FIAC hors les murs. Le opere in città

di - 19 Ottobre 2019

Nell’edizione 2019 si rafforza il sodalizio tra la FIAC e il Domaine dei Tuileries, appartenente al Louvre. La Direttrice Jennifer Flay ha confermato che quest’anno le sculture collocate nel Parco rimarranno in loco ben oltre la settimana della Fiera, da 15 giorni a più di un mese secondo gli accordi tra i diversi attori dei progetti: istituzioni, gallerie, artisti. Compongono il comitato di selezione delle opere “Hors les MursDominique de Font-Réaulx (Louvre) Bernard Blistène (Centre Pompidou), Jean de Loisy (Ecole nationale supérieure des Beaux-Arts), Cécile Debray (Orangerie) Guy Tosatto, (Museo di Grenoble) e Quentin Bajac (Jeu de Paume).

Entrando da Place de la Concorde, in asse con l’obelisco regalato nell’ottocento alla Francia illuminista, ci accoglie l’installazione di Moataz Nasr, presentata dalla Galleria Continua. Il titolo dell’opera Sun boat evoca un’antica imbarcazione di legno del periodo dello splendore dell’Egitto, che si può ammirare nell’omonimo museo del Cairo, vicino alla Grande piramide di Gizeh dopo il ritrovamento (1954) e la ricostituzione di 1200 pezzi. Nell’antichità gli egiziani avevano l’usanza di sotterrare una barca solare, vicino alla tomba del faraone. Credevano che contribuisse a facilitare il trasporto nell’aldilà del loro sovrano defunto. Nelle Tuileries l’artista egiziano (che ha guidato tutto l’allestimento) ha installato 350 pale utilizzate per la cottura del pane, recuperate presso i panifici o fabbricate appositamente da un artigiano. La disposizione a cerchio evoca la forma e il movimento perpetuo che da sempre anima la terra e gli umani, alla ricerca perenne di un mondo migliore. La loro forma è strettamente associata a quella dei remi delle canoe, semplici imbarcazioni di fortuna come quelle dei migranti. Sistemate in posizione verticale e obliqua, sono legate due a due da corde che uniscono solidamente tutto l’insieme.

Moataz Nasr, Sun Boat, 2018-2019, Galleria Continua

Vicino, Nymphéas Post déluge II, Noël Dolla ha affogato 500 ombrelli nel grande bacino circolare. In superficie si intravedono in trasparenza leggere macchie rosse o bianche e le punte di legno che spuntano dal verde-grigio dell’acqua. La percezione congiunta delle opere di Nasr e dell’artista di Nizza crea un forte impatto, anche emotivo, grazie al difficile lavoro simbolico ed estetico, fondato su temi ricorrenti e di attualità.

Più in là Younès Rahmoun disegna col metallo e il rame l’anima di una casa dall’armatura sottile alla quale associa l’iconografia della barca posta al centro della struttura.

In fuga, La coscienza, Dormo, La gioia e Selection from Survival: It is in your self-interest… sono i titoli delle cinque panchine in marmo collocate da Jenny Holzer. Accennano all’andamento curvo del grande bacino. Esprimono certo l’accoglienza ma le citazioni letterarie incise su ognuna richiamano l’iconografia della pietra tombale: «Lavoro tutto il giorno come un monaco» è tratta da Poesia in forma di rosa di Pasolini.

L’opera di Matthew Monahan Pushing Up the Daisies, che significa “sotto terra a contare radici”, evoca esplicitamente la morte nel titolo e nella disposizione dell’uomo adagiato a terra, circondato da due sculture su un piedistallo.

Le pale di metallo utilizzate dall’illustratore alsaziano Tomi Ungerer (1931-2019) alludono al suo lavoro da contadino. Allineate verticalmente come un’armata, la loro forma evoca l’infanzia dell’artista durante la seconda guerra mondiale.

John Armeleder, senza titolo, tre sedie 1985-2019, galleria Catherine Issert

John Armleder ha collocato in mezzo al fogliame degli alberi che circondano l’incrocio del vialone, tre sedie. L’idea è poetica, ma i sedili posti in bilico fra i rami, segnalano che è un rifugio non tanto rassicurante. Anche le sbarre metalliche di Mark di Suvero non sono disposte in modo lineare malgrado il loro peso.

La frase Qui sème le vent di Pierre Ardouvin attraversa, in alto, un viale laterale. Sulla scritta sono appese delle girandole in acciaio dalle dimensioni dei ben noti giocatoli, che si muovono col vento, come il fogliame degli alberi. Su Place Vendôme il vento ha impedito che la scultura gonfiabile dell’artista giapponese novantenne Yakoi Kusama rimanesse in piedi i giorni successivi alla sua inaugurazione. Adesso è a terra ricoperta da un tendone blu di plastica.

Diverse altre opere rispondono alla tradizione del giardino pubblico: Katinka Bock presenta una colonna sormontata da un bronzo in forma di pesce-gatto dal quale scorre un filo d’acqua. Alex Katz, nato a Brooklyn nel 1927, con le sue tre bagnanti immerse in un bacino (2016) attinge al vocabolario balneare che abbiamo di recente visto riemergere nella performance del padiglione lituano, vincitore della Biennale di Venezia. Il mondo animale anima ironicamente il lessico ludico di un altro artista Pop, Richard Jackson. Posta in mezzo ad un prato evoca l’immagine di una fontana formata dal corpo di un orso sormontato da una bottiglia e un imbuto, dai quali “possono scorgere emozioni ed idee”. Anche Stefan Rinck attinge al mondo animale, con la scultura in pietra di un coccodrillo.

Noël Dolla, Nymphéas Post Déluge II, 2019, gall. Ceysson & Bénétière

Quest’anno, Vladimir Skoda ha trasformato una sua sfera in una fontana posta in mezzo ad un bacino, al lato del Louvre. Garden di Lois Weinberger, è composto da porte metalliche che comprendono in una struttura chiusa un ammasso di terra incolta.

La mano bianca e decorata da simboli emblematici di Shana Moulton si innalza in mezzo all’erba e ai fiori. Syvie Fleury ha piantato un fungo gigante in fibra di vetro ricoperta di pittura metallizzata e dorata.

All’uscita laterale del parco Romual Hazoumé ha installato una macchina fintamente incastrata nel muro, carica di bidoni che alludono all’economia parallela e fiorente dovuta al trasporto della benzina avariata che dalla Nigeria approda al suo paese natale, il Benin. I diversi segni tracciati su ogni contenitore evocano le credenze woodoo del proprietario del carico, annota l’artista.

In contrasto con le forme essenziali della maggior parte delle installazioni citate, tre proposte appartengono piuttosto al mondo del Neo Kitsch, tutte in bronzo: le Grotte di Jean Marie Appriou, l’uomo orrido di Jonathan Meese, la porta a forma di farfalla e di fiocco di Ida Ekblad.

Alcune opere raccontano i nuovi capitoli di una storia tragica attraverso linguaggi diversificati. Con forza e sottigliezza, molti manufatti rimandano alle inquietudini dei nostri tempi, ma in modo metaforicamente impegnato, frutto di una capacità di associare storia, poesia, umanità e talvolta humour graffiante. Avventurandosi nel mondo dell’immaginario artistico, appaiono più autentici ed incisivi degli enunciati ideologici tonitruanti che invadono molti discorsi. L’arte impegna e si impegna.

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