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Stanno diventando sempre più intelligenti, anzi, smart, perché dovrebbero rendere la vita delle persone più semplice e, magari, piacevole. Le città cambiano rapidamente, interagendo con gli individui che le attraversano, scambiando informazioni, immagazzinando dati, suggerendo percorsi alternativi. Insomma, sembra che le città abbiano gli occhi e, a questo punto, non possiamo che restituire lo sguardo. Per vederci chiaro, l’occasione buona potrebbe essere l’ottava edizione di UABB – Bi-City Biennale di Urbanismo / Architettura, in apertura il 21 dicembre 2019 a Hong Kong e a Shenzen e dedicata alle Urban Interactions. Eyes of the City è il titolo di una delle due sezioni principali, a cura di Carlo Ratti, in collaborazione con il Politecnico di Torino. Ascending City è l’altra sezione, curata da Meng Jianmin e da Fabio Cavallucci.
Da Jane Jacobs a Eyes of the city
Due rami e due città che, attualmente, rappresentano il futuro, la cosiddetta Neo-Cina, territorio in cui le modalità di convivenza e interazione tra gruppi di persone e strutture toccano la punta di sperimentazione più avanzata. Lo sguardo della città che sale, allora, aperto sull’impatto esercitato dalle nuove tecnologie sulla struttura dello spazio in cui viviamo, tra intelligenza artificiale e riconoscimento facciale.
«In un momento in cui le tecnologie urbane sono al centro delle discussioni in tutto il mondo, da San Francisco che vieta il riconoscimento facciale ai manifestanti di Hong Kong che prendono di mira i lampioni intelligenti, Eyes of the City punta a innescare conversazioni e creare collegamenti ben oltre Shenzhen», ha spiegato Ratti. Ricordando la figura di Jane Jacobs, antropologa e autrice di fondamentali studi sullo sviluppo delle città contemporanee, Eyes on the City metterà in evidenza l’importanza delle persone in un contesto urbano, in grado di “vedere” e di influire direttamente sui comportamenti umani.
La Bi-City Biennale parte da Futian Station
L’esposizione di Bi-City sarà allestita su una superficie di più di 5mila metri quadrati, nell’avveniristica Futian station, la linea ad alta velocità che collega Guangzhou, Shenzhen e Hong Kong, richiamando l’idea allestitiva dei duty free.
«Poiché la tecnologia digitale permea sempre più le nostre città, le stazioni ferroviarie sono uno degli spazi pubblici che probabilmente subiranno il cambiamento più forte. Per molto tempo, le stazioni sono state luoghi in cui si poteva sperimentare l’anonimato urbano nella sua forma più alta. Già oggi stanno diventando esempi di un ambiente costruito in grado di riconoscerci e rispondere in tempo reale. Nelle stazioni e negli aeroporti, possiamo già osservare come potrebbe apparire uno scenario da “Eyes of the city” e iniziare una riflessione critica al riguardo», ha spiegato Ratti.
60 gli espositori invitati a presentare le loro opere, tutte realizzate sul posto. D’altra parte, Shenzhen è la “fabbrica del mondo”. Tutti i progetti saranno liberamente consultabili online, per un inno all’open source. Otto le macro aree: World’s Urban Lab, Mobility Landscapes, Silicon Pupils, Digital Society, Design Intelligence, Artificial Ecologies, Resisting technologies, Curating the City.
La città che continua a salire, tra utopia e distopia
La seconda sezione di Bi-City, Ascending City, parte dalla necessità di mescolare i generi e di riflettere sull’architettura anche attraverso gli occhi di altre discipline che contribuiscono a modellare l’architettura stessa e, al contempo, ne sono plasmati. “Ascending City” è strutturata come un percorso scandito da contributi eterogenei e coerenti. Per un viaggio che si sviluppa dalla prospettiva del cittadino e si estende a quella degli architetti e degli urbanisti, tra aree immateriali, filosofiche, fantasiose, speculative e persino spirituali.
La mostra è divisa in tre sezioni: Empowering Citizens in Progressive Cities, Urban Alchemists e Daily Sci-Fi. La prima mette il punto di vista dell’utente, cioè del cittadino, al centro dei grandi cambiamenti tecnologici dei nostri tempi. La seconda sezione parte dai creatori, coloro i quali hanno il dovere di sviluppare tecnologie nel territorio urbano: architetti, urbanisti, ricercatori, scienziati e politici. La terza è ddedicata a quei pensatori visionari, tra filosofi, scrittori di fantascienza e artisti, il cui contributo consiste nell’immaginare una città ideale, il regno dell’utopia che, però, potrebbe diventare anche il regno della distopia.