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Ancora un tassello per la 59ma Biennale d’Arte di Venezia che si terrà nel 2021 e, questa volta, a schierarsi è uno dei Paesi più attesi, la Francia, che ha annunciato l’artista del suo Padiglione: Zineb Sedira. La notizia è stata annunciata dal quotidiano Le Monde ed è stata confermata ufficialmente dal Ministero della Cultura Francese. Sedira è la quarta donna a rappresentare la Francia alla Biennale d’Arte di Venezia, dopo Annette Messager, nel 2005, Sophie Calle, nel 2007 e Laure Prouvost, nel 2019, e sarà la prima artista di origine algerina a essere scelta per la prestigiosa commissione. Alla Biennale di Venezia già l’avevamo vista nel 2001, quando un suo lavoro fu incluso in “Authentic / Ex-centric”, mostra di artisti della diaspora africana. In Italia, tra le altre sedi, ha esposto alla Triennale di Milano e al Museo Archeologico di Napoli.
La controversia BDS
Ma sono immediatamente sorte diverse polemiche, per una presunta vicinanza tra Sedira e BDS – Boycott, Divestment and Sanctions, il movimento palestinese ma con diramazioni internazionali, che promuove varie forme di boicottaggio contro Israele. A far scoppiare il caso, Jacqueline Frydman, direttrice dell’ISART, un gruppo che favorisce gli scambi artistici tra Francia e Israele, che in una lettera ha criticato aspramente la decisione del Ministero della cultura. A finire sotto accusa, in particolare, la scelta di Sedira di ritirare il suo lavoro dalla Biennale del Mediterraneo nella città israeliana di Sakhnin, nel 2017, sostenendo che non le era stato comunicato che le sue opere sarebbero state esposte in Israele, dove molti artisti arabi avevano già deciso di non esporre le loro opere. Peraltro non fu la sola a ritirare l’opera, visto che venne seguita anche da altri artisti, come Yto Barrada, Bouchra Khalili, Walid Raad e Akram Zaatari. Il curatore della mostra, l’artista israeliano Belu-Simion Fainaru, dichiarò che la scelta era stata influenzata dall’intervento di BDS.
«Questa decisione controversa e di divisione non rientra nella logica di qualità e universalità che ci si aspetta dal Padiglione francese alla Biennale di Venezia», ha scritto Frydman nella sua lettera, che è stata pubblicata su Twitter dal filosofo francese filo-israeliano Bernard Henri -Lévy. Forse a Frydman ed Henri-Lévy servirebbe un rapidissimo ripasso di storia. Senza andare troppo indietro con gli anni – e senza impantanarci in complicatissime questioni geopolitiche – ricordiamo solo che la barriera di separazione israeliana è stata costruita nel 2002 proprio da Israele che oltretutto, nel corso degli anni, ne ha più volte ridisegnato il tracciato, in maniera più o meno arbitraria.
Chiaramente l’aggressiva destra francese ha trovato pane da mettere nel suo brodino. Il giornale Causeur, conosciuto per le sue posizioni reazionarie e sovraniste, ha pubblicato un editoriale in cui la scelta di Sedira per la Biennale di Venezia viene bollata come «disastrosa e altamente politica», aggiungendo che «in un periodo di antisemitismo, la scelta di Zineb Sedira è un errore morale». Ripassino di storia anche per loro ma preferiamo non infierire.
In ogni caso, Sedira ha risposto attraverso una dichiarazione rilasciata all’agenzia France Presse, in cui ha negato qualsiasi relazione con BDS. «Non ho mai aderito a questa organizzazione, non ho mai avuto conoscenza diretta di questo movimento. Condanno fermamente anche qualsiasi boicottaggio e non posso essere associata a BDS. Mi oppongo al BDS e a ogni boicottaggio, che avrebbe l’effetto controproducente di colpire donne e uomini che vogliono vivere in pace».
Dall’Algeria a Venezia, tra impegno politico e poesia: Zineb Sedira
Nata nel 1963 a Parigi, da genitori algerini, Sedira vive tra Londra – dove si è formata, studiando, in particolare, al Royal College of Art –, Parigi e Algeri. Recentemente è stata protagonista di una personale al Jeu De Paume di Parigi ed è apprezzata per il suo lavoro sereno, limpido e profondo, incentrato su identità, memoria, geografia, colonialismo e tradizione orale. Combinando il vissuto personale e l’impegno politico, il suo lavoro si basa anche sulla sua esperienza di vita, come figlia di immigrati algerini, cresciuta a Parigi e poi a Brixton, nel sud di Londra.
Nel video Mother, Father and I (2005) esplora il motivo per cui i suoi genitori decisero di lasciare l’Algeria poco dopo l’indipendenza, ottenuta nel 1962, per trasferirsi proprio in Francia, dove si trovarono a confrontarsi ancora con l’egemonia del Paese coloniale. Nei suoi primi lavori, si è concentrata anche sulla tradizione femminile araba, intesa come forma di passaggio di conoscenze e ruoli tra madre e figlia. In un altro video, Mother Tongue (2002), tre generazioni della famiglia Sedira, sua figlia, sua madre e se stessa, cercano di parlarsi in inglese, arabo e francese ma dato che la figlia di Zineb e sua nonna non riescono a comunicare, è la madre a fare da interprete.
«Sono cresciuta con i racconti di mia madre e mia nonna, che hanno sempre raccontato storie. Loro e anche mio padre non sono mai andati a scuola. Non scrivono e non leggono né in arabo, né in francese. Sia i miei genitori che mia nonna, infatti, sono cresciuti in Algeria quando il Paese era francese, perciò non era facile avere accesso alla scuola, specie per chi – come loro – vivevano in un’area rurale», ci raccontava in una nostra intervista, qualche anno fa.
Nel 2015 è stata nominata per il Prix Marcel Duchamp, il più prestigioso premio di arte contemporanea della Francia. Entro la fine dell’anno, le opere di Sedira saranno esposte al Calouste Gulbenkian Museum di Lisbona e al Dallas Contemporary. Il suo lavoro è stato ampiamente documentato da istituzioni tra cui il Centre Pompidou, la Tate Modern, il Mumok di Vienna e lo Sharjah Art Museum. Sedira è rappresentata dalle gallerie Kamel Mennour di Parigi e Londra e da The Third Line di Dubai.