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Art Brussels: l’occasione per scoprire l’arte contemporanea tra le vie della capitale d’Europa
Fiere e manifestazioni
In queste settimane molti attori dell’arte contemporanea belga si sono esibiti in un meraviglioso palcoscenico che era la capitale d’Europa soleggiata di primavera. In un tripudio di nuove aperture in giro per la città si è raggiunto con Art Brussels un totale di più di 26.000 visitatori. Vi proponiamo qui di seguito un itinerario con le mostre più interessanti da recuperare, se non avete avuto ancora la possibilità.
Nel quartiere Sablon, crocevia di gallerie d’arte e conosciuto per il suo mercato d’antiquariato, il museo ebraico è un luogo in cui vale assolutamente la pena entrare. Infatti, fino al 14 agosto, sarà visibile la mostra fotografica 236-Land(es)capes from the 20th convoy, dall’allestimento fortemente suggestivo. La volontà è quella di rievocare un momento di resistenza degli ebrei belgi che il 19 aprile 1943 sono stati forzati a salire sul convoglio che li avrebbe portati ad Auschwitz. Grazie all’azione di resistenza, 236 di loro riuscirono a saltare dal treno, salvandosi. Il fotografo belga Jo Struyven, a seguito di un grosso lavoro di ricerca, è riuscito a ricostruire la tratta del treno e si è recato sul posto a scattare fotografie nel punto esatto in cui alcune di queste persone hanno saltato dal convoglio, salvandosi. Sono fotografie di paesaggi di una campagna che sembra rimasta la stessa di 80 anni fa. Alcuni sopravvissuti hanno raccontato a Jo Struyven che quella del 19 aprile era una notte di luna piena. Questo dettaglio ha ispirato l’allestimento, che presenta due stanze quasi totalmente buie, ad eccezione delle fotografie retroilluminate, rievocando la notte di plenilunio.
Rimanendo nel quartiere Sablon, in cui si alternano cioccolaterie e gallerie di arte contemporanea, negli spazi di ‘Sorry we are closed’ sarà visibile fino al 20 maggio la mostra Playtime. Protagonista è il belga Kristof Santy, che presenta dipinti raffiguranti nature morte bidimensionali un po’ picassiane, a cui aggiunge un effetto vintage anni ’70-’80. Sembra rievocare le opere di Domenico Gnoli per il taglio fotografico macro e per l’attenzione alla quotidianità. In queste opere Santy riesce a comprimere sulla tela una serie di oggetti, che per motivi misteriosi rimangono compatti entro i contorni della tela proprio per il tempo in cui si osserva l’opera, con l’impressione che poi ritornino sparpagliati sul tavolo una volta distolto lo sguardo.
Attraversando la Grand Place e le vie del centro affollate e pervase di profumo di biscotti al burro, si giunge al quartiere Sainte Catherine, dove la Galleria Greta Meert ha la sua sede.
Si tratta di un palazzo a 5 piani molto luminoso e di grande respiro che ha ospitato durante i giorni dell’Art Brussels una mostra di Pieter Vermeersch, un artista belga che attualmente vive e lavora a Torino.
La sua pratica è caratterizzata dall’uso della serigrafia e della pittura su grandi lastre di marmo. L’artista stesso afferma di trovare nel marmo una pietra dalla forte componente pittorica. Inoltre, dice di essere interessato alla dimensione temporale dei due mezzi artistici. Perciò, combinando pittura e scultura, e quindi dipingendo sul marmo, ha voluto unire due elementi che lui definisce complementari la cui relazione dà vita a una nuova combinazione temporale.
Proseguendo, nel quartiere Louise, incastonata tra una chiesa e un palazzo di appartamenti si trova la Fondation Thalie: una vivace realtà che ospita mostre ed è anche residenza per artisti.
La fondazione è nata nel 2014 per volontà dell’autrice e curatrice Nathalie Guiot, allo scopo di dare più spazio alle donne artiste nella scena contemporanea e di promuovere un dialogo con gli scienziati in merito al cambiamento climatico. A impreziosire un progetto già di per sé encomiabile, è la scelta della sede della fondazione stessa. Questa, infatti, è situata all’interno di una villa degli anni ’20 ristrutturata per quattro anni fino al 2018. L’enorme quantità di luce, gli spazi a vari livelli, il cortile interno e i dettagli dell’antica abitazione sono una perfetta cornice ad opere già molto interessanti, risaltandole ancora di più.
Fino al 15 luglio 2023 la Fondation Thalie ospita Panorama di Eva Jospin. Presente anche ad Art Brussels per Maison Ruinart, in questa occasione porta alcuni suoi ‘quadri’ in cui cornice e soggetto si fondono, essendo realizzati nello stesso materiale, il cartone. All’interno delle cornici si stagliano intrecci di rami e alberi fatti di cartone oppure ricamati su tela di seta.
Jospin solitamente realizza installazioni di grandi dimensioni (una delle quali è in mostra alla fondazione) in cui crea luoghi e universi dal sapore arcaico, ispirata ai giardini barocchi e alle foreste. Un esempio è Microclima, realizzata per la boutique di Max Mara a Milano.
Infine, spostandosi verso il Palazzo Reale di Bruxelles, tappa obbligata è il Centro di Belle Arti BOZAR, nel celebre edificio progettato da Victor Horta e inaugurato nel 1928. Qui è in corso una mostra personale di Michel François, intitolata Contre Nature.
Bozar è un centro multiculturale polivalente che ospita cinema, letteratura, teatro, mostre temporanee e la mostra di François, visitabile fino al 21 luglio, sembra incarnare perfettamente l’essenza del luogo che la ospita. Infatti, la sua arte è caratterizzata dall’uso di un’ampia gamma di materiali, forme e temi. Utilizza installazioni, fotografie, sculture video e disegni, e in questa occasione sono presenti più di 100 opere, che celebrano i suoi 40 anni di carriera.
Il lavoro dell’artista fonde il vivente e l’artificiale, la natura e la cultura, la densità e la fluidità. Prova a riconciliare l’inconciliabile creando opere d’arte composite in cui combina entità che sono, per l’appunto, contro-natura. Ad esempio, al centro del percorso, una grossa roccia di sale si staglia su un basamento di asfalto costruito apposta per questa occasione. Sulla roccia cadono gocce d’acqua a cadenza regolare, che creano agglomerati di sale sulla superficie.
Emblematica è l’ultima opera in mostra: si tratta di tubi di vetro argentato che Michel François ha disposto in una fila al centro della quale ha camminato, creando una scia di frammenti, a simboleggiare la traccia lasciata dall’artista su questa terra.
Non è possibile etichettarlo o definire la sua pratica artistica in poche parole, poiché Michel François è cangiante, poliedrico, come il Centro Bozar.