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“Arte in Nuvola” arriva a Roma
Fiere e manifestazioni
«Il focus di una fiera deve rimanere centrato su due poli: i galleristi devono tornare a casa soddisfatti, se non sempre delle vendite almeno dei contatti; i collezionisti devono essere presenti in fiera. E attivi! L’assenza di questi fattori è un errore che, ogni fiera deve evitare. Dunque, bisogna lavorare su questo», attacca Adriana Polveroni, quando le chiediamo quali sono le questioni fondamentali per costruire una fiera, forte anche della sua esperienza ad ArtVerona. «Occorre anche formare il collezionista come acquirente consapevole, e al ricambio generazionale».
Intervista ad Adriana Polveroni, direttrice artistica di Roma Arte in Nuvola
Roma Arte in Nuvola è molto settata sulle gallerie di arte moderna. Un orientamento curatoriale o un modo per differenziarsi rispetto ad altre offerte italiane?
«Non sono d’accordo con questa analisi, abbiamo un’area abbastanza consistente di new entry, di gallerie giovani o che, se anche meno giovani, fanno proposte giovani e c’è una discreta rappresentanza del contemporaneo di Roma, di cui andiamo molto fieri. In ogni caso, se c’è una prevalenza numerica di moderno non dipende da un orientamento curatoriale, ma dal fatto che oggi il moderno ha un mercato più forte. Quindi, le gallerie del moderno aderiscono più facilmente a una nuova proposta fieristica. Il contemporaneo fatica, si è visto anche a miart. Infine, la vera differenziazione di Roma Arte in Nuvola rispetto alle altre fiere sta nella sua doppia anima, nel suo essere mercato e proposta espositiva con i tanti progetti speciali che ospitiamo. Il tutto favorito da una cornice eccezionale quale è la Nuvola di Fuksas».
Un punto debole delle fiere, anche delle più prestigiose, è spesso l’allestimento. I premi di Roma Arte in Nuvola tengono questo aspetto molto in considerazione, parlo anche di aspetti come la grafica, la comunicazione…
«È qualcosa che mi sta molto a cuore e che, purtroppo, a volte le gallerie non percepiscono come necessario. Speriamo in una correzione di rotta, anche incoraggiata da questi premi».
Come e da quale esigenza nasce il coinvolgimento di Israele?
Abbiamo deciso di avere ogni anno un Paese ospite, in grado di portare un focus importante sui propri artisti. Israele è stata una proposta del Ministero della Cultura israeliano, che ha gestito in totale autonomia il progetto. Ed è un ospite benvenuto».
Sarà il primo passo di un’apertura verso le rotte del Mediterraneo e asiatiche?
«Perché no? L’idea originaria di una nuova fiera a Roma, oltre che per l’attrattiva che la nostra città esercita nell’immaginario, soprattutto degli artisti, era proprio quella di aprire uno sguardo sul Sud del mondo, a partire dal Mediterraneo. Esplorare, insomma, nuove geografie dell’arte».
Tre aspetti che importerebbe da fiere internazionali, e perché.
«Me ne basta uno: fare rete, credere alla fiera come volano attrattore, di economia ma anche di cultura. Durante ArtBasel, Frieze, Fiac e Armony, Basilea, Londra, Parigi e New York tirano fuori il meglio della programmazione museale, le collezioni private si aprono ai collezionisti stranieri, direttori e curatori di musei incontrano il pubblico dalle 9 del mattino fino alla sera. In Italia ci sono realtà che funzionano abbastanza: Torino e Milano, ma hanno fiere ormai molto adulte. Noi siamo all’inizio, ed è già un miracolo che ci siamo, dopo la pandemia, due rinvii, le incertezze. E dobbiamo crescere. Ma la città deve credere nel progetto di una fiera come momento di rilancio complessivo. E Roma è una città molto cinica. Ma noi, io, Alessandro Nicosia, Valentina Ciarallo, Federica Nicosia, siamo più ostinati».
Intervista ad Alessandro Nicosia, direttore generale di Roma Arte in Nuvola
Come nasce dal punto di vista imprenditoriale l’idea di Roma Arte in Nuvola?
«Faccio l’imprenditore, ovviamente nel settore dell’arte, da oltre 35 anni con importanti risultati. Era incredibile pensare che da oltre 10 anni Roma non avesse una fiera e che nessuno avesse il coraggio di costruire un progetto degno della Capitale. Ho proposto all’Ente Eur di realizzarla alla Nuvola di Fuksas, spazio che si prestava meravigliosamente. Con grande entusiasmo è stata accolta la mia proposta e la sua formula nuova, una grande Festa dell’Arte. A un mese dall’inizio, per una prima edizione, i risultati sono straordinari, al di sopra delle più rosee aspettative».
Con Eur Spa è stato contrattualizzato un rapporto di cinque anni. Come vede la fiera a quest’altezza temporale?
«Un progetto così impegnativo ha bisogno di costruirsi in un periodo temporale lungo anche per il forte investimento imprenditoriale iniziale. Alla fine della prima edizione capiremo se tutto è andato nel migliore dei modi o se ci saranno degli aggiustamenti da fare. Alcune gallerie, che inizialmente avevano qualche perplessità su Roma, avranno modo di capire la nostra proposta».
Ogni prodotto ha il suo target. Qual è il collezionismo che si immagina di vedere a Roma Arte in Nuvola?
«Stiamo facendo in questo senso un grande lavoro con degli esperti che conoscono bene logiche e nominativi. Nessun problema con quello romano che è più vivo di quanto si possa pensare. Per quello nazionale e internazionale è in atto un lavoro capillare che sta rispondendo alla grande».