Dal yellow carpet firmato da Stefano Arienti con il supporto dell’azienda aquafil, curiosa rielaborazione di una incisione di Giovanni Battista Piranesi, si apre la 17ma edizione di ArtVerona, la terza curata da Stefano Raimondi, riconfermato per i prossimi due anni.
Segno di fiducia per una fiera che quest’anno conta un 20 per cento di nuove partecipazioni, su un totale di 140 gallerie.
«Vogliamo puntare su un’esperienza specifica, legata all’italianità, senza dover rincorrere i grandi players internazionali, perché questa è l’identità di ArtVerona – spiega Raimondi – ed è questa caratteristica che pubblico e collezionisti ricercano».
Una fotografia anche della frammentazione artistica italiana, che da sempre offre caratteristiche peculiari a seconda delle geografie della penisola, e che a Verona permette di spaziare con lo sguardo da Lunetta (Cuneo) a Palermo a Belluno, raccontando con le opere e gli artisti anche veri e propri territori. Il che, per chi sceglie di percorrere altre strade anche collezionistiche, non è affatto male.
Ovviamente, però, l’asticella della qualità deve continuare ad alzarsi e in filigrana, in effetti, si scorge una fiera che migliora anche sotto un punto di vista “estetico”: un percorso chiaro, arioso, con una serie di belle proposte e piacevoli stand.
Quello che è sembrato un po’ mancare nelle prime ore di apertura – ma i numeri si daranno ufficialmente domenica sera – è stata l’affluenza di addetti ai lavori: che sia stato un inciampo riportare l’opening il giovedì sera anziché lasciarlo, com’è stato negli ultimi anni, il venerdì mattina?
O forse, come riportano molti galleristi, si tratta più di un fenomeno dovuto alla crisi sociale ed economica che si sta abbattendo sull’Italia e che sta letteralmente facendo sparire la cosiddetta classe media che sempre più a fatica può permettersi, nelle intenzioni come nella realtà, di investire in arte?
Un argomento spinoso, di cui forse bisognerebbe dibattere più approfonditamente anche per immaginare quello che potrebbe essere il futuro di queste manifestazioni.
Tra le novità più interessanti della fiera ci sono le opere storiche della sezione Habitat: Marina Apollonio, Ugo La Pietra, Nanda Vigo e Luciano Fabro, con la bellissima installazione del 1986 Nord Sud Est e Ovest giocano a shangai. Un modo per riscoprire e valorizzare gli archivi, spiega il direttore, e che ben dialoga con le proposte del Padiglione 11 dedicato all’arte moderna, quest’anno particolarmente rigoroso negli allestimenti.
«Verona in questi anni è stata anche una fiera di lancio per nuove gallerie che qui si sono consolidate e che oggi tornano qui in nome di una trazione che è sempre importante conservare», continua Raimondi.
A proposito di gallerie affermate e internazionali è interessante scoprire i giovani della sezione Introduction, segnalati da diverse gallerie establisheds e curata da Giacinto di Pietrantonio: una delle aree che di solito funziona meglio a livello di vendite, visto che la fiducia riposta dai collezionisti nei confronti dei “padri segnalatori” si riversa sugli esordienti.
Tra i partecipanti della Main Section va sicuramente menzionata la Galleria Giampaolo Abbondio, con un bello stand monografico dedicato alla ricerca dell’artista Elena Bellantoni e Monitor, che presenta un solo show estremamente curato del pittore Thomas Braida.
Segno che a volte, anziché abbondare, è più utile architettare un piano unitario. Sperando che poi, tornando sempre laddove il dente duole, possa pagare in fatto di affari.
Se invece siete tra quelli che hanno percepito un po’ di omologazione nelle scelte dei galleristi, e dunque un po’ di monotonia nella passeggiata, vi consigliamo di osservare più da vicino i giovani di LABS, gli spazi indipendenti. Tra i più originali c’è Casa Capra, spazio di Schio (Vicenza) fondato da Saverio Bonato che da cinque anni, all’interno di un appartamento, porta avanti – a proposito di promozione e sostegno del territorio – una ricerca con una serie di artisti, curatori e scrittori dell’area veneta. E che per l’occasione festeggia con un catalogo che ha tutta l’aria di essere un libro d’artista.
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