Artissima quest’anno sembra fare un passo indietro in un apparente confort zone. L’impressione generale che si percepisce camminando tra gli stand è di un ritorno ad un modo più classico di vedere ed ideare le opere. Ecco che non troviamo la fiera sperimentale con installazioni stravaganti e grandi lavori che catalizzano l’attenzione. La sensazione generale è invece quella di un livellamento dei lavori, che spesso si traduce in un ritorno ad un modo di lavorare più tradizionale. Come ci dice il gallerista Corrado Folinea della Galleria Acappella, «Non credo si possa dire che solo adesso Artissima sia tornata alla pittura, c’è sempre stata, io ad esempio l’ho sempre portata. Magari c’è un ritorno ad una confort zone anche nei media utilizzati che ha reso questa tendenza più evidente».
Se la struttura è più tradizionale, dove sono le novità? Ci sono, le troviamo ad esempio nel numero sempre maggiore di gallerie che propongono progetti monografici e curati per meglio presentare al pubblico il lavoro dei propri artisti, rendendo anche l’esperienza in fiera del tutto diversa per il visitatore. Sul versante curatoriale anche questa edizione ha contato sulla presenza di un team di Curatorial Advisors, chiamato a «delineare e raccontare un’edizione che rimarchi il carattere sperimentale e di ricerca delle più interessanti realtà d’arte contemporanea presenti sulla scena internazionale»; il team è composto da Krist Gruijthuijsen, direttore del KW Institute for Contemporary Art di Berlino, e Jacopo Crivelli Visconti, già curatore della 34esima Biennale di San Paolo.
Tra novità e conferme, cosa ha festeggiato Artissima in questo suo 30esimo compleanno? Lo abbiamo chiesto al suo direttore Luigi Fassi. «Ciò di cui sono orgoglioso è vedere crescere Artissima tenendo fede alla sua doppia identità, quella di una fiera commerciale che rafforza lo sviluppo delle gallerie e costruisce progetti sartoriali con una molteplicità di partner, e quella di un’istituzione che ha imparato a pensare con gli artisti e a sviluppare con loro produzioni, mostre e idee. Oggi Artissima dialoga e coopera con filosofi, drammaturghi, direttori museali, imprenditori e giornalisti e lo fa perché dette al centro di tutto la forza di cambiamento nutrita dall’intelligenza degli artisti e da chi a loro ha dedicato la propria vita professionale.»
Una fiera di ricerca, come la definiscono nello stand di Tornabuoni Art, «Molta energia e una buona risposta dal pubblico, Artissima sta diventando una fiera in cui molte persone vengono a fare ricerca, molti collezionisti usano questa fiera per scoprire nuovi artisti. Noi ci presentiamo con i masterpieces quindi il riscontro che abbiamo è quello che al termine della ricerca in molti ritornano da noi. Ci sono infatti molti artisti giovani e meno conosciuti ma l’impressione è quella che tanti ricercano ancora il lavoro che conoscono già bene».
Di certo il pubblico non manca in questa edizione, l’impressione dalla P420 è «un parere è assolutamente positivo. Una fiera che si riconferma molto ben frequentata con spazi ariosi e non soffocanti per il visitatore». Il pubblico infatti non manca ed è sempre più internazionale, come spiega Franco Noero, «nonostante gli scorsi anni fossero animati da una forte spinta data dagli anni di covid che avevano spinto collezionisti e curiosi a viaggiare molto di più, adesso la situazione si è stabilizzata, ciò però non ha visto un calo nel numero di collezionisti.»
Sono ormai tante le gallerie affezionate, come Francesca Minini «è una fiera che facciamo da 30 anni, quest’anno ho notato con grande piacere un numeroso pubblico straniero, la maggior parte delle nostre vendite sono state fatte all’estero e questo è un segnale molto importante di una fiera internazionale che dimostra di sapersi muovere molto bene.»
Certo è che questa fiera può sicuramente festeggiare il gran numero di relazioni di cura che è stata capace di generare nei suoi 30 anni di esperienza, mettendo in comunicazione galleristi, artisti, collezionisti, professionisti e appassionati.
Il risultato anche quest’anno è quello di offrire al pubblico uno stimolante mix tra arte contemporanea storicizzata e nuove interessanti scoperte. Da Efremidis si crea un interessante dialogo materiale e cromatico tra le opere di Arthur Laidlaw e quelle Ernie Wang. Nel booth di The Sunday Painter invece l’allestimento della personale di Jennifer J. Lee spezza l’asettico biancore del booth con piccole opere pittoriche che rappresentano oggetti famigliari ripresi da foto realistiche che vengono rese conturbanti dalla particolare rappresentazione.
Il clima internazionale sia a livello di visitatori che di gallerie viene accolto in una cornice quella di Torino che «questa settimana è molto interessante, mostre ovunque, c’è un buon clima, a parte dal punto di vista commerciale ma anche dal punto di vista culturale e istituzionale che aiuta molto.», come sottolineano dallo stand di Thomas Dane.
La trentenne Artissima infatti, anche quest’anno, esce dall’Oval del Lingotto e si espande all’interno della città di Torino. È attraverso la collaborazione attiva con istituzioni pubbliche, musei, fondazioni, gallerie, che diventa un catalizzatore per tutti i più importanti progetti culturali del territorio piemontese.
Artissima si conferma essere una delle manifestazioni sempre con uno sguardo al futuro. Ci viene quindi spontaneo chiederci quale sia la direzione in cui si sta andando. Luigi Fassi ci spiega che «è quella di massimizzare le sue caratteristiche storiche e di farlo in sinergia con il meglio del proprio territorio, dai musei alle fondazioni, dal mondo dell’imprenditoria a quello editoriale. La passione di Artissima è l’internazionalizzazione, volta al servizio dei galleristi italiani e di quelli stranieri che investono nel nostro Paese perché ne colgono tutta la qualità.»
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