Giacomelli.





Volti, corpi e amici si danno, tra i corridoi di Miart, anche metonimicamente e metaforicamente. Da Doris Ghetta per esempio Esraa Elfeky e Nadia Kaabi-Linke si impegnano a indagare le connessioni tra l’umano e il non umano, svelando le forze politiche e sociali che modellano tali relazioni, da MLZ Art Dep invece Matteo Attruia – con VuK Ćosić, pioniere della net.art – ci propone una tuta in tessuto isotermico fatta su misura che intitola sintomaticamente IOBITO. I vostri sogni, i tuoi sogni, sono i nostri sogni? Oppure i nostri sogni, sono i vostri sogni, i tuoi sogni? È sempre Attruia a farci venire il dubbio, rassicurandoci – su quanto si possa essere simili – quando quando tutto ciò che di cui ha bisogno è tutto (All I need is all). Anche Simonetta Andrioletti, da Ribot con Przemek Pyszczek, Felix Schramm e Stefano Comensoli, usa il linguaggio: frasi dirette, incisive, talvolta domande che incalzano ma sembrano destinate a restare irrisolte, altre volte affermazioni perentorie e sconcertanti, tutte allusive a episodi di cronaca nera, alla salute mentale, alla violenza di genere e alle forme di discriminazione sociale.
miart conferma la propria centralità nel panorama delle fiere d’arte europee, nella sezione degli established molte gallerie, da Sprovieri a Sperone, da Galleria Continua a Lia Rumma, da Vistamare a Thomas Brambilla Gallery sfoderano i grandi nomi – tra cui, quest’ultimo, John Giorno e le sue poesie visive, da You got to burn to shine a I want to cum in your heart. Viasaterna propone Marion Baruch, Dep Art sceglie una selezione di opere di Miller, Pinelli, Simeti, Uncini e Ulrich, Cortesi Gallery, Galleria Fumagalli e Mazzoleni, che sceglie di presentare un progetto espositivo che esplora il dialogo tra maestri del Novecento e voci contemporanee.




Il percorso espositivo da Mazzoleni si apre con un focus sul primo Novecento con particolare attenzione a Felice Casorati, protagonista della mostra antologica a Palazzo Reale di Milano. Gli anni ‘60 sono rappresentati dalle sperimentazioni di Lucio Fontana e Alberto Burri, che ridefiniscono i confini della pittura e della materia, e dall’evoluzione di queste ricerche nelle opere di Agostino Bonalumi e Enrico Castellani, che attraverso le loro celebri estroflessioni esplorano nuove possibilità spaziali della superficie pittorica. La sezione contemporanea include opere di Salvatore Astore, Andrea Francolino, Rebecca Moccia, David Reimondo, Marinella Senatore, e Massimo Vitali. Marinella Senatore presenta l’opera Who Are You?, realizzata per la cover da collezione di Amica, The Art Issue (Aprile 2025).
Degna di attenzione, tra nomi noti e piacevoli scoperte, è la sezione Portal, dove Studio Sales propone Romina Bassu, P420 Victor Fotso Nyie, Franco Noero Gabriel Sierra e Lucy Otter e Richard Saltoun Gino Marotta, e che Gino Marotta, in un trionfo di sue iconiche sculture al neon.
La qualità è indubbia, la proposta è tanta e il cielo è azzurro sopra Miart (Edson Luli, A piece of sky for future generation, Prometeo Gallery Ida Pisani).

